Alfredo il Grande
Dramma per musica di Andrea Leone Tottola
Musica di Gaetano Donizetti

Prima esecuzione: 2 luglio 1823, Real Teatro di San Carlo, Napoli
Edizione critica a cura di Edoardo Cavalli ©Fondazione Teatro Donizetti

Personaggi e interpreti

Molto importante riportare alla luce le opere composte esattamente 200 anni fa da Donizetti col progetto #Donizetti200! Questa macchina perfetta incessantemente all’opera suda lacrime dorate, niente chiede al pubblico a cui invece sono offerti capolavori effettivamente inauditi, spettacoli unici – nel vero senso della parola.
Non sbaglia Donizetti quando, nel centone Il piccolo compositore di musica, afferma: “In contrappunto, in Armonia / son proprio una Fenice”.
Questo incredibile progetto di riscoperta delle opere del Genio Bergamasco non solo concede di riaccendere il nome di Donizetti, esattamente come il mitico uccello purpureo, ma è riuscito, riesce e riuscirà a confezionare prodotti di altissima qualità – filologicamente, musicalmente, vocalmente e registicamente.
Questa Donizetti Renaissance prese vita nel 2017 con il Pigmalione (scena lirica in un atto composta nel 1816; per l’occasione fu rappresentata insieme alla brillante farsa Che originali!, composta da Giovanni Simone Mayr nel 1798 per il S. Benedetto di Venezia), il primissimo lavoro del Maestro; prosegue con Enrico di Borgogna (melodramma per musica di Bartolomeo Merelli composto nel 1818 per il S. Luca di Venezia), con Pietro il Grande, Kzar delle Russie (melodramma burlesco di Gherardo Bevilacqua Aldobrandini composto nel 1819 per il S. Samuele di Venezia), con Le nozze in villa (dramma buffo di Bartolomeo Merelli eseguito nel 1819 a Mantova e nel 1820 in una seconda versione per il Teatro Dolfin di Treviso). Il biennio 2022-2023 è invece riservato alla riesumazione di due veri e propri gioielli, due splendide opere in cui si ha la sensazione che Donizetti sia ancora vivo, a un lato del palco, intento a studiare il proprio linguaggio artistico.


L’anno scorso abbiamo assistito, applaudito e osannato Chiara e Serafina, ossia Il pirata, melodramma semiserio di Felice Romani (prima esecuzione: 26 ottobre 1822, Imperial Regio Teatro alla Scala, Milano). Qui abbiamo apprezzato il Maestro per avere appreso molto bene la lezione di Rossini sul genere semiserio ed essere stato in grado di creare un suo capolavoro del tutto autonomo: per fare un rapido confronto, vorrei far notare una differenza tra partiture. Se il Pesarese interpreta il semiserio offrendoci una Matilde di Shabran con uno sfondo guerresco e ipertrofico, Donizetti compone uno spettacolo che, esattamente come i nomi delle protagoniste che gli danno il titolo, è chiaro, etereo, leggero, luminoso e sidereo.
L’anno seguente è la volta del dramma storico: Alfredo di Grande si presenta nel 1823 a una Napoli che ha appena assistito a spettacoli quali la suddetta Matilda di Shabran (1821 nella seconda versione tutta autografa) e la Zelmira (1822) e, probabilmente, si deve essere sentito un po’ come riproiettato ai tempi di opere appena “passate” – strutturalmente l’Alfredo, effettivamente, è un prodotto dal sapore simile a quello di un’Adelaide di Borgogna (1818). Donizetti non riusciva a cogliere ancora le ultime modernità di Zelmira ma aveva già assimilato le opere precedenti del pesarese.

Numeri musicali
Atto I
N. 1 – Introduzione
Vieni, Eduardo: audace
[Amalia, Eduardo; Enrichetta, Margherita, Guglielmo, Coro]
N. 2 – Cavatina Non è di morte il fulmine
[Alfredo]
N. 3 – Coro e Quartetto Il lasso fianco… Mie care! Ah, voi rendete… Spero! E fia ver… Qual gioja!
[Enrichetta, Coro; Amalia, Alfredo, Eduardo]
N. 4 – Aria Solingo è il sito, amici
[Atkins, Coro]*
* non è indicata ma è prevista la presenza di Rivers nel coro di Danesi.
N. 5 – Finale primo Deh, mi lascia, o sposa amata
[Tutti]

