Firenze, 85° Festival del Maggio Musicale Fiorentino 2023: “Falstaff”

Firenze, Teatro del Maggio Musicale FiorentinoLXXXV Festival del Maggio Musicale Fiorentino
FALSTAFF
Commedia lirica in tre atti su libretto di Arrigo Boito, dalla commedia The Merry Wifes of Windsor” e dal dramma The History of Henry the Fourthdi William Shakespeare.
Musica Giuseppe Verdi
Sir John Falstaff MICHAEL VOLLE
Ford MARKUS WERBA
Fenton MATTHEW SWENSEN
Dr. Cajus CHRISTIAN COLLIA
Bardolfo ORONZO D’URSO
Pistola TIGRAN MARTIROSSIAN
Mrs. Alice Ford IRINA LUNGU
Nannetta ROSALIA CÍD
Mrs. Quickly ADRIANA DI PAOLA
Mrs. Meg Page CLAUDIA HUCKLE
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Daniele Gatti
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Regia Sven-Eric Bechtolf ripresa da Stefania Grazioli
Scene Julian Crouch
Costumi Kevin Pollard
Luci Alex Brok riprese da Valerio Tiberi
Video Josh Higgason
Allestimento del Maggio Musicale Fiorentino
Firenze, 21 giugno 2023
Il comparto operistico dell’85-esimo Festival del Maggio Musicale Fiorentino si congeda col “Falstaff” di Verdi, a conferma dell’affermazione di questo titolo nel repertorio del teatro, riproposto nella produzione dello scorso anno. Questa volta, però, il sipario si leva su un palco vuoto, nel silenzio. Quel silenzio che attenderà le future stagioni del Maggio se i vari organi della città non prenderanno opportuni provvedimenti a sostegno del teatro, come invitano a riflettere le parole dei lavoratori e delle lavoratrici del Maggio, che trovano immediata solidarietà da parte del pubblico. Peccato solamente che la concomitanza col concerto di Tiziano Ferro allo stadio abbia smorzato l’applauso della platea, in cui c’erano parecchie file vuote. A questa parentesi segue la vera alzata di sipario, che svela l’intelaiatura lignea, quasi da Globe Theatre, delle scene di Julian Crouch. L’allestimento è visivamente gradevole e ben corredato da dettagli funzionali alla regia di Sven-Eric Bechtolf (ripresa da Stefania Grazioli), il cui principale punto di forza sta nella stretta sinergia tra le parti coinvolge. La difficile alternanza tra interni ed esterni, ad esempio, viene risolta proiettando sull’imbastitura scenica principale alcune decorazioni a richiamo dei diversi ambienti della vicenda, come testimoniano le proiezioni damascate sulle pareti della casa di Ford o i motivi che riproducono il parco di Windsor. S’inizia, quindi, a comprendere la funzione dei video di Josh Higgason e delle luci di Alex Brok (riprese da Valerio Tiberi), a cui si deve la percezione del passare del tempo sull’originale veduta del Tamigi che fa da sfondo alla seconda parte dell’opera. Con la complicità delle luci, inoltre, la regia isola le effusioni d’amore di Nannetta e Fenton, durante le quali gli altri personaggi rimangono immobilizzati, a sottolineare la parallela sospensione dalla realtà in cui vive la sognante vicenda d’amore dei due giovani. Anche i curati costumi di Kevin Pollard fanno la loro parte, con scialli e cappelli più volte utilizzati per enfatizzare i tratti macchiettistici dei vari personaggi, concorrendo a creare l’impressione di un approccio metateatrale, ispirato dal continuo gioco dell’intelletto che caratterizza l’opera. La compagine orchestrale era guidata dalla mano esperta di Daniele Gatti, che opta per una lettura vibrante e al servizio delle peculiarità dell’agogica, trascinando con energia l’orchestra del Maggio fin dalla forma-sonata d’apertura. Concentrato sulle continue modulazioni cromatiche e sulla scorrevolezza della partitura, al direttore sfugge un po’ ciò che accade sul palco, poiché le tacche del metronomo e del volume impartite dalla buca non sono sempre state compatibili con le scelte degli interpreti, mentre maggiore è stata l’intesa con la professionale performance del coro preparato da Lorenzo Fratini. Una discordanza che non si è ripercossa sulla fuga buffa conclusiva o nei momenti di più pura cantabilità, ma che ha di frequente inficiato l’esecuzione dei brillanti declamati di cui l’opera è costellata. La compagnia di canto era indubbiamente capeggiata dal convincente Falstaff di Michael Volle, capace di coinvolgere l’audience grazie a una grande interiorizzazione del personaggio, per il quale sembra nutrire profonda affezione e attitudine, sia scenica che vocale. Lo strumento è in grado di aprirsi a momenti di maggiore maestosità, qui spesso abbandonati per ricercare le soluzioni vocali necessarie a dar vita alle sfaccettature del personaggio. Poco importa se la dizione risulta essere ancora migliorabile, se la risonanza timbrica produca qua e là qualche suono meno compatto o se il coinvolgimento scenico abbia prodotto qualche momento di maggior eccesso nell’apertura delle vocali, perché il baritono tedesco si cala nel ruolo esibendo un fraseggio accurato e dalla singolare sinuosità cromatica, entro una respirazione di grande controllo, sfruttata a fini invettivi. Analoga, per la convergenza tra intenti e resa vocale, l’originale Mrs. Quickly di Adriana Di Paola, la quale tratteggia una donna moralista e facile a scandalizzarsi, non troppo a suo agio con gli affondi della “reverenza”, ma sicuramente duttile nel porgere le rotonde frasi del registro meno grave, intrise di modulazioni che ben connotano uno stato d’animo di sotteso scetticismo nei confronti dello spudorato cavaliere. Addentrandosi nel cicalìo delle allegre comari di Windsor si è ascoltata con piacere la partecipativa Nannetta di Rosalia Cíd, promettente soprano leggero per via di un timbro soffice in acuto e non privo di un certo velluto nel registro medio-acuto, al quale si augura di affinare ulteriormente la tecnica vocale sullo stacco dei suoni tenuti e di ricercare maggiore creatività nelle variazioni d’intensità su frasi ricorrenti. Più sullo sfondo la leggera Meg di Claudia Huckle, mentre Irina Lungu dà l’impressione delle molte Alice Ford affrontate da affermati soprano lirico-leggeri che non hanno parimenti maturato un irrobustimento del registro medio-grave, su cui insiste la tessitura, ma lascia intravedere nitidi acuti e una recitazione di particolare eleganza. Nella media anche la restante controparte maschile. Il Ford di Markus Werba conferma l’autorevolezza e l’abilità scenica più volte riscontrata nei suoi ruoli, a fronte di un’esecuzione tecnicamente corretta, ma la cui fruibilità è intaccata da una proiezione perlopiù tenue. Piccola anche la voce di Matthew Swensen, il quale figura i motti d’amore di Fenton mantenendo una linea di canto piuttosto piatta. Infine, divertiti e accomunati da una spiccata verve caricaturale, Christian Collia (Dr. Cajus), Oronzo D’Urso (Bardolfo) e Tigran Martirossian (Pistola) ruotano con diligenza al cospetto di Falstaff, seppure con qualche intervento di alterna emissione. Generosi gli applausi del teatro del Maggio Musicale Fiorentino, fomentati dall’escamotage registico di far declamare a Falstaff il suo ultimo “tutti gabbati” con la sala a luci accese, a monito del comune rischio di cadere vittime di burle altrui.