Venezia: il Trionfo del Tedio e del Disinganno

Quasi tutti i papi che, alla loro elezione, scelsero il nome di Innocenzo o Clemente sono ricordati dalla storia tra i meno innocenti e decisamente fra i poco clementi, a dimostrazione del fatto che il nomen non sempre è omen.

Non si discostò dalla tradizione Innocenzo XI – al secolo Benedetto Odescalchi – che eletto al Soglio di Pietro nel 1676 promulgò una lunga serie di decreti atti a ristabilire e tutelare la moralità tanto da guadagnarsi l’appellativo di “papa minga”; al divieto ai preti di fiutare tabacco e all’abolizione del Carnevale – che tanto piaceva al popolo – andò a fare compagnia il peggiore di tutti tra i più controriformisti degli editti, ovvero quello che imponeva un controllo repressivo sulle rappresentazioni sceniche, con la conseguente quasi totale chiusura dei teatri.

Nel 1689 il pontefice rese finalmente l’anima a Dio, ma l’ostracismo agli spettacoli rimase, mantenendo in uno stato di seria difficolta artisti e compositori di musica profana.

Nel 1707 Händel giunse a Roma da Halle – sfuggito a un padre che lo avrebbe voluto giurista e che gli aveva vietato, disatteso, lo studio della musica – con all’attivo due opere già rappresentate e l’idea di metterne in scena una nuova; disgraziatamente non aveva tenuto conto delle “restrizioni” di papa Odescalchi che all’epoca ancora perduravano.

Con senso pratico tedesco e fantasia italiana – e con l’appoggio determinante di cardinali illuminati come Benedetto Pamphilij e Pietro Ottoboni – il Sassone aggirò l’ostacolo componendo un oratorio profano con tutte le caratteristiche di un’opera teatrale – esattamente come saranno i suoi oratori a venire – su libretto dello stesso Pamphilij e rappresentato privatamente con l’orchestra, la più sontuosa operante a Roma in quel periodo, del Cardinal Ottoboni: era nato il Trionfo del Tempo e del Disinganno.

Il genio sta nell’aver realizzato un oratorio didascalico-morale mantenendo però una struttura fortemente teatralizzata; una messa in scena senza scene, di meravigliosa pregnanza drammaturgica, con recitativi stringati e arie con strumento obbligato che non contravvengono al dettato della musica sacra ma strizzano inevitabilmente l’occhio a quella profana.

Al Teatro Malibran – per la Stagione del Teatro La Fenice – l’oratorio haendeliano viene affidato, per quanto riguarda la parte visiva, al Leone d’Oro per la Danza Saburo Teshigawara che in anni passati aveva dato ottima prova di sé mettendo in scena Dido and Æneas e Aci e Galatea, ma che purtroppo qui risulta parecchio deludente.

Il coreografo-danzatore giapponese opta per un allestimento minimalista all’eccesso fatto di uno spazio buio nel quale l’unica azione è affidata al movimento dei ballerini – per altro assai bravi – in rigoroso bianco e nero, chiamati a rendere visibile la musica attraverso movimenti tanto fluidi quanto ripetitivi e allo spostamento di tre cubi di tubolare metallico a simboleggiare le “monadi” di Piacere, Disinganno e Tempo.

In pratica un’esecuzione in forma di concerto con “sottotitoli” coreografati: allora non sarebbe stato preferibile un concerto tout-court, senza un continuo movimento che alla fine distrae dalla musica senza aggiungere nulla di interessante?

Non felicissimo neppure il versante musicale affidato alla direzione di Andrea Marcon – con lui l’Orchestra della Fenice in versione “parzialmente storicamente informata” che opta per tempi decisamente sostenuti e colori che pur apprezzabili non mettono in evidenza gli spunti di sensualità che la pagina suggerisce.

Nel cast vocale primeggiano Silvia Frigato, Bellezza di sfolgorante nitore e fraseggio tornito e Giuseppina Bridelli capace di disegnare un Piacere dalle agilità perentorie unite ad una costante ricerca di accenti.

Un po’ stanco il Disinganno di Valeria Girardello che comunque è protagonista di una prova nel complesso positiva, cosi come appare leggermente troppo stentoreo il Tempo disegnato da Krystian Adam.

Bravissimi comunque i danzatori: Rihoko Sato, Alexandre Ryabko, Javier Ara Sauco e lo stesso Teshigawara.

Alla fine applausi cordiali per tutti, più intensi per Frigato e Bridelli.

Alessandro Cammarano
(30 maggio 2023)

La locandina

Direttore Andrea Marcon
Regia, scene e costumi Saburo Teshigawara
Personaggi e interpreti:
Bellezza Silvia Frigato
Piacere Giuseppina Bridelli
Disinganno Valeria Girardello
Tempo Krystian Adam
Danzatori Saburo Teshigawara, Rihoko Sato, Alexandre Ryabko, Javier Ara Sauco
Orchestra del Teatro La Fenice

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