Atto II
N. 6 – Duetto
Questa man, che un dì sull’ara
[Amalia, Alfredo; Coro]*
* non è indicata ma è prevista la presenza di Enrichetta e Margherita nel coro di pastorelle.
N. 7 – Aria Quando al pianto, ed all’affanno
[Enrichetta]
N. 8 – Coro e Aria All’apparir dell’astro… Sì, vinceremo: al generoso ardore… Che più si tarda? All’armi!
[Alfredo, Coro]
N. 9 – Quintetto Traditor! Di un ferro ancora
[Amalia, Enrichetta, Atkins; Guglielmo, Eduardo]
N. 10 – Coro e Rondò finale Viva Alfredo! Il grande! Il prode!… Al vostro braccio, o cari… Che potrei dirti, o caro
[Amalia, Alfredo, Eduardo, Enrichetta, Margherita, Guglielmo, Coro]



Come indicato nel Programma di Sala, non essendosi ritrovati i manoscritti della Sinfonia e del Coro che precede l’Aria di Alfredo trionfante, l’importante lavoro sull’edizione critica, a cura di Edoardo Cavalli, ha scelto il Preludio e il Coro di una Cantata composta nel 1825 “nella felice ricorrenza del giorno natale dell’Augusto Francesco I, Re del Regno delle Due Sicilie”. La scelta si è rivelata ragionevolissima negli intenti – dettagliatamente spiegati nel programma – e felicissima nell’esito.
Il Donizetti-studente – che all’apertura del Secondi Atto è stato applaudito dietro a un meritatissimo “Bravo, Gaetano!” – si sente in questo Coro, in cui utilizza il solito tema encomiastico della Marche Henri IV, usato anche da Rossini nel Finale de Il viaggio a Reims e da Pëtr Il’ič Čajkovskij ne La bella addormenta nel bosco a conclusione della balletto (“finale apoteosi” raramente eseguito a teatro). Nell’opera è presente anche la marcia dei danesi (suonata dalla banda) che verrà riproposta nel tema sviluppato da Noè “Sì, quell’Arca nell’ira dei venti” ne Il diluvio universale (1830) e ancora in “Chacun le sait”, l’Aria di Marie, La fille du régiment (1840).
Ma di questa opera dall’esito infelice ci è piaciuto – a un primo e umilissimo ascolto – ritrovare altri tre passaggi comuni.
[1] Nell’Introduzione I i Cori maschili e femminili di pastori e pastorelle sembrano dialogare come facevano nell’Introduzione I i pescatori con le ragazze dell’isola (riecheggia “questa placida marina”…)
[2 ]i senari dell’attacco della stretta del terzetto Amalia-Eduardo-Alfredo “O bella speranza / in me-lui rinasci…” ricordano quelli declamati dall’eroica Chiara “Periglio non curo / non temo fatica…” intenta a ritrovare sua sorella.
[3] Infine la stretta del Finale I, quasi identica: qui è molto ben più sviluppata, elegante e maggiormente adeguata alla complessità di un’opera seria.
   Quasi impossibile non parlare bene degli artisti.
Bene sarebbe insultante per il grandissimo ed eccellente lavoro svolto da tutto il cast. Quest’opera, com’è stato giustamente fatto notare il direttore Corrado Rovaris, è priva di un protagonista assoluto, il che potrebbe far apparire l’Alfredo il Grande come un’opera in cui i personaggi non sono sufficientemente indagati nella loro sfera psicologico-emotiva; in verità c’è una buona probabilità che con l’Alfredo Donizetti abbia sperimentato l’applicazione del principio di verità dell’arte, secondo cui un prodotto artistico debba sottomettere il bello al vero – al punto che già il verosimile è oltraggio.
Qui, il Maestro presenta la storia nel modo più vicino possibile a quella che realmente potrebbe essere stata, tratteggiandone marcatamente i tratti principali e senza concedersi percorsi alternativi e sottotrame di invenzione del librettista. L’unica scena “di abbellimento” è limitata alla graziosa aria del mezzosoprano, veramente l’unica non necessaria alla vicenda storica e volta ad alleggerire lo spettacolo con un afflato di sentimento, e ovviamente l’adamantino Rondò finale della primadonna, che invece si incastona come una gemma musicale. Ottima la scelta di far suonare la banda in costume sul palcoscenico e non come succede spesso tra le quinte. Paolo Fabbri ha insistito molto su questo espediente e anche le opere di Rossini dovrebbero essere eseguite con una banda in costume in scena: Ricciardo, Mosè, Donna del lago, Maometto, Zelmira e Semiramide per esempio.


