Una prima così mediatica non si vedeva da anni. Questa è la considerazione che emergeva tra il pubblico dell’Arena di Verona ieri sera alla serata inaugurale con La Traviata. Il mondo della politica con in testa il presidente della Repubblica italiana Mattarella e il mondo dello spettacolo si sono uniti per celebrare il genio di Franco Zeffirelli e si spera anche il genio di Giuseppe Verdi.
Tuttavia nonostante l’atmosfera vagamente circense e i titoli sensazionalistici, l’opera ha trionfato nel suo spirito più popolare, come deve essere in Arena. Non ortodosso, ma trascinante il bis finale del Brindisi del I atto, con un Alfredo sollevato dal grave lutto e una Violetta resuscitata. Molti avranno storto la bocca, ma poco importa davanti alla standing ovation di un’Arena sold out.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Complice del grande successo è la forza e l’intensità di Daniel Oren, che come sempre riesce a tirare fuori il meglio dall’orchestra dell’Arena, curando ogni dinamica e ogni accento con amore e passione. Gli risponde un’orchestra in forma smagliante. Accanto a loro magnifico il coro diretto da Vito Lombardi. Brillanti le coreografie di Giuseppe Picone eseguite dal ballo dell’Arena di Verona coordinato da Gaetano Petrosino. Splendenti le prestazioni dei primi ballerini, Picone e Petra Conti.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Tra le parti di fianco Stefano Rinaldi Milani (Domestico/Commissario), il bravo Daniel Giulianini nei panni del Marchese d’Obigny, i timbratissimi Dottor Grenvil di Romano Dal Zovo, la Flora di Alessandra Volpe e l’ottimo Barone Douphol di Gianfranco Montresor. È stata una gioia trovare sul palcoscenico Max René Cosotti (Giuseppe) e Daniela Mazzuccato (Annina), che sono riusciti a ritagliarsi uno spazio da autentici protagonisti.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Eccellente il Gastone di Carlo Bosi, presenza vocale e teatrale insostituibile.
Leo Nucci riappare sul palcoscenico dell’Arena nei panni di Giorgio Germont e conquista per la padronanza del personaggio, la sapienza del fraseggio e l’intelligenza di saper trasformare qualche imperfezione e ruvidezza vocale (dovuta ovviamente alla lunghissima carriera) in preziosi intarsi di un ritratto del personaggio molto riuscito.

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©Foto Enevi/Fondazione Arena di Verona

Insufficiente risulta l’Alfredo di Pavel Petrov, il quale non sembra possedere l’esperienza necessaria per affrontare questo cimento. La vocalità sarebbe pure di bel colore, ma il volume limitato, la poca cura della linea vocale e l’accettazione italiana quasi sempre erronea, lo rendono un Alfredo non convincente.

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Aleksandra Kurzak ritrae una Violetta estremamente delicata e femminile, in grado di agire con disinvoltura sulla scena, mettendo in luce una bella vocalità che trova i suoi momenti migliori nel III atto, nel quale emerge anche un efficace temperamento drammatico.

Lo spettacolo di Franco Zeffirelli è suggestivo, spettacolare, barocco. C’è profumo di antico, ma anche di moderno, in un caleidoscopio di colori, di cromie e di sentimenti. Il primo atto giocato sui due piani della casa di Violetta riesce a rendere alla perfezione la dinamica delle due anime di Violetta, quella della cortigiana votata alla mercificazione del proprio corpo e quella della romantica innamorata. L’apertura della casa di Flora scatena l’applauso a scena aperta e un “Grazie Zeffirelli!” si alza dal pubblico osannante. E’ uno spettacolo, che ci sentiamo di dirlo, entrerà nella storia, grazie anche allo stupendo disegno luci di Paolo Mazzon e ai costumi straordinari di Maurizio Millenotti.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

È stato uno spettacolo commovente, non solo per il tributo ad un immenso artista scomparso, ma soprattutto per la poesia e l’amore che si percepiscono. E’ una Traviata-testamento, la summa di una ricerca delle perfezione e della bellezza, ma non di una bellezza fine a sé stessa, ma una bellezza ricca di sentimenti, di malinconia, di intima introspezione e anche di ricerca del divino. Ci sono due momenti tra gli altri che ispirano commozione: il primo è il funerale di Violetta che vediamo all’inizio, a sipario chiuso, una cerimonia silenziosa che ci trasporta in tutto il dolore della vicenda, ma che ci suggerisce anche una morte della bellezza (Violetta) che ci fa pensare a Zeffirelli; il secondo momento è quando Violetta nel II chiede al cielo di darle la forza e dicendolo lancia una colomba al cielo, e ieri sera quella colomba è dopo un breve volo è rimasta salda ad osservare il sacrificio di Violetta, perché il Maestro era lì ad osservare i suoi cantanti come sempre, anzi più di sempre. Viva Zeffirelli! Viva l’Arena di Verona! E lasciatecelo dire: VIVA VERDI!

Francesco Lodola

Verona, 21 giugno 2019

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