L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La voce dell'ossessione

 di Giuliana Dal Piaz

La messa in scena non rende appieno l'energia teatrale della musica e la stessa protagonista Christine Goerke convince più come cantante che come attrice in un'edizione dell'opera di Richard Strauss magistralmente diretta da Johannes Debus.

TORONTO, 31 gennaio 2019 - Una splendida orchestra di centocinque elementi per questa tragedia in un atto di Strauss, magistralmente diretta da Johannes Debus; il coro dell’opera di Sofocle sostituito dalle cinque ancelle della scena iniziale, mentre lo si ascolta in tutta la sua potenza solo alla conclusione della vicenda; una scenografia, originalmente dominata da un forte espressionismo ora relativamente ridimensionato, che si ripresenta dalle due precedenti edizioni (1997 e 2004) alla stessa Canadian Opera Company: è una struttura che solo in parte rispetta l’idea originale di uno scenario all’esterno del palazzo reale di Micene, giacché la sezione del palcoscenico in cui appare Elettra all’inizio dell’opera suggerisce piuttosto, con scarsa coerenza, un ambiente da soffitta ingombra di cianfrusaglie e vecchi ricordi.

È un’opera tutta al femminile, ambientata in un mondo indefinito di fine ‘800. Nella presentazione dell’evento, il regista James Robinson sottolinea le differenze psicologiche tra le tre donne protagoniste: Klytaemnestra, perseguitata dal ricordo del vecchio delitto; Chrysothemis (personaggio che non compare in Sofocle ma è introdotto da Hofmannstahl), che aspira a fuggire da quella casa/prigione per avere una vita di donna normale; ed Elektra, prigioniera del suo desiderio di vendetta.

Strauss, espressionista e “moderno”, crea una partitura che allarga la tonalità con dei momenti quasi atonali nei passi più drammatici. Dà grande spazio ai motivi legati ai personaggi, soprattutto quello di Agamennone che pervade insistentemente l’intera opera fin dall’attacco di Elektra "Allein! Weh ganz allein"; il motivo di Elektra risuona invece come un accordo bitonale dissonante, quasi simbolizzando il suo squilibrio psichico, e infine quello di Oreste sembra sovrapporsi a quello di Agamennone, angosciosamente martellante al momento del delitto.

Com’è noto, già Sofocle prospettava Elettra come il dramma di un’ossessione: il devoto ricordo e persistente amore del padre, nella protagonista, e il suo odio per la madre, che lo ha assassinato e rimpiazzato col debole Egisto. Nasce da qui nel mondo freudiano il “complesso di Elettra”, controparte al femminile di quello edipico. Il libretto di von Hofmannstahl, molto bello e poetico ma certamente influenzato dalla nuova visione psicanalitica, accentua gli aspetti tutti interiori al personaggio. Come infatti faceva notare a suo tempo Patrice Chéreau, creatore di una celebre produzione della stessa opera, l’Elektra di Hofmannstahl è in qualche modo l’equivalente dell’Amleto shakespeariano: tormento interiore, ansia di vendetta, ma nessun’azione, nessun riferimento alla passata realtà familiare e politica, nemmeno un’eco del mito degli Atridi maledetti dal Fato e dagli Dei. E alla fine, come per Amleto, non è lei che compie l’auspicata vendetta, ma lo fa tramite Oreste, che se ne assume l’esecuzione materiale, e il fato conseguente di perseguitato dalle Erinni.

Salutata come una magnifica produzione da pubblico e critica locale, ho trovato invece quest’Elektra abbastanza deludente perché il dramma è tutto solo nella splendida musica, ma sul palcoscenico esso si esprime in modo fiacco, quasi solo tramite i continui andirivieni della protagonista. Puerile – ma non è responsabilità dell’interprete – il rappresentare con un cavalluccio a dondolo la potente evocazione del massacro di cavalli e cani al funerale di un gran Re. Il soprano wagneriano Christine Goerke ha una voce dalla giusta potenza, con una buona gamma di colori, ma non è attrice convincente e la sua recitazione è carente di sfumature. Il suo "Schweig und tanze!" (Taci e danza!) finale mi è parsa teatralmente molto debole.

Scontata la gestualità di Chrysothemis/Erin Wall, che si gingilla con una bambolina di pezza in "Ich kann nicht sitzen und ins Dunkel starren" (Non posso starmene seduta a fissare l’oscurità): la conoscevo come un’ottima Arabella e una dignitosa Contessa di Almaviva, ma qui tende a sforzare troppo la voce negli acuti sfiorando lo strillo. Vocalmente e teatralmente bravo il basso tedesco Schwinghammer e senza sbavature l’interpretazione di Klytaemnestra da parte del soprano Susan Bullock, che nel 2007 aveva invece il ruolo di Elettra, nel suo "Ich habe keine guten Nächte" (Non conosco notti buone...), sfumata e vulnerabile.

Vocalmente adeguato anche il resto del cast, al quale non si richiedono particolari doti di recitazione; il tenore Michael Schade/Aegisth è soddisfacente anche da questo punto di vista nella brevissima scena in cui Elektra gli illumina volenterosamente l’ingresso alla scena del massacro.

Foto di scena di Michael Cooper

Giuliana Dal Piaz

ELETTRA – Stagione 2018-19 della Canadian Opera Company. Four Seasons Centre for the Performing Arts, Toronto (26 gennaio-22 febbraio). Prima rappresentazione: 1909. Musica di Richard Strauss (1864-1949). Libretto di Hugo von Hofmannstahl, dalla tragedia di Sofocle. Direzione: Johannes Debus. Regia: James Robinson. Scenografia: Derek McLane. Costumi: Anita Stewart. Luci: Mimi Jordan Sherin. Direzione del Coro: Sandra Horst. Orchestra e Coro della Canadian Opera Company.

Personaggi e interpreti:

Elektra – Christine Goerke

Chrysothemis – Erin Wall

Clitennestra – Susan Bullock

Orest – Wilhelm Schwinghammer

Aegisth – Michael Schade

Ancella 1 – Jill Grove

Ancella 2 – Simona Genga

Ancella 3 – Lauren Segal

Ancella 4 – Tracy Cantin

Ancella 5 – Lauren Eberwein

Governante – Alexandra Loutsion

Confidente di Clitennestra – Simone Macintosh

Cameriera di Clitennestra – Lauren Margison

Giovane servo – Owen McCausland

Vecchio servo – Thomas Goerz

Tutore di Oreste – Michael Druiett


 

 

 
 
 

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