Torino, Teatro Regio: “Così fan tutte”

Torino. Il Regio in Streaming 2021
“COSÌ FAN TUTTE”
Melodramma giocoso in due atti su libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Fiordiligi ELEONORA BURATTO
Dorabella PAOLA GARDINA
Guglielmo ALESSANDRO LUOGO
Ferrando GIOVANNI SALA
Despina FRANCESCA DI SAURO
Don Alfonso MARCO FILIPPO ROMANO
Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Riccardo Muti
Maestro del coro Andrea Secchi
Regia Chiara Muti
Scene Leila Fteita
Costumi Alessandro Lai
Luci Vincent Longuemare
Allestimento del Teatro di San Carlo a Napoli
Torino, Teatro Regio,  streaming dell’11 marzo 2021
Arriva la registrazione dell’attesissimo debutto di Riccardo Muti al Regio di Torino purtroppo fruibile in forme solamente online a causa della ben nota situazione sanitaria.
Il debutto del maestro Muti avviene nel segno di una delle opere che più lo hanno accompagnato nel corso della carriera e di cui si è affermato come interprete paradigmatico: il “Così fan tutte” mozartiano. La lunghissima frequentazione di Muti con questo titolo ha portato a una maturità interpretativa ormai pressoché totale. Il Mozart di Muti è quello della grande tradizione italiana – il precedente più diretto per molti aspetti è quello di Cantelli – lontano dalle mode del momento e ancorato a una visione rigorosa e meditata. Un Mozart che fa della bellezza sonora una sua cifra essenziale, caldo e luminoso, avvolto nei bagliori di un Sole mediterraneo che tutto avvolge e accarezza. Il tessuto orchestrale è terso, nitido, carezzevole – si ascolti la morbidezza setosa dei violini – in cui il gioco agogico e dinamico c’è ed è evidenziato con straordinario rigore ma sempre calata in una visione complessiva di apollinea perfezione.
Muti però non è solo un creatore di magnifici suoni, è soprattutto un maestro capace di cogliere le sfumature e i contrasti che rendono così affascinante questa partitura. Comico e tragico, plebeo e nobile, tutto è nella sua direzione e tutto  coerente, lampi di colore diverso su un unico, grandioso, affresco. I richiami all’opera buffa napoletana – specie nelle scene di Despina – i modi dell’opera seria – parodistici nell’intento ma giustamente non nella realizzazione musicale – gli echi dello stile sacro – difficile immaginare un “Soave sia il vento” più trascendente di questo – ogni minimo dettaglio è esaltato dal Maestro con somma maestria, sempre perfettamente calato nella struttura musicale e teatrale complessiva. Guidata in questo modo l’orchestra del Regio suona in modo splendido così come sempre impeccabile e la prova del coro. Sul piano delle scelte esecutive notiamo l’apertura dei tagli dei recitativi mentre si esclude – comprensibilmente l’impegnativa aria di Ferrando – “Ah, lo veggio, quell’anima bella”.
Sul piano vocale emergono i ruoli femminili. Eleonora Buratto è apparsa in forma ancora migliore rispetto alla recente prova scaligera. Il soprano mantovano mostra una particolare sintonia con la musica di Mozart. La voce ampia, robusta, timbratissima, domina una parte vocalmente quanto mai impervia alternando acuti imponenti a gravi giustamente ricchi e pieni di suono (e quanto la parte di Fiordiligi richiede al registro grave). Sul piano espressivo ci è parsa  convincente e pienamente inserita nella visione musicale di Muti e più che in “Come scoglio” – pur affrontato con ammirevole sicurezza – ci è piaciuta l’intensità mostrata nel II atto, nel rondò e nel duetto con Ferrando.
Al suo fianco la raffinata Dorabella di Paola Gardina, mezzosoprano dal timbro chiaro e quasi sopranile e dal canto elegante e musicalissimo. Interprete sensibile riesce a cogliere le specificità delle sue due arie e ha caratterizzare bene il contrasto caratteriale con la sorella. La presenza scenica e l’eleganza del gesto completano la costruzione del personaggio. Francesca di Sauro è una Despina moderna e fortunatamente non leziosa – anche se purtroppo cede alla tentazione di deformare la voce nelle vesti del notaio – dalla linea di canto pulita e dall’accento naturale ed espressivo. Dall’asciolto online la voce è parsa  abbastanza piccola e non troppo personale nella pur piacevole timbrica.
Sul versante maschile si segnala l’ottima prova di Marco Filippo Romano che affronta Don Alfonso con dizione nitida e precisa e autentico senso teatrale della parola. La scrittura del ruolo è spesso declamatoria con una prevalenza di recitativi che Romano cesella in modo magistrale. L’ottima tecnica e l’eccellente musicalità emergono pienamente nelle parti cantate mentre sul piano scenico si apprezza il consumato gioco attoriale. Una critica si può forse trovare nell’aver dato un carattere troppo bonario e lineare a un personaggio di suo così complesso.
I due giovani innamorati sono affidati ad Alessandro Luongo (Guglielmo) e Giovanni Sala (Fernando).  Il primo è un baritono chiaro di bella presenza vocale e dall’interessante quadratura musicale. Affronta il ruolo con la giusta dose di guasconeria ma mantenendo sempre un notevole controllo sulla tenuta vocale. Le arie sono cesellate con gusto e ottima musicalità. L’interprete resta  un po’ generico, si sente ancora una necessità di maturazione espressiva. Sala è un tenore dal timbro brunito – interessante la presenza di una certa somiglianza timbrica all’interno delle due coppie – e alterna momenti decisamente convincenti come lo slancio con cui affronta “Tradito, schernito” ad altri in cui il canto pareva perdere un poco di fluidità.
Resta la regia di Chiara Muti che ha suscitato più di una perplessità. Il colpo d’occhio è notevole, belle le scene di Leila Fteita che rileggano con astratta eleganza le ambientazioni tradizionali immergendole in raffinati giochi di luce che rievocano il frangersi del Sole sul specchio marino del golfo di Napoli e ancora di più i costumi Alessandro Lai specie quelli vaporosi e leggeri delle ragazze, quasi nuvole anch’esse immerse nella luce che tutto domina. A non convincere è però l’aspetto registico che tolta qualche bella intuizione – come gli errori dei due giovani che tendono a rivolgersi alla fidanzata e non alla sorella corteggiata in quel momento – è vecchio, datato. Una lettura che rinuncia alle problematicità sottese dal testo, che appiana tutto in una visione fin troppo rassicurante lontana dalle possibilità di approfondimento cui ci hanno abituati altre regie.
La Muti sovraccarica lo spettacolo con continui movimenti di figuranti – parte in abiti settecenteschi parte in vesti contemporanee e dimostrare la natura immutabile dei sentimenti – che nulla aggiungono alla vicenda, anzi rompono l’incanto di tanti momenti. La gestualità è  sovraccaricata da mossette, smorfie, pose manierate da porcellane di Meissen, in alcuni momenti veramente fastidiose – come durante “Amore è un ladroncello” – altrove semplicemente inutili. Un risultato  datato che il taglio moderno ed essenziale dell’impianto scenico non può compensare ma soprattutto un allestimento lontano e dalla profondità e dalla ricchezza espressiva della direzione in un contrasto stridente che evidenzia ancor di più l’incompiutezza della parte visiva. Foto Silvia Lelli
Lo streaming di Così fan tutte è gratuito e resterà disponibile on-demand fino al 30 settembre 2021.: www.teatroregio.torino.it