ROF: Il viaggio a Reims è sempre un successo, ma mercoledì sera non è piaciuto a tutti

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13 agosto 2020

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PESARO – Per la prima volta, dal 1984, da quando seguiamo Il viaggio a Reims, da quella serata indimenticabile dell’agosto 1984 a tutte le edizioni successive, in particolare da quando fa parte del mondo dell’Accademia Rossiniana (2001), non possiamo raccontare un grande successo. Non l’abbiamo percepoto noil non ce l’ha fatto percepire la reazione degli spettatori.
Arrivando in Piazza del Popolo, è stato piacevole prendere atto di una buona presenza di pubblico,  soprattutto pensando ancora ai troppi vuoti per il concerto di Olga Peretyatko.
La presenza, però, non è stata direttamente proporzionale al tradizionale entusiasmo che ha accompagnato, negli anni, si fosse al Palafestival (2001-2005), all’Adriatic Arena (2006) o nel Teatro Rossini (2007-2019), le due rappresentazioni con cast scelti fra gli allievi dell’Accademia, che spesso si scambiavano il ruolo. Nel 2006, mentre andava in scena Il viaggio a Reims, sull’Adriatic Arena si scatenò un temporale. Eppure i tuoni furono coperti dalla bellezza della musica, delle voci (fra gli interpreti Olga Peretyatko) e dagli applausi.
Non sono mancati neppure ieri sera. Alla fine abbiamo registrato 4 minuti e 37 secondi di applausi, che  però sono anche figli del lungo elenco di personaggi in scena. Applausi che hanno raggiunto la massima intensità per Maria Laura Iacobellis, che si è confermata, come nel 2018, magnifica Corinna. Non sono mancati i battimani per tutti gli altri, a incominciare da Chiara Tirotta, raffinata Marchesa Melibea.
Però, per la prima volta, nella nostra memoria di innamorati del Viaggio, abbiamo ascoltato anche i buu. In verità, un paio non di più, indirizzati al direttore Giancarlo Rizzi quando è salito sul palcoscenico per i saluti finali. Venivano dal settore A, dalla parte centrale, da dove invece, durante la rappresentazione, erano partiti tanti “bravaaaa” e “bravoooo” alle voci.
Buu? Boh!
Non che la musica diretta da Rizzi ci abbia convinto.  Abbiamo avuto la sensazione che mancasse il giusto rapporto con l’Orchestra Sinfonica G. Rossini, ottima nella Cambiale di matrimonio. Fin dall’inizio non ci sentivamo coinvolti, meno che meno entusiasti delle note che amiamo.
Abbiamo pensato, mentre Valeria Girardello (Maddalena) invitava al “ Presto, presto… su, coraggio! … Oggi è il giorno del gran viaggio”, che era colpa nostra, avendo trascorso la mattinata ad ascoltare Il viaggio a Reims da un cd inciso da Claudio Abbado con i Berliner Philharmoniker e tante bellissime voci e magari facevamo il pessimo errore di confrontare,  sia pure inconsciamente, la registrazione con la musica dal vivo.
Però, quando Claudia Urru (Madama Cortese) ha terminato di cantare Di vaghi raggi adorno e gli applausi sono stati timidi, abbiamo scritto nei nostri appunti: stai a vedere che non è serata.
Claudia Muschio, vezzosa Contessa di Folleville (del resto glielo canta anche Madama Cortese ( Ella, è genti, vezzosa e cara), ci ha smentito, subito dopo, cantando da assoluta padrona del ruolo, ma senza invasioni di campo. Ed è stata molto applaudita e ringraziata con numerosi “brava brava!”.
Però… nell’aria non si respirava, o forse non la respiravo io, l’atmosfera di tante altre volte. Un amico  ha confidato: “Manca il pubblico straniero!”. Credo abbia ragione.
Però non mancano i cantanti stranieri. Michael Borth, che è tedesco, se non s’offende un tedescone  simpatico che sembra nato apposta per recitare il ruolo del Barone di Trombonok,  l’ufficiale alemanno fanatico della musica, ha provato a fare salire la temperatura, aiutato dal sestetto “ Sì, di matti una gran gabbia ben si può chiamare il mondo”.
