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Ho comprato questo biglietto quasi un anno fa, quando Joyce DiDonato ha annunciato il suo tour europeo di Ariodante in concerto. Non ho mai sentito la DiDonato in Haendel, e quindi pregustavo. Ahimè, ha disdetto qualche mese fa, a causa di un intervento chirurgico programmato. Ho deciso di andare lo stesso perché:

  1. Ariodante!!!
  2. la sostituta era Alice Coote, una cantante che non ho mai sentito dal vivo, ma in registrazione mi è sempre piaciuta molto.

Era una rappresentazione in forma di concerto, che è diventata semi-messa in scena; confermo la mia opinione che queste sono le opere che preferisco. Non ne posso più di tutte le corbellerie delle produzioni moderne; un’opera in forma di concerto, ma un po’ recitata, riesce a dare un’idea delle abilità dei cantanti come attori, e riesce a coinvolgere il pubblico, senza diventare Star Trek nel mezzo di un atto, o robe del genere.

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Alice Coote (Ariodante)

L’orchestra era The English Concert, diretta da Harry Bickett, sono stati eccezionali. Un’incredibile precisione e senso d’insieme, sono riusciti a esprimere una notevole gamma di colori ed emozioni diverse: come ha detto la mia tweep Marina, a tratti l’orchestra raccontava la storia meglio dei cantanti. Tutto ciò avveniva senza coprire i cantanti stessi, ma sempre lavorando insieme a loro. C’è stato un momento, in Con l’ali di costanza, dove Coote aveva bisogno di prendere fiato per un momento un po’ più lungo di quanto il tempo velocissimo preso dal direttore potesse consentire. Hanno respirato tutti insieme, hanno fatto una micro-pausa tra una misura e l’altra, e sono andati avanti senza battere ciglio. E tutto ciò con la cantante di fronte all’orchestra, che quindi non vedeva il direttore, il quale, comunque, stava suonando il clavicembalo. Sì, mi rendo conto che una cosa così l’hanno sicuramente provata, ma CAZZAROLA!

In particolare ho notato i violoncelli e il contrabbasso (ero seduta in seconda fila, sulla destra, quindi era difficile non notarli). Recentemente ho sentito diverse orchestre barocche dove i violoncelli e i contrabbassi colpiscono gli strumenti come fossero percussioni. Questo risulta in una tecnica interpretativa efficace, e, per quanto ne so, non è fuori stile, però alcuni esagerano (Petrou, ti bado). Qui usavano questo tipo di tecnica, ma con un’eleganza, un senso della frase, e un’intelligenza musicale veramente incredibili. Bravi!

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Sonia Prina (Polinesso) e Mary Bevan (Dalinda)

Alice Coote era Ariodante. Come dicevo, la ascoltavo dal vivo per la prima volta, e ne sono uscita con un’impressione variegata. E’ chiaramente una cantante handeliana di esperienza: sa tutti i trucchi, ed è molto sicura. Ha anche mostrato alcuni limiti. La coloratura è brillante, ma i tempi veloci scelti dal direttore l’hanno veramente tirata al limite, specialmente in Con l’ali di costanza, che dev’essere l’aria più difficile scritta da Haendel, ed è stata tagliata (stessi tagli fatti dalla DiDonato nella stessa rappresentazione alla Carnegie Hall). La cosa peggiore era il respiro. Le mancava, a tratti, e (come risultato, credo) la voce risultava piena d’aria, un po’ “vuota”, come se non fosse impostata a dovere. Ha un colore molto bello, quando la voce viene fuori piena e rotonda, ma non succede sempre. Per dovere di cronaca, ho anche sentito che sta riprendendosi dalla varicella, quindi forse non stava benissimo. Con tutto ciò il suo Scherza, infida è stato bellissimo, e così pure Cieca notte, commovente e coinvolgente.

