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Drottningholm è la residenza “fuori porta” dei reali di Svezia, un po’ la Versailles di Stoccolma, con le dovute proporzioni. C’è un castello e dei giardini molto belli, e poi c’è un teatro. Un meraviglioso teatro barocco, che loro sostengono essere l’unico teatro barocco rimasto in piedi nella sua forma originale, in Europa (il che è sicuramente falso). Comunque il teatro è bellissimo, piccolo (400 posti), con panche scomodissime. E’ un teatro molto legato alla storia dell’opera, anche perché è stato costruito dal re Gustavo III di Svezia, grande patrono della musica, ma soprattutto è il re morto accoltellato nel teatro dell’opera di Stoccolma, la cui storia fu raccontata ne Il ballo in maschera di Verdi. Ogni estate fanno una stagione operistica, ovviamente principalmente opere barocche, e Mozart.

Quest’anno sono finalmente andata a vedere un Don Giovanni, che, mi sono resa conto, non vedo dal vivo da almeno 15 anni (ma che meraviglia è, la musica di Don Giovanni?). La messa in scena era semplice, anche per rispettare le limitazioni del teatro. L’idea era quella di avere un teatro nel teatro, con un secondo “palco” sul palco. <sarcasmo> Oh, che idea originale! Mai nella mia vita avevo visto una cosa del genere! Il regista è un genio! </sarcasmo> Insomma, una cosa stravista, ma lasciamo perdere.

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Finale del primo atto

L’orchestra era quella del teatro, che raccoglie musicisti locali, con strumenti originali. Il direttore era Marc Minkowski, uno specialista che suona in tutto il mondo. Ha preso dei tempi un po’ alla garibaldina, troppo veloci per me, fortunatamente non sempre. Aveva in generale un impeto, una corsa interiore molto trascinante, ma a volte un po’ travolgente, per i cantanti, che a tratti arrancavano. A parte questo, la sua direzione mi è piaciuta moltissimo, e l’orchestra si è rivelata ottima. Un bel suono, dei bei dettagli, un’ottima concertazione. Hanno fatto la versione di Praga, senza Dalla sua pace e senza Mi tradì quell’alma ingrata.

I cantanti erano tutti perfetti sconosciuti, per me, e, in generale sono rimasta piacevolmente sorpresa, con un’eccezione di cui parlerò in abbondanza. Il livello era globalmente molto alto, e la rappresentazione è stata gradevolissima. Tutti giovani, belli e freschi. Tutti mancavano un po’ di stile e di legato, ma veramente belle voci.

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Atto I, scena I

Cominciamo da lui, Don Giovanni, Jean-Sébastien Bou, un francese con una voce un po’ deboluccia, specialmente nel registro grave. Una bella voce, un buon fraseggio, ha dato il meglio di sé nelle parti liriche: un’ottima serenata, e uno dei più bei Là ci darem la mano che abbia mai sentito (e io ho sentito Samuel Ramey!). Veramente notevole. Ha anche recitato bene, e il personaggio è venuto fuori ma solo a tratti.

Leporello era Robert Gleadow, che ha cantato al MET, alla Royal Opera House a Londra, dappertutto, quindi proprio una ciofeca non sarà. Però io ho avuto una reazione viscerale fortissima a questo cantante, è da quando ho sentito Alagna dal vivo che un cantante non mi fa venire un nervoso così. L’ho detestato. La voce c’è, forte, potente, e anche di buon timbro, se devo dire la verità. Ma canta come un cane latrante alla luna. Non ha la minima eleganza, il minimo stile, un ghiozzo tremendo. Prima di tutto, sbaglia tutta la dizione italiana. Ma non perché’ non ci provi eh, non è che pronuncia come Don Lurio. È che ci prova troppo. Cerca di pronunciare all’italiana, finisce per strafare, e il risultato è tipo Peter Griffin in Family Guy.

La mia prima insegnante di canto diceva che ogni cantante deve trovare la sua “A”: bisogna trovare la vocale giusta, la “A” giusta su cui cantare. Ecco, questo qui la sua A l’ha trovata in un bidone della spazzatura. E’ sguaiata, troppo aperta, fa schifo. Poi ruggisce in continuazione, nei recitativi, ma anche nelle arie! E con “ruggisce” intendo che mentre canta raspa con la gola tipo Riccardo Cocciante prima maniera. Probabilmente crede che sia divertente, e gli hanno detto che Leporello è un personaggio buffo, quindi fa quello che può per divertire. Insomma una rovina. C’è anche da dire che (e non è colpa sua) il regista lo ha usato come un clown, e lui ci si sbrodola in una parte così, si rotola per terra, urla, fa le facce, una cosa senza misura e senza senso. Il “catalogo” era scritto sulla sua pelle, cioè il “libro” era lui, che durante l’aria si spoglia pezzo pezzo, mostrandoci tutti i nomi scritti sulle braccia, sulla schiena, finche’ si tira anche giù le mutande e ci mostra il sedere. Pubblico in delirio. Lo hanno adorato, è stato il più applaudito. Non ho avuto la forza di buarlo.

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Donna Elvira e Leporello nell’aria del catalogo

Passiamo oltre.

Donna Anna e Donna Elvira migliori in campo. Donna Anna era interpretata da Ana Maria Labin, dalla Romania, mentre Donna Elvira era Marie-Adeline Henry, francese. Entrambe voci molto belle, la Henry più scura e più potente nel registro centrale, ma entrambe con acuti splendidi e un fiato fenomenale. Entrambe anche giovani e belle, e di ottima presenza scenica. Purtroppo non abbiamo potuto sentire la Henry in Mi tradì quell’alma ingrata, ma entrambe le sue arie sono state molto riuscite. Lo stesso per la Labin: le sue arie veramente bellissime e di grande effetto. Entrambe, secondo me, mancano un po’ di fraseggio, stile ed emozione, ma sono molto giovani. Le voci sono veramente notevoli.

Il tenore Stanislas de Barbeyrac era Don Ottavio: una voce non molto caratterizzata, ma intonata, con facili acuti e buona coloratura. Forse un po’ troppo chiara, ma non sottilizziamo.

Chiara Skerath, nella parte di Zerlina, era una dei cantanti più famosi in scena, ha cantato perfino a Salisburgo (come fanciulla-fiore nel Parsifal). Mi è piaciuta, ma a mio gusto la Labin e la Henry erano nettamente meglio. Forse ha la voce un po’ metallica, e io ho poca tolleranza.

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Masetto e Zerlina

Per ultimo voglio citare il giovanissimo basso Krzysztof Baczyk, che ha interpretato sia il Commendatore sia Masetto, e mi è piaciuto tantissimo. Ha solo 26 anni, e secondo me potrebbe diventare bravissimo. E’ l’unico che mi ha dato una sensazione di eleganza, e sembrava dare un senso alle parole. Staremo a vedere come continua.

3 pensieri riguardo “Don Giovanni – Drottningholm Slottsteater

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