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Il “Circo itinerante” di Joyce Di Donato, nel suo tour europeo, ha piantato le tende a Londra, al Barbican, dove si è tenuta una rappresentazione della splendida opera di Handel in forma di concerto. In realtà si trattava di una forma semi-scenica, perché i cantanti hanno recitato notevolmente. Ma cominciamo dall’orchestra: Il pomo d’oro, diretto da Maxim Emelyenchev al clavicembalo. Sono fantastici. Il suono, la precisione, il fraseggio. Emelyenchev è piuttosto esplicito come direttore, si muove molto, è un piacere guardarlo. Dimostra circa 12 anni, ma la sua orchestra chiaramente si fida di lui e segue la sua guida forte e sicura. Il continuo, una meraviglia, il violoncello in particolare, mi ha fatto sdiliquire.

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Joyce Di Donato

La trama racconta di intrighi politici a Roma nel primo secolo d.C. Viene annunciata la morte dell’imperatore Claudio durante la campagna britannica; sua moglie Agrippina coglie l’occasione al volo e riesce a mettere Nerone, suo figlio (da un precedente matrimonio), sul trono. A questo scopo assolda i suoi due spasimanti, Narciso e Pallante, che la aiutano credendo ognuno che lei lo sposerà. Claudio non era affatto morto, e torna all’improvviso, cosicché Nerone viene di nascosto  detronizzato. Ottone, uno dei generali di Claudio, è stato quello che gli ha salvato la vita, quindi l’imperatore decide di lasciare a lui il trono, come ringraziamento. Agrippina è disperata, e inventa nuove bugie e macchinazioni per far cadere Ottone dalle grazie di Claudio. Ottone è innamorato, ricambiato, di Poppea, che è anche oggetto dei desideri di Claudio e Nerone. Ottone confida ad Agrippina le sue pene d’amore, chiedendole di intercedere con Poppea in suo favore; Agrippina ovvimanete dice a Poppea che Ottone la tradisce, e l’ha “concessa” a Claudio in cambio del trono.

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Franco Fagioli e Joyce Di Donato

Poppea è disperata, e, su consiglio di Agrippina, dice a Claudio che Ottone la vuole sedurre, e, reso arrogante dal suo nuovo stato di futuro imperatore, le proibisce di vedere Claudio. Claudio è furente, accusa Ottone di tradimento, gli toglie l’alloro promesso, e lo svergogna davanti a tutti. Nessuno gli offre supporto, e Ottone è disperato. A questo punto le cose si fanno strane. Narciso e Pallante si parlano e si rendono conto che Agrippina li sta manovrando l’uno contro l’altro. Poppea parla con Ottone (l’unica opera al mondo in cui i due amanti ingannati SI PARLANO ed evitano ulteriori tragedie) e si rende conto che Agrippina ha mentito per i suoi scopi. Quindi Poppea si vendica, in uno strano gioco di uomini nascosti dietro sedie e poltrone degno de Le nozze di Figaro. Alla fine le macchinazioni di Agrippina vengono rivelate, ma lei riesce a rivoltare la frittata a suo favore. Claudio, conscio di non essere senza colpa (dopotutto correva dietro a Poppea), decide di perdonare tutti, Ottone e Poppea si sposano, e Nerone sarà il suo successore (Ottone non era particolarmente interessato al soglio, comunque), e lui e Agrippina vivranno per sempre felici e contenti. Più o meno.

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I cantanti sono stati tutti bravissimi: il livello di questo cast era incredibile. Hanno dato un’interpretazione sentita; sono riusciti a raccontare la storia molto bene, nonostante (o forse proprio per) la mancanza di scenografie e “interpretazioni registiche”. Da grandi professionisti quali sono, capiscono il personaggio e sanno come renderlo vivo e reale. L’interpretazione era vivace, originale, piena di sfumature, molto più che in tante opere messe in scena da un regista ignorante (sì, sto guardando te, Peter Sellars).