Ginevra era Christiane Karg, un soprano con una voce brillante, e una coloratura sicura e convincente, magari un po’ stilizzata. Il colore della voce è la cosa che mi ha convinto meno: la voce brilla, ma senza bronzo, il che in se’ non è un difetto (Mariella Devia non ha bronzo nella voce, ma deh), ma questo dà una sensazione di freddezza e distacco. Anche il fatto che leggesse dallo spartito quasi in continuazione ha contribuito al senso di distacco. Ha fatto un buon lavoro nelle arie di lamento, quindi non è che non riesca a comunicare emozioni. Non lo so. La devo sentire ancora.

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La mia cocca Sonia Prina era Polinesso! Lo devo dire di nuovo: adoro questa donna. Ha una tecnica molto strana nella coloratura, ci vuole un po’ per abituarcisi, e la voce a volte prende un colore un po’ stridente. Quindi, un sacco di criticoni, ma noi della Squadra Prina c’importa assai. Mi piace veramente molto la sua interpretazione di Polinesso. Si tratta di un personaggio unidimensionale, un cattivo dei cartoni animati, l’elemento chiave di una trama veramente idiota. Prina non cerca di renderlo più umano, di empatizzare con lui. Lo rappresenta esattamente com’è scritto: un cattivo che progetta schemi criminali ridicoli. Lei trova e sottolinea dei dettagli che, in effetti, sono nella musica, ma non nel libretto, strettamente parlando, e lo rendono ancora più odioso. Mi riferisco alle sue tecniche di seduzione. Il suo Polinesso è un perfetto “Pick-up artist” quella razza di semi-criminali che su Internet teorizzano e insegano tecniche per “fregare” le donne e riuscire a portarsele a letto anche se non vogliono (gugolate e schifatevi). Il Polinesso della Prina ride e congeda con supponenza il fermo e chiaro rifiuto di Ginevra come fosse il capriccio di un bambino. Quando Dalinda gli confessa di amarlo, lui usa la sensualità e la violenza per assicurarsi la sua lealtà, e usarla per il suo piano criminoso. Il Polinesso della Prina è la perfetta incarnazione di questo atteggiamento sessualmente violento e disumanizzante, e la sua aderenza a questa interpretazione è totale.

Dalinda era la giovane Mary Bevan, una bellissima sorpresa! La sua voce era probabilmente la più bella della serata: il colore è intenso, ha una gamma ampia di dinamiche e ottimo fraseggio. E una coloratura sfolgorante! Il suo Neghittosi ha entusiasmato il pubblico.

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Christiane Karg (Ginevra) e Alice Coote (Ariodante)

Il padre di Ginevra, e re di Scozia, era Matthew Brook. Ha una bella voce agile di basso-baritono, con lo stile giusto. Ha anche il physique du rôle. E’ stato uno dei cantanti che, insieme a Prina, ha cercato di recitare un po’ di più, con risultati un po’ vari. Globalmente la sua interpretazione mi è piaciuta: ha rappresentato un padre distrutto dalla notizia della morte di Ariodante, a causa dei facili costumi di sua figlia (era tutto un malinteso dovuto a Polinesso, naturalmente). La sua disperazione era palpabile nella sua recitazione, che pur non disturbava il canto.

Il tenore David Portillo era Lurcanio, il fratello di Ariodante. La sua voce è forte e agile e ha una proiezione che arriva fino a fuori Londra. Secondo me sarebbe un tenore rossiniano ragionevole, se volesse. Aveva un vestito di un grigio che tende all’azzurro e scarpe marrone chiaro, ma non ce l’ha una fidanzata, un amico gay, qualcuno che gli spieghi questi sfondoni? La sua prova mi è piaciuta molto, ha davvero uno strumento potente e il personaggio (un po’ fiacco) di Lurcanio è venuto fuori in tre dimensioni.

Voglio nominare Bradley Smith nel piccolissimo ruolo di Odoardo: ha solo qualche frase, ma ha veramente fatto uno sforzo e ha cercato di rendere al massimo.

Quindi, alla fine, sono molto contenta di aver visto questo Ariodante. Però Sarah Connolly in questo ruolo rimane la regina del mio cuore.

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