Martina Franca: l’Orfeo di Porpora è un gran bel pasticcio

«Variety is the soul of pleasure» recita un adagio inglese che a ben leggere rivela una serie di sottili doppi sensi, ma che qui prendiamo come assunto del favore di cui i pastiches godevano presso il pubblico londinese nella prima metà del Settecento, quando a contendersi i favori del pubblico erano Händel, Porpora e Hasse – sostenuti da opposte e agguerritissime fazioni – per quel che atteneva alla composizione e Farinelli e Senesino, che con il loro canto suscitavano furori che oggi si riservano solo alle rockstar e forse nemmeno.

Il 2 marzo 1736 l’Opera of the Nobility – costituita tre anni prima sotto l’egida di Federico di Hannover Principe di Galles, con Porpora e Hasse a fare da baluardo al rivale Händel e l’approdo di Farinelli in rotta col Grande Sassone – mise in scena un Orfeo “all stars”, con Farinelli nel ruolo-titolo, il non più giovane ma ancora gagliardo Senesino come deuteragonista, l’Euridice della Cuzzoni e Montagnana nei panni di Pluto.

Pastiche, si diceva, per il quale Porpora riusa arie sue e ne compone di nuove su testo di Paolo Rolli, arcade di peso al suo debutto oltremanica, affidandosi per il resto a cavalli di battaglia dei cantanti protagonisti, ovvero ad arie di Vinci, Veracini, Hasse, Giacomelli, Araja ove si dispiegano vette assolute di virtuosismo.

Ne risulta un lavoro di inaspettata unità drammaturgica, ove si reinventa la mitologia a favore di una narrazione che mette in primo piano scontri amorosi, rivalità, ripicche, fino all’inevitabile conclusione lieta, con Euridice restituita alla vita e all’amore di Orfeo dopo essere stata vittima delle brame di Aristeo, costretto ad accontentarsi della sua vecchia fiamma Autonoe.

Orfeo viene rappresentato per la prima volta in tempi moderni, grazie al certosino lavoro di edizione critica di Giovanni Andrea Sechi, al Festival della Valle d’Itria in una serata unica capace di ricreare gli entusiasmi londinesi di tre secoli fa.

Massimo Gasparon – che firma regia, scene, costumi e luci – sfrutta l’impianto scenico protagonista di tutti gli allestimenti proposti a Palazzo Ducale realizzando una raffinata festa barocca fatta di gesti misurati che richiamano gli stilemi della recitazione settecentesca e di tableaux vivants in cui evidente è il rimando alla grande pittura veneta.
In uno spazio volutamente spoglio sono i costumi dalla costruzione opulenta e teatralissima a dominare in un tripudio di broccati Rubelli viola, oro, cremisi e celeste, capaci di muoversi ad ogni refolo della brezza che caratterizza le notti martinesi e creando effetti seducenti.

Solo il costume di Orfeo gioca sul verde e l’ocra rossa, ovvero sui colori della Natura, differenziandolo così dagli altri personaggi in un intrigante gioco dicotomico.

Gasparon inventa anche tutta una serie di sapide caratterizzazioni, prime tra tutte quella del protagonista che si muove come una diva del muto – a noi è venuta in mente il Paolo Poli della Nemica – e le mossette stizzite di Aristeo-Senesino nei confronti del rivale.

Spettacolo ad alta godibilità grazie anche ad un’esecuzione musicale di buon livello.

La direzione George Petrou brilla per la varietà dinamica e la ricerca costante di colori, perfettamente assecondato dalla sua Armonia Atenea, il cui suono si caratterizza per una gradevolezza timbrica che non sempre scava fino alla sostanza ma che comunque offre un costante godimento all’ascolto.

Raffaele Pe tratteggia un Orfeo impeccabilmente fraseggiato e capace di conferire il giusto senso ad ognuna delle arie a lui assegnate, pur se la tessitura acuta riservata a suo tempo a Farinelli in un paio di occasioni non lo favorisce.

Suo degno rivale Rodrigo Sosa Dal Pozzo, Aristeo dalla voce non particolarmente fascinosa ma corretto nell’intonazione, preciso nelle agilità, oltre che ricco di ironia e capace di conferire al personaggio la giusta caratterizzazione.

Anna Maria Sarra dà voce e corpo ad un’Euridice fra lo scanzonato e il dolente, non ancora donna ma non più bambina, il tutto con voce sicura, pur con qualche esilità in acuto.

L’Autonoe di Federica Carnevale convince per la fluidità della linea di canto e la precisione delle agilità.

Davide Giangregorio è Pluto di buon spessore vocale e capace di fronteggiare le insidie delle arie a lui riservate.

A Giuseppina Bridelli va la palma di migliore della serata; la sua Proserpina brilla per bellezza di voce e intelligenza nella ricerca di colori oltre che per un canto sempre pensato.

Convincente il quartetto vocale composto da Donatella De luca, Arianna Manganiello, Dario Pometti e Alberto Comes.

Applausi alla fine di ogni aria, tifo da stadio per Raffaele Pe, successo pieno per tutti al termine di uno spettacolo riuscito.

Alessandro Cammarano
(2 agosto 2019)

La locandina

Direttore George Petrou
Regia, scene, costumi e luci Massimo Gasparon
Personaggi e Interpreti
Orfeo Raffaele Pe
Euridice Anna Maria Sarra
Aristeo Rodrigo Sosa Dal Pozzo
Proserpina Giuseppina Bridelli
Pluto Davide Giangregorio
Autonoe Federica Carnevale
Quartetto vocale Donatella De luca, Arianna Manganiello, Dario Pometti, Alberto Comes
Armonia Atenea

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