L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Tosca divina

 di Stefano Ceccarelli

Il Teatro dell’Opera di Roma porta in scena la consueta edizione di Tosca,che oramai calca le scene del maggior teatro romano con immutato successo di pubblico dal 2015: la Tosca con le storiche scene della première e la regia di Alessandro Talevi. In queste serate dicembrine siede sul podio Paolo Arrivabeni; interpreti nei principali ruoli sono Saioa Hernández (Tosca), Vittorio Grigolo (Cavaradossi) e Roberto Frontali (Scarpia), che guadagnano un indiscusso successo.

ROMA, 9 dicembre 2021 – Spettacolo che oramai può dirsi tradizionale e ben collaudato, la Tosca di Puccini con le scene originale della première, quelle di Adolf Hohenstein,e la regia di Alessandro Talevi incanta ancora una volta il pubblico romano, accorso numeroso per un titolo certamente gradito. Per commentare l’aspetto scenico/registico rimando a quanto da me già scritto a proposito del battesimo di questo spettacolo, oramai diversi anni or sono (https://www.apemusicale.it/joomla/it/recensioni/17-opera/opera2015/1326-roma-tosca-08-03-2015):

Vero fiore all’occhiello della produzione sono le stupende scenografie realizzate dallo staff di Carlo Savi sui bozzetti originali di Adolf Hohestein. I bozzetti sono riproposti con assoluta fedeltà, dai colori agli scorci, con incredibile perizia scenotecnica: nel I atto ci troviamo nel riccamente decorato transetto di Sant’Andrea della Valle; nel II siamo nella sala di Scarpia in Palazzo Farnese, con un curatissimo mobilio, sempre rifatto in base ai bozzetti; nel III godiamo del panorama su San Pietro dalla sommità di Castel Sant’Angelo − impressionante la volta del cielo e la decorazione del fondale. Il risultato è stupefacente: incredibile come la più tradizionale delle scenotecniche (anche con i suoi limiti) dia un risultato che spesso non raggiungono le più moderne tecnologie applicate alle scenografie. I costumi sono bellissimi, tradizionali, rifatti anch’essi, grazie all’atelier Biagiotti, sui bozzetti originali: alcuni dei costumi secondari sono addirittura stati recuperati dagli originali del 1900 presenti negli sterminati magazzini dell’Opera! La regia del giovanissimo e talentuoso sudafricano Alessandro Talevi rispetta ogni prescrizione dell’autore: la sua bravura risiede proprio nel donare plastica vita alle situazioni. Talevi sa, infatti, curare molti particolari. I personaggi non sono mai fuori posto; si muovono con accortezza e senso dello spazio (si pensi a come si getta bene la Tola nel finale); la scena del Te Deum è ben orchestrata, resa tridimensionale dall’accortezza di porre due ragazzi di spalle al pubblico.

L’orchestra del Costanzi mostra di essere in una serata di grazia, mercé anche il fatto di conoscere la partitura come forse poche altre nel loro repertorio. Il direttore Paolo Arrivabeni fa tutto quello che un direttore d’opera dovrebbe fare: accompagna accortamente le voci, tiene un consono volume sonoro per far svettare le differenti linee vocali, largheggia là dove deve affinché i cantanti possano cantare con agio. Ne esce una lettura di Tosca vivida, chiara, cristallina, ove si riconoscono particolari sonori spesso mangiati da un’esecuzione troppo affogata nei vari suoni; ecco, quella di Arrivabeni è arte di mestiere, nel senso più nobile del termine.

Il cast dei cantanti incontra gli apprezzamenti del pubblico e praticamente ogni interprete è calorosamente applaudito. Saioa Hernández canta una Tosca dalla voce potente, sonora, senza però mancare di ridurre il volume e giocare maggiormente con i colori, come avviene in un’esecuzione intimistica e delicata di «Vissi d’arte, vissi d’amore», dove la Hernández gioca coi filati e i volumi del pezzo. La performance dell’interprete, inoltre, migliora di atto in atto. Se nel primo la Hernández risulta lievemente monocorde nel canto di conversazione, pur facendo bene nel celebre duetto con Cavaradossi, dal secondo atto la voce si fa più potente ma anche più attenta alle sfumature della parte, culminando in un indimenticabile omicidio di Scarpia. Nel terzo atto, se la scena del suicidio di Tosca non è certo fra le migliori, è completamente apprezzabile l’ultimo duetto con l’amato Mario, dove le voci della Hernández e di Grigolo si armonizzano perfettamente e la loro potenza vocale invade la sala. Grigolo interpreta il ruolo di Cavaradossi donando al pubblico una performance a dir poco energica, con un’emissione sempre potente e proiettata in acuti svettanti e sonori, senza mancare, peraltro, di giocare di fino in più di un passo. Tra le due arie di Cavaradossi, quella che riesce meglio a Grigolo è certamente «E lucevan le stelle», tanto applaudita da essere stata bissata dal cantante. Grigolo qui deliba colori e accenti con maestria, giocando coi volumi e i respiri; «Recondita armonia», invece, pur essendo tecnicamente cantata assai bene, mostra qualche ‘punto debole’ dell’emissione di Grigolo, come la tessitura bassa, certamente meno prorompente di quella acuta. Nel resto della serata, Grigolo dà il massimo per interpretare un Cavaradossi virile, trascinante, impetuoso, autenticamente romantico; il Costanzi risuona delle potenti note acute di Grigolo, come il celebre sovracuto su «Vittoria! Vittoria!» (II atto). Per Grigolo questo Cavaradossi è senz’alcun dubbio un grande successo personale. Roberto Frontali canta uno Scarpia luciferino, perfettamente centrato vocalmente; il baritono esprime al meglio gli accenti ambigui del personaggio, sfruttando tutti i colori della sua tavolozza. In tal senso, splendidi risultano sia il potente «Te Deum» che l’aria del II atto, «Ha più forte sapore», dove Frontali si dimostra interprete raffinato, scrostando Scarpia di molti cliché interpretativi tradizionali (e non per questo probi). Ciò che rimane della performance di Frontali è la calda vibrazione della sua voce che legge ogni pagina della parte e una recitazione pacata ma di sicuro effetto. Splendido il Sagrestano di Roberto Abbondanza, forse uno dei migliori di sempre non solo per presenza e potenza vocale, ma anche per sfumature, recitazione, accortezze nell’esecuzione di una parte che richiede una saggia mimica. Completano il cast dei comprimari Luciano Leoni (Angelotti), Saverio Fiore (Spoletta), Leo Paul Chiarot (Sciarrone), Fabio Tinalli (Carceriere) e Carola Finotti (Pastorello). Lo spettacolo si chiude fra gli applausi scroscianti del pubblico.


 

 

 
 
 

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