Lo hanno sostenuto Jan Antem (Don Alvaro) con “ Questa vaga e amabil dama”, Chiara Tirotta (Marchesa Melibea) “ Con sì dotta e nobil gente” e Pietro Adaíni (Conte di Libenskof) “ Per lei fido avvampa il core”: aprendo la prima delle tante scene di gelosia che registra il Viaggio, hanno fatto salire di tono la serata. Eppure la musica non arrivava al nostro cuore.
Se in precedenza avevamo capito che siamo al tempo del Coronavirus quando Alejandro Sánchez (Don Prudenzio) aveva disinfettato il citofono che in seguito utilizzerà Don Profondo, il primo vero colpo ad effetto lo ha firmato Elisabetta Courir, che dal 2002 cura la ripresa della regia ideata da Emilio Sagi. Negli anni, Corinna era stata mandata in un palco del Teatro Rossini a cantare “ Arpa gentil”. In Piazza del Popolo non ci sono palchi, ovvio. Così abbiamo ipotizzato che la regista l’avrebbe posizionata vicino alla fontana della piazza. Smentiti. La Courir ha scelto un angolo delle logge del Palazzo Ducale, quello che dà tra la piazza e il Corso. Lì, Maria Laura Iacobellis accompagnata dalla dolcezza delle note dell’arpa di Irene Piazzai, ha incantato il pubblico. Ovazioni e tanti “brava, brava”. Dunque, eravamo noi a pensare male.
Applausi anche a Nicolò Donini. Lord Sidney, il colonnello inglese innamorato di Corinna, canta con passione “ Ah, perché la conobbi?”. E ci fa rimpiangere di non avere seguito il suo concerto in streaming dal Museo Nazionale Rossini. Se il web ci assiste, contiamo di recuperare.
Con una Maria Laura Iacobellis così e con la bella voce di Matteo Roma ci si sarebbe aspettati un duetto Corinna-Belfiore da fare venire giù ancor più  numerose le stelle cadenti vogliose di scendere sulla terra per ammirare simil Viaggio. Non è stato così, gli applausi sono sembrati – addirittura – di circostanza, quasi dovuti. Ricordando, negli anni, i boati per i protagonisti di “ Nel suo divin sembiante”, i “ maravilloso”, “formidable”, “wunderbar”, “wonderful”, “chudesno”, “bellissimo”, ci siamo chiesti cosa non avesse funzionato. E non abbiamo trovato alcuna risposta. O forse a non scaldare la platea sono le regole del distanziamento che evitano i contatti fra i due protagonisti? Eppure Matteo Roma è stato un Belfiore atletico, addirittura millennial, mostrando un cospicuo numero di tatuaggi tra braccio e avambraccio sinistro e spalla destra, nonché occhiali a specchio.
La perplessità è aumentata subito dopo, quando è arrivato un dei momenti più attesi del Viaggio: l’aria di Don Profondo “ Medaglie incomparabili”. Diego Savini, che l’anno scorso aveva toccato il cielo con un’esecuzione ancora in memoria, a dispetto del fastidioso uso degli occhiali che non portava nel 2019, ha proposto una ancor più felice caratterizzazione dei personaggi. Alla fine, anche per lui, applausi contenuti.
Che il pubblico italiano sia più esigente di quello straniero?
Sempre nel rispetto del distanza, si è arrivati alla fine della prima parte con un altro momento di rara bellezza: “ Ah! A tal colpo inaspettato”, il Gran Pezzo Concertato a 14 voci. Alla notizia che “ A giorni il Re ritorna, gran feste si faranno”, il clima è migliorato, ma senza l’abituale entusiasmo, senza il coinvolgimento delle precedenti edizioni.
Durante il breve intervallo, per fortuna, a ricordare i tempi andati ci ha pensato l’incontro con Stella, già collaboratrice dell’ufficio stampa del ROF, prezioso aiuto per tante interviste ai giovani cantanti, come agli artisti più conosciuti. Ancora grazie.
In tema d’interviste, avendo proposto a poche ore dal debutto 2020 quella con Chiara Tirotta, attendevamo con curiosità l’avvio della seconda parte, il duetto Melibea-Libenskof, “ D’alma celeste, oh Dio!”. Pietro Adaíni, tenore catanese, già molto bravo nella prima parte, ha evidenziato una voce  possente che ben si è coniugata con quella, molto bella, di Chiara Tirotta. Vero è che, come anticipava il mezzosoprano calabrese, le regole sul distanziamento tolgono un po’ di sentimento al rapporto d’amore e gelosia, ma i due sono stati bravi a non mostrarlo, muovendosi con dolcezza sul palcoscenico.