La regia, a cura di Stefano Simone Pintor, è estremamente curata ed elegante: i cantanti si muovono e interagiscono su un palco inclinato che prosegue direttamente con lo schermo del fondale e su cui vengono trasmessi sia video che interpretano l’opera nel quotidiano – nella fattispecie, paragona i Danesi che invasero l’isola di Inghilterra nel IX secolo alla trista vicenda dell’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti d’America avvenuta nel 2021. Qui diventa iconica la figura del vichingo cornuto e col volto dipinto a stelle e strisce di Jacob “Jake Angeli” Chansley, lo Sciamano a cui è stata comparata la figura del Comandante delle Guardie Danesi Atkins.
Molto più frequentemente le videoproiezioni, firmate Virginio Levrio, eternano l’opera tramite immagini di raffinate pagine tratte dalle Cronache Anglosassoni fino alla sezione conclusiva dell’opera: dal Quintetto al Rondò Finale lo spettatore è elevato in un preziosissimo cielo notturno in cui è messa in evidenza la Costellazione del Dragone, simbolo del Wessex di Alfredo. Varie proiezioni riguardano la distruzione di biblioteche e luoghi di cultura. Alfredo, Sant’Alfredo fu un attento lettore e scrittore in secoli bui.

Scansati Thuban, Basilisco dall’insufficiente luminosità: la corona di α Draconis passa legittimamente a Gilda Fiume, già applauditissima nelle vesti verdiane di Violetta e Gilda e, nel repertorio donizettiano, come eccellente Lucia. In questa opera detta senza protagonisti, la primadonna apre e chiude non solo lo spettacolo ma anche i singoli atti: alla prima motrice dell’azione (“Vieni, Eduardo: audace”) è richiesta una coloratura di potenza, che Gilda Fiume sfoggia con nobile sicurezza in tutti i pezzi d’insieme. Ricordiamo anche la sua Eleonora in Torquato Tasso.
Non secondaria la parte del tenore, a cui vengono affidate un’importante Cavatina, un’amplissima Aria con Coro e l’apertura del Secondo Atto tramite il Duetto con la moglie. Un ringraziamento speciale, pertanto, al grandissimo Antonino Siragusa, che finalmente si è spogliato del ruolo di perfido – a lui, tuttavia, tanto congeniale: come non ricordare i suoi Norfolc (Elisabetta, regina d’Inghilterra), Ladislao (Sigismondo) e soprattutto il recente Iago nell’Otello, sempre rossiniano, proposto a Pesaro nel 2022?
Rivestitosi della nobiltà che gli compete, compie un incredibile lavoro nell’adattare la propria vocalità agilissima e squillante al ruolo baritenorile del re anglosassone. La prima aria è dotata di una lunga ed elaborata aria perfettamente eseguita. Nel duetto d’amore nell’atto II ecco una tromba sul palco ad introdurre la stretta. La seconda aria è cantata con le luce accese del teatro come fosse una aria da concerto con effetto metateatrale, Siragusa ha dato il via a #Donizetti200 con una suo mirabile Pigmalione.
Adolfo Corrado
, al contrario, converte tutta la bontà e tutta la gentilezza che lo contraddistinguono nella sua persona in violenza e in odio rabbiesco. Atkins, Capitano delle Guardie Danesi, irrompe come un animale irrazionale sin dalla Cavatina e non si smentisce, nemmeno da sconfitto, latrando furibondo nel Quintetto finale.


Ci teniamo a riservare una menzione d’onore al mezzosoprano, la giovane Valeria Girardello, che esegue un’aria languida e comunque non breve e sicuramente non scevra da difficoltà tecniche (“Quando al pianto ed all’affanno”). Anche l’Eduardo di Lodovico Filippo Ravizza non delude: l’interprete riesce a imporre la propria vocalità distinguendosi molto bene nei pezzi d’insieme.
Infine, sebbene poco presenti sulla scena, si ringraziano Antonio Gares (Guglielmo) nelle insolite vesti di prete invece che di contadino, Alexander Marev (Rivers) e soprattutto la giovane Floriana Cicìo (Margherita), allieva della Bottega Donizetti.
   Nella speranza che questo capolavoro venga immortalato su CD o DVD, ringraziamo ancora tutti gli interpreti e tutti coloro che, grazie al loro preziosissimo lavoro, rendono possibile il progetto. #Donizetti200.

Matteo Oscar Poccioni