Noè Nahuel Di Pierro
Jafet Nicolò Donini
Sem Davide Zaccherini
Cam Eduardo Martínez*
Tesbite Sabrina Gárdez*
Asfene Erica Artina
Abra Sophie Burns
Cadmo Enea Scala
Sela Giuliana Gianfaldoni
Ada Maria Elena Pepi*
Artoo Wangmao Wang

Direttore Riccardo Frizza
Progetto, regia, regia in presa diretta e costumi MASBEDO
Drammaturgia visiva Mariano Furlani
Scene 2050+
Movimenti scenici Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco
Light designer Fiammetta Baldiserri

Orchestra Donizetti Opera
Coro dell’Accademia Teatro alla Scala
Maestro del Coro Salvo Sgrò


*Allievi della Bottega Donizetti

Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Donizetti
in collaborazione con la GAMeC di Bergamo per Bergamo Brescia Capitale italiana della Cultura 2023

Il diluvio universale di Gaetano Donizetti nasce dal filone delle opere quaresimali che permettevano di tenere aperti i teatri anche nelle settimane prima di Pasqua. Rossini aveva contribuito col notevole Ciro in Babilonia e il superlativo Mosè in Egitto, mentre negli stessi anni Mayr scriveva per il San Carlo Atalia, ascoltata da Donizetti, suo giovane allievo, presente a Napoli. Otto anni dopo, precisamente il 6 marzo 1830, il bergamasco debuttò al Real Teatro di San Carlo di Napoli, con il Diluvio universale, azione sacra. Noè, il patriarca era il già famoso basso Luigi Lablache. Il soggetto dell’opera era stato scelto da Donizetti stesso e solo in un secondo tempo era stato assoldato Domenico Gilardoni per la stesura del libretto. Donizetti aveva letto molti testi come i passaggi dalla Bibbia, Lord Byron, Thomas Moore e la tragedia di Francesco Ringhieri dal medesimo titolo dell’opera: ma lo sviluppo della trama è frutto delle idee di Donizetti attingendo di qua e di là. La preghiera “Dal tuo stellato soglio” dalla secondo versione del Mosè in Egitto di Rossini, viene replicata variandola con “Dio tremendo, onnipossente, del creato autor sovrano”. Il contrasto affettivo tra protagonisti, Cadmo e Sela è inserito nella vicenda religiosa. Il diluvio universale ottenne un buon successo nello stesso anno in cui Donizetti si affermerà definitivamente con l’Anna Bolena a Milano.
Qui a Bergamo si è potuta ascoltare, per la prima volta dopo 200 anni, la prima versione napoletana con una grande Aria di Cadmo, la stretta del finale I, in parte una diversa rispetto a Genova, un diverso coro ad apertura dell’atto III, un diverso tempo lento nella Sinfonia rispetto la versione genovese che debuttò al Carlo Felice il 17 gennaio 1834 registrata a Genova, a San Gallo e per l’etichetta OperaRara. Una occasione unica di sentire a Bergamo le idee originali di Donizetti, in una versione ancora più radicale e non “normalizzata” come a Genova. L’interessante programma di sala, sempre completissimo, ci informa anche della presenza di una partitura presso i padri filippini dell’Olivella a Palermo che eseguirono una versione “intermedia” del Diluvio. Anche se Donizetti non fu presente a Palermo sembra che la partitura porti i segni di suoi interventi utili alla formulazione del’edizione critica.

