“Le Nozze di Figaro” all’Opera di Roma

Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2017/2018
“LE NOZZE DI FIGARO”
Opera buffa in quattro atti, Libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Il Conte di Almaviva ANDREY ZHILIKHOVSKY
La Contessa di Almaviva FEDERICA LOMBARDI
Susanna  ELENA SANCHO PEREG
Figaro VITO PRIANTE
Cherubino MIRIAM ALBANO
Marcellina PATRIZIA BICCIRÈ
Don Bartolo  EMANUELE CORDARO
Don Basilio ANDREA GIOVANNINI
Don Curzio MURAT CAN GUVEM*
Barbarina  DANIELA CAPPIELLO
Antonio GRAZIANO DALLAVALLE
Prima contadina ARIANNA MORELLI
Seconda contadina ANGELA NICOLI
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Stefano Montanari
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Graham Vick
Scene e Costumi Samal Blak
Movimenti coreografici Ron Howell
Luci Giuseppe Di Iorio
Nuovo allestimento
Roma, 10 novembre 2018
Spettacolo conclusivo della stagione in corso Le Nozze di Figaro di Mozart, affidato alla direzione di Stefano Montanari ed alla regia di Graham Vick. Scampati a razzismo, inquinamento, omofobia e quant’altro eccoci ad una regia sempre a tesi, che vuol sottolineare il ruolo coercitivo  del mondo maschile su quello femminile e probabilmente più in generale il tema dell’abuso di potere da parte delle classi dominanti sui meno abbienti. A questo proposito è stata compiuta la scelta di una ambientazione contemporanea probabilmente nell’idea di ritenere tutt’altro che vinta questa importante battaglia sociale che si svolge con impegno e fortune alterni dal 1789 ad oggi su istanze illuministe e liberali. In omaggio alla locuzione “avere un elefante nella stanza” in voga dalla seconda metà del secolo scorso nella lingua inglese, forse non così immediatamente presente al pubblico italiano, che intende indicare un qualche cosa a tutti evidente ma del quale nessuno vuol parlare per imbarazzo, tabù sociali o quant’altro, un colossale elefante incombe sul palcoscenico con un effetto che ricorda un po’ il film Jumanji del 1995.  Facendosi strada nella parete della stanza da letto della Contessa, il pachiderma irrompe progressivamente sulla scena e gli ultimi due atti si svolgono praticamente fra le sue  enormi zampe tra le quali i personaggi apparentemente si aggirano non è dato di sapere se ignari o indifferenti, nonostante una delle quattro sia minacciosamente alzata come a volerli schiacciare. L’idea di imprimere un taglio così personale alla concezione dell’allestimento di un’opera pensata e strutturata da un altri può destare perplessità sotto il profilo di una metodologia di lavoro, al di là del fatto di condividerne o meno l’orientamento ideologico e dell’oggettivo risultato in palcoscenico poiché rischia di limitarne la grandezza riducendone il valore universale. Invece questa messa in scena è apparsa nonostante le premesse assai in sincronia con il ritmo della partitura, scorrevole e a tratti anche divertente. Evidentemente molto accurato è stato il lavoro svolto sulla parola, sul rapporto tra prosodia della lingua italiana, ritmo della musica e movimenti dei personaggi anche se forse maggior attenzione poteva essere posta nel differenziare meglio la gestualità delle assai diverse classi sociali che il testo prevede di rappresentare. Molto brutti e inutilmente volgari sono viceversa apparsi i costumi. Anche oggigiorno c’è chi veste con gusto, i signori esistono ancora e non sono affatto rappresentati dai nouveau riche o da certi stereotipi del benessere. Il direttore Stefano Montanari, dall’aspetto assai disinvolto, ha anche lui impostato la lettura musicale essenzialmente sul ritmo, sacrificando forse qualche colore della ricca tavolozza offerta dalla partitura e di fatto non inserendosi, semplificando molto, né nel solco delle letture “romantiche” nè di quelle “barocche”, senza tuttavia trovare una cifra personale musicalmente definita. Però molto buoni sono parsi il rapporto e la sintonia con il palcoscenico, assai funzionali ed in linea con la regia. Buona la prova del coro diretto dal maestro Roberto Gabbiani.
E veniamo agli interpreti dei numerosi ed importanti personaggi di questa complessa partitura. Andrey Zhilikhovsky con voce dal bel colore ma poco sonora nel grave ha realizzato un ritratto del Conte un po’ a senso unico probabilmente secondo l’impostazione della regia ma nel complesso convincente. Federica Lombardi con splendido colore vocale, ampiezza e nobiltà di fraseggio ha delineato una Contessa intensa, credibile e a tratti anche commovente soprattutto nella seconda aria dove ha trovato accenti di grande eleganza e significatività. Appropriata  vocalmente e sul piano interpretativo la Susanna di Elena Sancho Pereg che però sembra restare come in superficie rispetto al personaggio. Corretto, ma incolore il Figaro di Vito Priante. Assai applaudito  il Cherubino di Miriam Albano,  cantato con voce omogenea e gradevole nel timbro e interpretato con sincera simpatia, senza cadute di gusto. Bravi sono parsi anche Emanuele Cordaro, Andrea Giovannini, Patrizia Biccirè e Daniela Cappiello rispettivamente Don Bartolo, Don Basilio, Marcellina e Barbarina. Si sono rivelati tutti di ottima professionalità gli interpreti delle altre parti minori. Alla fine lunghi e festosi applausi per tutti. Foto Yasuko Kageyama