Torino, Teatro Regio: “Turandot”

Torino, Teatro Regio, stagione d’opera e balletto 2022
“TURANDOT”
Opera in 3 atti e 5 quadri, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni dall’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi
Musica di Giacomo Puccini
Turandot INGELA BRIMBERG
Calaf MIKHEIL SHESHABERIDZE
Liù GIULIANA GIANFALDONI
Timur MICHELE PERTUSI
Altoum NICOLA PAIMO
Ping SIMONE DEL SAVIO
Pang MANUEL PIERATTELLI
Pong ALESSANDRO LANZI
Un mandarino ADOLFO CORRADO
Il principe di Persia SABINO GAITA
Prima ancella PIERINA TRIVERO
Seconda ancella MANUELA GIACOMINI
Pu Tin Pao NICOLETTA CABASSI
Orchestra, coro e coro di voci bianche del Teatro Regio di Torino, Compagnia di danza Déjà Donné
Direttore Jordi Bernàcer
Maestro del coro di voci bianche Claudio Fenoglio
Maestro del coro Andrea Secchi
Regia, scene, costumi, coreografia e luci Stefano Poda
Torino, Teatro Regio, 30 aprile 2021
Il Teatro Regio di Torino riprende la propria produzione di “Turandot” allestita la prima volta per la stagione 2017/18 da Stefano Poda in quel caso in stretta unità d’intenti con la direzione di Gianandrea Noseda. Gli anni trascorsi hanno privato il teatro dell’allora direttore musicale ma non del diretto intervento del regista che ha personalmente ripreso lo spettacolo guidandolo con la sua diretta in sala per tutte le recite.L’impianto generale dello spettacolo è quindi rimasto autenticamente fedele alla sua concezione originaria e si rimanda a quanto scritto allora e che si ritiene perfettamente valido anche per la presente ripresa . Vi è però una differenza sostanziale che va rimarcata. La scelta direttoriale di terminare l’opera con la morte di Liù senza le integrazioni di Alfano nel finale ha modificato la parte conclusiva dello spettacolo privandola di quel seppur parziale chiarimento dei nodi drammaturgici che traspariva dal finale dell’opera. La scelta musicale ha quindi modificato anche la cifra registica lasciando un finale aperto e sospeso, dove le suggestioni non si ricompongono e in cui si lascia alla sensibilità di ciascun spettatore di trarne le file in modo personale. Una scelta non si sa quanto voluta ma non priva di poesia e suggestione.
La parte musicale vede brillare soprattutto la direzione di Jordi Bernàcer. Il maestro spagnolo legge “Turandot” come un’opera del Novecento evidenziandone i legami con le avanguardie del tempo – Stravinskij in primis – mostrando particolare cura per la ricchezza timbrica – particolarmente valorizzate le percussioni alla ricerca di un carattere barbarico e primitivo – e ritmica della partitura. L’orchestra si mostra pienamente all’altezza delle richieste direttoriali e come sempre ottima la prova del coro, certezza di qualità nel teatro torinese cui si è affiancata quella ugualmente positiva del coro di voci bianche.
La compagnia di canto ha mostrato invece qualche lacuna. Ci sono parsi deboli Turandot e Calaf.
Ingela Brimberg ha tutte le note per reggere la parte della principessa. La voce solida e potente le permette di dominare il ricco tessuto orchestrale. Il timbro è però assai metallico e la voce si fa più dura salendo in acuto dove emergono non poche difficoltà. Il versante espressivo è altrettanto debole con una lettura molto datata fatta di accenti sprezzanti e furori selvaggi senza uno scavo più profondo e umano del personaggio. Una prestazione “professionale” ma che passa senza lasciare particolari emozioni o ricordi.
Mikheil Sheshaberidze sfoggia una voce timbricamente interessante, con suggestive venature brunite. Il tutto è però compromesso da evidenti problemi d’emissione. La voce, purtroppo, manca di una autentica proiezione e viene sommersa dall’orchestra. A ciò si aggiunge una inerzia scenica e idi fraseggio – decisamente piatto in “Non piangere Liù”, molto meglio in “Nessun dorma” affrontata con taglio più intimo e senza platealità – di certo non aiutano a costruire un personaggio coinvolgente e credibile.
Giuliana Gianfaldoni è una Liù incantevole. Voce piccola ma musicalissima, tecnicamente inappuntabile – mezzevoci da manuale del canto – accento spontaneo e intenso. La scelta di chiudere l’opera senza il finale fa di Liù la vera protagonista e la Gianfaldoni si è meritata questo onore.
Michele Pertusi è un Timur di soggiogante carisma scenico e vocale, un autentico lusso in una parte come questa. Le frasi del I atto hanno una nobiltà autenticamente regale e l’addio a Liù è di un’emozione autentica e profonda resa ancor più suggestiva da una cavata ancora ampia e nobile. Ottimo il terzetto delle maschere con al centro un Simone Del Savio capace di imporsi per voce e temperamento come Ping cui offrono ottimo contrappunto Manuel Pierattelli (Pang) e Alessandro Lanzi (Pong). Nicola Pamio è un Altoum molto ben cantato e senza inutili inflessioni senili. Adolfo Carraro presta al mandarino una voce ricca e sonora e un’ottima dizione. Completano ottimamente il cast le prove di Sabino Gaita (il principe di Persia), Pierina Trivero e Manuela Giacomini (le ancelle).
La compagnia di danza contemporanea Déjà Donné contribuisce in modo determinante alla riuscita dello spettacolo di Poda dalla forte connotazione coreografica mostrandosi perfettamente calata nella concezione registica. La parte di Pu-Tin Pao è affidata alla danzatrice Nicoletta Cabassi figura inquietante e seducente a un tempo come la morte stessa.
Sala quasi totalmente esaurita – il pubblico torinese risponde sempre con affetto e mostra ognora la vicinanza al proprio teatro – e buon successo nell’insieme con qualche isolata contestazione per i protagonisti.