“L’Angelo di Fuoco” al Teatro dell’Opera di Roma

Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2018/2019
“L’ANGELO DI FUOCO”
Opera in cinque atti e sette quadri, libretto dell’autore da un romanzo di Valerij Brjusov

Musica di Sergej Prokof’ev
Ruprecht  LEIGH MELROSE

Renata  EWA VESIN
Padrona della locanda  ANNA VICTOROVA
Indovina MAIRAM SOKOLOVA
Agrippa di Nettesheim SERGEY RADCHENKO
Johann Faust ANDRII GANCHUK*
Mefistofele MAXIM PASTER
Madre Superiora MAIRAM SOKOLOVA
Inquisitore GORAN JURIC
Jacob Glock DOMINGO PELLICOLA*
Mathias Wissman PETR SOKOLOV
Medico MURAT CAN GUVEM
Servo ANDRII GANCHUK*
Padrone della Taverna TIMOFEI BARANOV*
I giovane monaca ARIANNA MORELLI
II giovane monaca EMANUELA LUCHETTI
I monaca RITA CAMMARANO
II monaca VIRGINIA VOLPE
III monaca GIULIANA LANZILLOTTI
IV monaca LORELLA PIERALLI
V monaca MARIA CONCETTA COLOMBO
VI monaca DONATELLA MASSONI
L’angelo di Fuoco ALIS BIANCA
Conte Heinrich IVANO PICCIALLO
*dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro del’Opera di Roma
Direttore Alejo Pérez
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Emma Dante
Scene Carmine Maringola
Costumi Vanessa Sannino
Luci Cristian Zucaro
Movimenti coreografici Manuela Lo Sicco
Maestro d’armi Sandro Maria Campagna
Nuovo allestimento

Roma, 30 maggio 2019

Opera carica di simbolismo e di misticismo composta dall’autore su libretto proprio tratto dall’omonimo romanzo simbolista di Valerij Brjusov  fra il 1922 ed il 1925 ma rappresentata postuma solo nel 1955 a due anni di distanza dalla morte dell’autore sia per la sua oggettiva complessità sia soprattutto per le note drammatiche vicende relative al conflitto con la dittatura comunista per la quale la sua musica “peccava di intellettualismo e di perversioni formalistiche, era complicata ed astratta, avulsa dalla realtà e contenente gravi errori formalistici e naturalistici”, l’Angelo di fuoco di Prokofiev viene riproposto nella stagione in corso al teatro dell’Opera di Roma, dopo essere stata eseguita una sola volta in questo teatro nel 1966. L’attuale allestimento viene affidato alla direzione del maestro Alejo Pérez ed alla regia di Emma Dante. La vicenda carica di richiami, ambivalenze, citazioni, personaggi si svolge nella Germania della prima metà del ‘500 sul cui sfondo si  intravedono il dramma delle guerre di religione, il rapporto fra scienza e magia, l’esoterismo e l’antagonismo fra bene e male, virtù e peccato, angeli e demoni. La regista immagina di ambientare la storia in una sorta di spazio della mente nel quale gli esterni sono in realtà degli interni che ricordano le catacombe dei Cappuccini di Palermo i cui loculi contengono i vari personaggi o altri morti spesso difficilmente distinguibili dai vivi e gli interni previsti sono costituiti da pareti di libri. Tutta la vicenda viene costruita intorno alla protagonista femminile, ai suoi turbamenti alle sue visioni, al suo oscillare tra desiderio e castità, ragione ed alienazione e  al suo rapporto con l’angelo del titolo, una sorta di sua ambivalente proiezione nella quale appare difficile distinguere il male dal bene e che è stato assai efficacemente impersonato dal mimo Alis Bianca. Le immagini proposte appaiono forti e di grande impatto comunicativo e così pure i movimenti delle masse e dei vari interpreti. Il ritmo della narrazione è serrato, senza pause o cadute di tensione, avvincente e nonostante la oggettiva fatica a seguire un testo in lingua straniera grazie ai sopratitoli, a tentare di dipanare il groviglio di simboli e citazioni della trama e a decodificare una scrittura musicale di sicuro immediato impatto emotivo ma di non sempre facile approccio ad un primo ascolto, lo spettacolo scorre molto bene fino al finale, evitando saggiamente le secche dei facili luoghi comuni dell’inquisizione e dei roghi e lasciando al pubblico aperta la strada per più ampie, personali e profonde riflessioni. Molto belli sono apparsi le scene di Carmine Maringola ed i costumi di Vanessa Sannino e di notevole efficacia espressiva leluci di Cristian Zucaro.
Il maestro Pérez dirige la complessa partitura orchestrale con varietà di colori  e cura dei particolari, riuscendo abilmente ad alternare i brevi inserti cantabili alla scrittura musicale fondamentalmente percussiva. Ottima sul piano sia vocale che scenico la prova del coro di retto dal maestro Roberto Gabbiani. Straordinaria per tenuta vocale, immedesimazione nel personaggio e disinvoltura scenica la Renata di Ewa Vesin che ha saputo ben reggere un ruolo singolarmente oneroso anche sul piano emotivo ed  espressivo oltre che fisico. Ugualmente bravissimo l’altro protagonista Leigh Melrose nei panni di Ruprecht anche egli perfettamente in grado di dominare la impegnativa scrittura vocale, calandosi con naturalezza  nei vari momenti espressivi e scenici richiesti dalla parte o voluti dalla impegnativa regia, compreso un duello in scena. Tutti su un altissimo livello professionale ed espressivo gli interpreti dei numerosissimi altri ruoli, con particolare riguardo ai giovani del progetto “Fabbrica”. Di assoluto interesse i saggi presentati nel ricco programma di sala e avuti per gentile concessione dal Teatro Regio di Torino anche se, data l’importanza e la rarità dell’esecuzione, forse sarebbe stato  opportuno qualche contributo originale in più. Alla fine lunghi e meritati applausi per uno spettacolo nuovo, oggettivamente stimolante e di singolare interesse. Foto Yasuko Kageyama