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Joyce Di Donato e Franco Fagioli (Agrippina e Nerone) hanno dato spettacolo. Da ridere a bocca aperta, non sono mai usciti dal personaggio, nemmeno quando gli applausi e gli urli dopo un’aria particolarmente riuscita non ne volevano sapere di calmarsi, ,nemmeno quando si sedevano a bordo del palco mentre gli altri cantavano. Di Donato ha usato i suoi occhiali da lettura come strumento di comunicazione durante tutto lo spettacolo: grattandosi la testa con una stanghetta, guardando gli altri da sopra gli occhiali, mangiucchiandoli mentre era soprappensiero. Ci si identificava facilmente con la sua impazienza verso tutti gli uomini imbecilli di cui era circondata; non dimenticherò mai certi suoi accenni ad alzare gli occhi al cielo di nascosto. Fagioli ha dato vita a un ragazzotto debole, viziato, non particolarmente intelligente, un vigliacchetto completamente soggiogato da una madre tanto potente. Aveva costantemente un’espressione tra il losco, la malizia e il terrore/eccitazione. Riusciva a distogliere l’attenzione dagli altri cantanti anche quando stava sulla sua sedia a fare niente, semplicemente guardandosi intorno con quella faccetta un po’ laida. Alcune delle scenette tra di loro erano esilaranti e lui, in generale, ha mostrato una vena comica notevole, divertendosi anche un mondo. Aveva anche il paio di scarpe più scandaloso mai visto, rosso brillante.

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Musicalmente, la Di Donato mi è sembrata in forma migliore di quando l’ho sentita l’ultima volta nella Semiramide a Monaco: nessuno sforzo negli acuti, solida nella coloratura, fantastica nell’unica aria emotivamente impegnativa: “Pensieri”. Fagioli era al suo solito pirotecnico : ha una coloratura semplicemente incredibile, e la tessitura così alta gli si addice perfettamente, anche lui sicurissimo negli acuti.

Ottone era Xavier Sabata, che sostituiva Marie-Nicole Lemieux. Mi sarebbe molto piaciuto sentire la Lemieux come Ottone, ma Sabata è stato uno dei migliori in scena. Non l’ho mai sentito cantare così bene. Ha una voce meno penetrante e proiettata di Fagioli, e anche meno profonda e ricca di colori, ma è stato bravissimo. Sicuro nella coloratura e negli acuti, molto compreso nel personaggio; la sua aria larmoyant “Voi che udite il mio lamento” è stata, per me, il punto più alto della serata. Il fraseggio, il leggero singhiozzo nella voce, il dialogo con i violini. Mamma mia. Bravo Xavi!

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Franco Fagioli e Xavier Sabata

Elsa Benoit sostituiva Kathryn Lewek, che ha appena avuto un bambino, nel ruolo di Poppea, e questa è la sostituzione che più temevo. Lewek è un genio, con una voce molto particolare, profonda. Benoit è bravina. No, per carità, voce acuta, brillante, argentina, ce le ha tutte. Ma è un po’ monocroma, canta tutto un po’ allo stesso modo. Anche i suoi tentativi di recitazione era molto sottotono, e meno interessanti di quelli dei suoi colleghi. Non è stata una delusione, perché ha cantato veramente bene. Però insomma.

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Luca Pisaroni ed Elsa Benoit

Luca Pisaroni è stato anche lui leggermente deludente, devo dire. La coloratura non è sembrata perfetta, e non ha le note basse necessarie in “Cade il mondo” (ci ha girato attorno con professionalità, comunque). Canta un po’ troppo spesso nel naso, ed è risultato un po’ legnoso,  in scena. Claudio non è che sia un gran personaggio, ma Pisaroni si è sempre e solo affidato alla sua (effettivamente notevole) presenza scenica per comunicare l’autorità dell’imperatore. OK, non era poi così male, canta bene, la voce è bella, sono una cagamillimetro.

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Joyce Di Donato e Carlo Vistoli

Narciso e Pallante erano il controtenore Carlo Vistoli e il basso Andrea Mastroni. Vistoli sostituiva Orlinski; la voce è morbida e canta molto bene, ma diciamo che è un altro passo più lontano dalla profondità e la tavolozza di Fagioli. Lo ricordavo meglio nell’Orlando Furioso di Vivaldi a Venezia, forse non era in serata. Mastroni ha uno strumento potente, e secondo me avrebbe interpretato un Claudio migliore di quello di Pisaroni. Non elegantissimo, forse, ma efficace, anche nella coloratura. E per ultimo voglio citare anche Biagio Pizzuti, che ha fatto benissimo come Lesbo, il servo e mezzano di Claudio. Ha una voce baritonale molto gradevole, e un grande senso dell’umorismo: i suoi tempi comici sono perfetti.

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Metà dei miei amici operistici di Twitter erano lì, più la mia amica blogger Dehggi (qui la sua recensione), siamo andati fuori a bere fino alle ore piccole e mi sono divertita COME UNA PAZZA.

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