Torino: al Regio una Carmen novecentesca

È facile che Carmen, facendo leva sulle pulsioni più intime, conquisti il pubblico.  Si fronteggiano due modi di stare al mondo: il seduttore istintivo, Escamillo, e quello ponderato, Don José (oppure è l’irretito?), che qualche colpo di testa pure l’ha fatto e, non comprendendo appieno le conseguenze delle sue azioni, va incontro all’irreparabile. Carmen è presa in mezzo ai due. Con un’unica responsabilità dichiarata: voler essere libera, in un mondo dominato dal desiderio maschile. O forse quella di difendere il suo desiderio, senza che gli altri lo giudichino. Il motore immobile dell’azione non è la sfrontatezza di Carmen, il suo lasciar parlare la voce della libido, senza briglie e senza giri di parole, ma che gli altri due – mentre il pubblico osserva attonito, sigaraie comprese che fino all’ultimo mettono in guardia Carmen dalle forze che agiscono nei due amanti/rivali – non sappiano bene come gestire questo spregiudicato desiderio e rivendicazione di libertà.

Come questa Carmen faccia leva sul pubblico è presto detto: con una scena essenziale, ma non spoglia, screziata di colori caldi e perfettamente illuminata da Simon Corder e John Bishop (sul velatino è impresso un dipinto astratto che ricorda il vortice della Città che sale di Boccioni e le tonalità pittoriche ricordano il periodo rosa di Picasso); giocata tra dentro e fuori, quasi senza cambi di scena. Il regista Stephen Medcalf ha avuto ottime intuizioni (ad esempio quella di non mostrare l’assassinio di Carmen che avviene dietro a un muro): l’allestimento creato per il Teatro Lirico di Cagliari nel 2005, gli valse – meritatamente – il Premio Abbiati 2006 per la migliore regia d’opera.

L’opera è ambientata in una Spagna vagamente Novecentesca, non troppo connotata in senso cronologico, se si escludono le macchine fotografiche che magnificano la fama del toreador quand’egli fa la sua entrata e il gigantesco aereo che domina il terzo atto. Le belle scene e i costumi sono opera di Jamie Vartan: qui risulta particolarmente efficace l’idea di vestire le sigaraie di bianco, senza indulgere in scelte parossistiche negli abiti e negli atteggiamenti, che sottolineerebbero una non pertinente trivialità. Queste sigaraie sono sì zingare, semidivinità ctonie, Naturfrauen direbbero i tedeschi, ma senza che su di loro cali mai la volgarità, né un giudizio: sono irrefrenabili, hanno il sangue caldo, perché la natura le ha fatte così.

Dar quindi il ruolo principale alla particolarissima voce dell’armena Varduhi Abrahamyan è una scelta azzeccata: per il suo timbro scuro, per la bella presenza scenica (una figura femminile seduttiva d’altri tempi, formosa e ben conscia del fascino delle sue curve), per le capacità attoriali e per la buona dizione. Varduhi Abrahamyan tiene la scena dall’inizio alla fine, con arguzia, intelligenza, spigliatezza, perfettamente nel ruolo: alla fine infatti molto applaudita dal pubblico.

Il cast è omogeneo dal punto di vista vocale: Escamillo (con una mascella da far invidia a Buzz Lightyear), l’americano Lucas Meachem, sembra essere fisicamente nato per questo ruolo. Ha voce potente e tornita, è spavaldo, riempie tutta la scena col suo ego sconfinato. Da par suo si difende bene Andrea Carè: il Don José cui dà vita è uno studio credibile della psicologia dello stalker, davvero da manuale (Je ne menace pas… j’implore… je supplie).

Merita una nota la magnifica prova di Marta Torbidoni (Micaëla) nella quinta scena dell’atto terzo: l’interprete è stata assai acclamata e certamente farà ancora parlare di sé.

Giacomo Sagripanti, per la prima volta alla guida l’Orchestra del Teatro Regio, dà una lettura della partitura di Bizet precisa e convincente: misurata, senza eccessi, ha dominio dell’orchestra che infatti dà una buona prova delle sue capacità. Come ripetiamo da anni, l’ottimo coro di voci bianche istruito da Claudio Fenoglio non smette di sorprendere positivamente per i suoi eccellenti risultati, tanto che è sempre un autentico piacere ascoltare opere che richiedano il loro intervento.

Curiosamente Carmen in questa stagione del Regio crea un duplice rispecchiamento: da Bizet a Bizet, ovvero da i Pescatori di perle, l’opera che ha aperto la stagione e che sembra appartenere a un altro artista, tanta è la distanza nella sapienza compositiva (e anche l’imperizia di quella purtroppo indimenticabile regia); e ancora con la Violanta di Erich Wolfgang Korngold opera – a minor tasso erotico rispetto alla Carmen – in cartellone a gennaio, un titolo di raro ascolto, che metterà in scena nella sognante Venezia del Quattrocento (ma “alla tedesca”) due modi di amare, Simone Trovai contro Alfonso, due modi d’essere egualmente infelici e non tanto diversi da Don José ed Escamillo che invariabilmente sfociano in un tragico finale.

Dopo i rivolgimenti interni e i nuovi assetti del teatro di questi mesi, finalmente una bella serata al Regio di Torino che rimette l’opera – un’opera ben fatta – al centro, e meno la politica culturale che ha tenuto banco sui giornali e che pure non dovrebbe condizionare la riuscita artistica.

Una Piazza Castello affollata dalle festose “sardine” non ha impedito all’opera di cominciare in tempo, ma un incomprensibile via vai di pubblico, che ha preso posto in ritardo, ha guastato un po’ l’inizio del secondo atto. Troppi i tre intervalli, non giustificati da cambi di scena minimi. E peccato la mia fortuna personale d’aver avuto uno spettatore affianco, molto informato sull’opera, che l’ha spiegata alla moglie dall’inizio alla fine: “mansplaining”, dicono gli inglesi, anche questa una piccola vessazione che spesso le donne – non solo in scena, come Carmen – devono talvolta subire.

Benedetta Saglietti
(10 dicembre 2019)

La locandina

Direttore Giacomo Sagripanti
Regia Stephen Medcalf
Scene e costumi Jamie Vartan
Coreografia Maxine Braham
Luci Simon Corder riprese da John Bishop
Assistente alle scene e ai costumi Nicole Figini
Direttore dell’allestimento Pier Giovanni Bormida
Personaggi e interpreti:
Carmen Varduhi Abrahamyan
Don José Andrea Carè
Micaëla Marta Torbidoni
Escamillo Lucas Meachem
Frasquita Sarah Baratta
Mercédès Alessandra Della Croce
Il Dancaïre Gabriel Alexander Wernick
Il Remendado Cristiano Olivieri
Moralès Costantino Finucci
Zuniga Gianluca Breda
Lillas Pastia Aldo Dovo
Andrès Marcello Spinetta
Una guida Giulio Cavallini
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Maestro del coro Andrea Secchi
Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi” di Torino
Maestro del coro di voci bianche Claudio Fenoglio

0 0 voti
Vota l'articolo
Iscriviti
Notificami

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti