Milano, Teatro alla Scala: “Cavalleria rusticana” & “Pagliacci”

Milano, Teatro alla Scala, Stagione d’Opera e Balletto 2023/2024
CAVALLERIA RUSTICANA
Melodramma in un atto su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci.
Musica di Pietro Mascagni
Santuzza SAIOA HERNÁNDEZ
Lola FRANCESCA DI SAURO
Turiddu YUSIF EYVAZOV
Alfio AMARTUVSHIN ENKHBAT
Lucia ELENA ZILIO
Una voce PATRIZIA MOLINA*
PAGLIACCI
Dramma in un prologo e due atti su libretto di Ruggero Leoncavallo
Musica di Ruggero Leoncavallo
Nedda IRINA LUNGU
Canio FABIO SARTORI
Tonio AMARTUVSHIN ENKHBAT
Beppe JINXU XIAHOU
Silvio MATTIA OLIVIERI
Un contadino GABRIELE VALSECCHI*
Altro contadino LUIGI ALBANI*
*Artisti del Coro del Teatro alla Scala
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Con la partecipazione del Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore Giampaolo Bisanti
Maestro del Coro Alberto Malazzi
Maestro del Coro di Voci Bianche Marco De Gaspari
Regia Mario Martone ripresa da Federica Stefani
Scene Sergio Tramonti
Costumi Ursula Patzak
Luci Pasquale Mari
Produzione Teatro alla Scala
Milano, 30 aprile 2024
Si celebra alla Scala questo irrinunciabile rito ditalianità, calamita di turisti e vecchie zie, accompagnate da nipotine-prima-volta ansiose di apprendere la trama dellopera man mano che la si esegue dalle implacabili loro mentori. Strumento perfetto di misurazione questo pubblico, liquido di contrasto ideale per analizzare le regie: entrambe di Mario Martone, riprese da Federica Stefani. Vince ovviamente la Cavalleria (Io lho vista lopera, e non è così!), in cui ad una grammatica molto di regiasi abbina un gusto autenticamente melodrammatico per lo spettacolo, con quellOttocento polveroso di cui, a teatro come al cinema, Martone è (stato) maestro. Qui la scena è tutta delle vivificanti luci di Pasquale Mari, che infiammano i costumi di Ursula Patzak. I Pagliaccidel cavalcaviaa confronto non sono più di un compito ben eseguito: con lelegante composizione scenica di Sergio Tramonti dietro una quarta parete che la regia vorrebbe forse abbattere, e vi apre invece una porticina. Per Pagliacci è l’attualizzazione la scelta più tradizionale, e questa di nuove luci non ne getta.
Per il dittico la Scala dispiega unarmata di grandi voci, e capitano di ventura in entrambi i titoli è Amartuvshin Enkhbat. Lo ripetiamo volentieri: ha voce di raro volume, di unico e personalissimo timbro, emissione soffice e generosa. Troppo aristocratico per un Compar Alfio, per un Tonio lo scemo? No: elegante il cantante, feroce linterprete. Il suo Prologo entra dritto dritto nel mito e nella storia per ricchezza e proprietà d’accenti accoppiati ai suoi irresistibili abbandoni di svenevole lirismo e alle sorprendenti solidità e proporzioni dei timbratissimi acuti: Santo subito. E con lui Comare Santa, detta Santuzza, nella formidabile voce di Saioa Hernández. Formidabile per volume, omogeneità del timbro lungo tutta lestensione, timbro che di per sé è magnifico, luccicante di liquide trasparenze, limpidissimo ma generoso, pieno, ricco di armonici. Sono due voci, e due Artisti, di cui il Teatro che voglia essere il migliore del mondonon può fare a meno.
Virtù di Yusif Eyvazov, è noto, non è la natura: e tuttavia. La voce è potentissima, dura ma flessibile, lemissione quasi violenta nella sua esuberanza, unita ad un vibrato piuttosto scoperto. Ma, con queste caratteristiche, risulta curiosamente scalogenica, nellacustica non ottimale del Piermarini. Per ascoltare il Brindisi a tempo non ci resta che sperare nella reincarnazione. Mamma Lucia è la mitica Elena Zilio, che non si sa se ammirare di più per come non dimostra i propri anni nella vita o per come li dimostra sulla scena. La voce è straordinaria ancorché “spezzatanellemissione come nella tarda Barbieri, e linterpretazione da manuale. Fresca e luminosa e piena la bella voce di Francesca di Sauro, Lola. L’altro pagliaccio che fa il plurale del titolo (dopo il protagonista baritono cui nei paesi civilizzati, qui no, spetta lultima battuta) è Fabio Sartori, altra voce deccezionale caratura. Lo smalto ha inevitabilmente perso un podella sua lucentezza, ma non il suo glorioso squillo, e in più fraseggio e accento sono sempre significativi. Quella di Irina Lungu è una Nedda d’un bel lirismo, che convince anche nellinterpretazione misurata e credibile. Il suo atletico Silvio è Mattia Olivieri, atletico anche nella voce, turgida e luminosa, e naturalmente ottimo attore. Jinxu Xiahou, benché non manchi di voce, è un Peppe/Arlecchino un potimido. Quella di Giampaolo Bisanti, interprete più del proprio ruolo che della musica, è una direzione che fatica a trovare il plauso di chi non vede alcun legame di proporzionalità fra decibel e intensità interpretativa. Ci sono lodevoli indugî di cui il canto possa approfittare, ma manca quel fascino cromatico che tanto gioverebbe a queste due partiture. Sempre in forma il coro scaligero del Maestro Alberto Malazzi, spettacolarizzato sulla scena. Ph. Teatro alla Scala / Brescia – Amisano