Noè è il basso Nahuel Di Pierro, che ricordiamo con piacere come Assur in Semiramide e nel recente CD dedicato a Edipo a Colono di Rossini. La linea vocale è molto morbida e curata, le frasi avvolgenti e ben tornite. Solo in un episodio nel secondo atto la linea è scesa troppo nel grave e la voce si è assottigliata. Interessante il suo protagonismo nella complessa introduzione con i tre figli e le relative spose. La marcia che intona proviene dalla marcia danese dell’Alfredo il grande e confluirà con un ritmo più vivo nella Fille du regiment. Bene il duetto con Sela e la preghiera con arpa e corni “Dio tremendo, onnipossente”.
Nella versione napoletana la famiglia di Noè canta senza coro di ebrei così che le voci dei figli e consorti risaltano maggiormente: Jafet Nicolò Donini, Sem il bravissimo Davide Zaccherini, Cam Eduardo Martínez con le mogli Tesbite Sabrina Gárdez, Asfene Erica Artina, Abra Sophie Burns.

Cadmo è il superlativo Enea Scala di recente Carlo nell’Eduardo e Crisitna al ROF 2023. E’ impegnato in una ampia aria nel primo atto “Impudica! E ancor respira!” “S’io ne facessi scempio” di particolare virulenza. La voce baritonale e tenorile di Scala gli permette di affrontare senza timore ampi sbalzi sul pentagramma, disegnando un ruolo particolarmente negativo pronto alla bestemmia e alla negazione di Dio. Un personaggio senza possibilità di redenzione che porta nell’abisso anche Sela. Interessante Scala nel duetto con Sela numero 6 della partitura. Nel canto Cadmo dimostra tutta la sua cattiveria e la volontà di non fare vedere il figlio alla consorte. La presenza scenica di Enea Scala è enfatizzata dalle videoproiezioni.

Sela è Giuliana Gianfaldoni, molto applaudita nelle Convenienze ed inconvenienze teatrali ma reduce anche da tanti altri ruoli. Nell’introduzione è incastonata la sua aria che rivela le sue doti di soprano drammatico, piegando la coloratura ad espressione vera e sensibile. Molto complessa l’aria finale che rinuncia alla solita cabaletta e termina con una altra bestemmia, implicita nel libretto di Gilardoni ma esplicita in partitura “Ah no… sia… maledetto… Dio”! Ohimè!!!”. Chissà se la censura si rese conto di questo eccesso nella partitura donizettiana. La Gianfaldoni imita con precisione l’effetto “brivido” nell’aria finale con archi tremolanti. Un ruolo ben costruito e frutto di lungo studio.  


Sul podio sale Riccardo Frizza, direttore musicale del festival, che approfondisce la partitura analiticamente. Tempi gravi e solenni nell’introduzione, arie drammatiche e duetti concitati. L’orchestrazione di Donizetti è molto pensata in questo oratorio e Frizza ne dà rilievo. Riesce a concertare bene il numero importante di voci, con ensemble anche di 9 voci più coro.  

Lo spettacolo è affidato ai MASBEDO, che attraverso il diluvio, il primo cataclisma naturale della storia, fanno una riflessione sulle problematiche ambientali e gli sbalzi climatici. Ad accogliere in teatro gli spettatori le comparse che indossano impermeabili in plastica e ci fissano con torvi sguardi. Nella prima parte ci sono continue proiezioni di mari inquinati, tartarughe alla deriva e paesaggi contaminati. Nel secondo atto una grande gabbia di ferro rappresenta sia il lascivo banchetto di Cadmo che, alla fine, l’arca dove saranno in salvo i figli di Noè. Qui le estenuanti proiezioni, spesso da telecamere sulla scena, ci descrivono il banchetto con scene iterate ed eccessive che distraggono dalla musica e dal testo del libretto in un affastellamento visivo, sigla dei registi di cui avevamo già visto il Re Ruggero a Santa Cecilia a Roma. Spettacolo apprezzato dai giovani alle prove ma buato dalla intransigente galleria del teatro la sera della prima. Sarebbero bastate meno immagini per equilibrare il tutto, poiché le idee di base erano comunque interessanti.

Vincitore è Donizetti in una opera originale, che si avvicina alla perfezione del Mosè in Egitto e grazie alla tematica dell’opera parla a noi in maniera contemporanea dopo 200 anni.

Fabio Tranchida