Torino, Teatro Regio: “La traviata”

Torino, Teatro Regio, stagione lirica 2021
“LA TRAVIATA”
Dramma lirico in tre atti di Francesco Maria Piave da “La Dame aux camélias” di Alexandre Dumas figlio
Musica di Giuseppe Verdi
Violetta Valéry GILDA FIUME
Alfredo Germont JULIEN BEHR
Giorgio Germont DAMIANO SALERNO
Flora Bervoix LORRIE GARCIA
Annina ASHLEY MILANESE
Gastone JOAN FOLQUÉ
Il barone Douphol DARIO GIORGELÈ
Il marchese d’Obigny ALESSIO VERNA
Il dottor Grenvill ROCCO CAVALLUZZI
Giuseppe ALEJANDRO ESCOBAR
Un domestico di Flora RICCARDO MATTIOTTO
Un commissario MARCO TOGNOZZI
Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Rani Calderon
Maestro del coro Andrea Secchi
Regia Lorenzo Amato
Scene Ezio Frigerio
Costumi Franca Squarciapino
Coreografie Giancarlo Striscia
Luci Marco Giusti
Allestimento del Teatro San Carlo di Napoli
Torino,  19 maggio 2021
Il Teatro Regio riapre finalmente al pubblico ed è innegabile l’emozione di poter tornare a teatro dopo più di un anno di forzata astinenza. La situazione non è certo ottimale, il pubblico è presente in numeri ancora molto ridotti e una parte della platea è stata adattata per ampliare lo spazio destinato all’orchestra – creando non pochi problemi di equilibrio tra le varie componenti sonore – ma il senso di ritorno alla vita emoziona. La recita in questione presentava inoltre un’importante particolarità all’interno di una più forte visione della dimensione sociale del teatro: la presenza in sala di un gruppo di bisognosi accompagnati dall’arcivescovo di Torino Monsignor Nosiglia nel quadro ti un valore civile dell’arte da estendere anche alle categorie socialmente più svantaggiate.
La riapertura è avvenuta con una produzione di “La traviata” di impianto molto tradizionale risultata nell’insieme godibile.
Non facile il compito per Rani Calderon che alla guida dell’orchestra del Regio deve affrontare i problemi di calibratura del suono – l’orchestra posta in parte sul palcoscenico tende a risultare preponderante – che si aggiungono all’impegno della concertazione vera e propria. La prima prova è nell’insieme superata, qualche scollamento si notava  ma, nel complesso si è raggiunto un equilibrio che non ha compromesso  la prova dei cantanti. Sul versante prettamente interpretativo si notano scelte personali e ponderate, si nota una maggior sensibilità per i momenti più lirici e dolenti, come il preludio al III atto, di grande eleganza e  abbandono sentimentale. In quelli più brillanti suona a volte un po’ pesante – i suddetti problemi di disposizione orchestrale possono aver influito – così come scelte agogiche sono parse fin troppo estenuate (finale del II atto).
Complessivamente positiva la prova del cast. Nei panni di Violetta Gilda Fiume canta in modo ammirevole. La natura vocale è di soprano lirico, ma dotata di buone qualità nel canto d’agilità  coloratura che le permettono di affrontare con sicurezza il primo atto. Il timbro morbido, l’impeccabile controllo della linea di canto, la cura del fraseggio, le permettono di affrontare al meglio tutto il resto dell’opera – veramente ammirevole  in “Addio del passato”. Forse manca un’autentica e personale ricerca del personaggio, senza la quale è difficile passare da un’ottima prova a una che s’imprima nella memoria. Alla Fiume, almeno qui, questo è mancato. Di certo non è stata aiutata da uno spettacolo – su cui si tornerà in seguito – decisamente penalizzante in tal senso.
Julien Behr non ha una voce che colpisce per qualità timbriche e potenza,  ma è un cantante di rara sensibilità Il suo è un Alfredo cantato in modo impeccabile, dalla linea di canto elegantissima e dall’emissione luminosa. Ottimo il controllo del fiato, perfettamente centrati fraseggio e accento che lo ha visto attento a ogni sfumatura del ruolo. che acquisisce uno spessore  drammatico che raramente si ascolta in questo ruolo.
Damiano Salerno è uno Germont padre di solida professionalità. Il timbro è abbastanza chiaro, scenicamente evita di “invecchiare” eccessivamente il ruolo.  La voce è sana e schietta, ben proiettata, e si fa perdonare un vibrato a tratti non sempre gradevolissimo.
Lorrie Garcia è una Flora ben cantata e dall’innegabile avvenenza scenica, Alessio Verna (Il marchese d’Obigny) e Rocco Cavalluzzi (Il Dottor Grenvill) danno smalto ai loro ruoli. Completano ottimamente il cast Dario Giorgelè (il Barone Douphol), Ashley Milanese (Annina), Joan Folqué (Gastone), Alejandro Escobar (Giuseppe), Riccardo Mattiotto (un domestico), Marco Tognozzi (un commissario). Il coro del Regio – pur con tutte le difficoltà logistiche della situazione presente – si conferma una certezza di qualità specie nel repertorio verdiano.
Delude la parte visiva con la regia di Lorenzo Amato affiancato da due nomi di grande richiamo come Ezio Frigerio (scene) e Franca Squarciapino (costumi). L’apertura, di grande impatto, mostra la scena – tratta da Dumas – dei funerali di Violetta sotto una pioggia battente, resa con estremo naturalismo. Il problema è che l’elemento pioggia, viene poi continuamente riproposta, come un filo conduttore di tutto lo spettacolo, anche  nelle scene più astratte – I e II atto con fondale a specchio che rimanda, distorcendole  la buca e la sala – sia in quelle più realistiche – prima scena del II atto con una grande vetrata neo gotica che si apre su un giardino, con cipressi tra la nebbia – alla fine tutto ciò stanca.
Se l’impianto visivo mantiene comunque una sua suggestione ( anche se certi richiami al teatro nel teatro risultano un po’ manieristici) la regia in sé  ha in vero poco da dire. Le ovvie limitazioni nei movimenti e dei contatti fisici rendono complessa la situazione, ma qui siamo in un mare di in un mare di immobilismo e gesti scontati, un entra ed esci di scena che ha limitato non poco le prestazioni attoriali dei cantanti, totalmente lasciati a se stessi.
Oltre le valutazioni critiche, le sensibilità personali, resta la gioia di essere tornati a respirare l’inebriante atmosfera del teatro e questa è già cosa una grandissima. Le maestranze del Regio hanno dedicato la recita a Franco Battiato recentemente scomparso.