È mancata anche la scena del ballo. O, più corretto, del ballo di coppia, perché i protagonisti hanno comunque danzato, seguendo la musica, muovendosi da soli.
Dopo il momento di felicità sulle note di “ L’allegria è un sommo bene”, Michael Borth, Trombonok, perfetto anfitrione, ha dato il via al momento degli Inni, che ha confermato le qualità vocali del cantante tedesco, ottimo nel cantare il bellissimo Das Lied der Deutschen., ovviamente con le parole del Viaggio: “ Or che regna fra le  genti la più placida armonia…”.
Chiara Tirotta Melibea ha cantato “ Ai prodi guerrieri seguaci di gloria”.
Libenskof un inno russo, “ Onore, gloria ed alto omaggio”.
Jan Antem Don Alvaro una canzone spagnola.
Nicolò Donini Lord Sidney, il bellissimo “ Dell’aurea pianta il germe amato protegga il ciel”, sulla musica di God Save the King.
Claudia Muschio Contessa di Folleville e Matteo Roma Cavalier Belfiore una canzone francese.
Claudia Urru Madama Cortese e Diego Savini Don Profondo una canzone tirolese.
Infine, a chiudere il Festival degli Inni, Corinna, che è scesa quasi nella buca dell’orchestra, a un passo dall’arpa, per cantare “ All’ombra amena del Giglio d’or”, interrotta inopportunamente da affrettati applausi.
I 4 minuti e 37 secondi di applausi che pongono fine alla serata condita da quei due buu e da alcuni interrogativi invitano a pensare positivo, sperando di trovare risposte già dalla seconda e ultima rappresentazione in programma sabato 15 agosto.
In attesa non vogliamo dimenticare il contributo degli altri protagonisti che hanno meno spazio, ruoli meno importanti, ma risultano fondamentali per la riuscita dell’allestimento:
Antonio Garés: come due anni fa, il tenore andaluso è Don Luigino, cugino di Folleville. Non ha un parte tutta sua, ma è bravo nell’avvio a sostenere i lamenti della Contessa.
Carmen Buendía è Delia, giovane orfana protetta da Corinna. Il soprano spagnolo torna a Pesaro per interpretare quel ruolo che fu suo anche nel 2015. Delia, come altri, è un ruolo cosiddetto minore, che però Carmen assolve come fosse quello di Corinna.  E partecipa a uno dei momenti più belli di tutta la cantata: Il Gran Pezzo Concertato.
Valeria Girardello: al mezzosoprano veneto, che  fu sia Maddalena sia Melibea nel 2017, il compito di aprire Il viaggio a Reims. È il Presto, presto… su, coraggio! di Maddalena che invita colleghi e pubblico a mettersi in viaggio, per vivere insieme poco meno di tre ore di musica che non ci si stancherebbe d’ascoltare.
Francesca Longari: il soprano toscano si ripete a distanza di dodici mesi, pronta a subire i rimproveri della Contessa di Folleville. È Modestina, sì, ma non nel canto. Brava, come tutti del resto, anche in Ah! A tal colpo inaspettato.
Oscar Oré è sia Zefirino, il corriere, sia Gelsomino, cameriere. Tre anni fa, il tenore peruviano tre anni fa diede voce al cavalier Belfiore e a Don Luigino. Quest’anno, il maestro Palacio lo ha scelto nel doppio ruolo che ha eseguito con convinta passione, partecipando anche al Gran Pezzo Concertato.
Elcin Huseynov: il basso azero è Antonio, maestro di casa, mentre nel 2017 fu sia Lord Sidney sia Don Prudenzio. Quindi quest’anno ha un  ruolo certamente minore, che però interpreta con gioia quando canta con Don Prudenzio “ Di cartapecora, di belle femmine”. Gli auguriamo, anzi auguriamo a tutti i protagonisti  che, porti bene la fine del pezzo: “ Non dubitate, si parlerà”… di loro, e bene, a incominciare da sabato sera e per una lunga carriera anche nel nome di Gioachino Rossini.

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