Innsbruck: Bentornata Merope!

Mancava dalle scene da duecentottantasette anni, ovvero dal carnevale torinese del 1732, la Merope di Riccardo Broschi – ottimo compositore e non solo “fratello di Farinelli” – e il suo ritorno sul palcoscenico del Landestheater di Innsbruck per le Festwoche der Alten Musik non poteva essere più fortunato. L’edizione critica curata da Giovanna Barbati e Alessandro De Marchi rivela una partitura ricca di musica degna di nota, che non sarà quella di Händel o di Porpora ma è comunque godibile e tutt’altro che superficiale con i suoi richiami alla Scuola Napoletana. Il libretto di Apostolo Zeno, fra tradimenti e agnizioni, lotte di potere e amori, cinghiali uccisi e figli perduti e ritrovati, re usurpatori e regine offese è tanto complesso quanto funzionale alla scrittura di Broschi, che pur privilegiando le arie destinate al fratello non trascura quelle degli altri personaggi per i quali tratteggia caratteristiche ben definite. Alla fine di ogni atto De Marchi ha voluto ripristinare la prassi che vuole un balletto a chiusura; non potendo reperire quelli originali eseguiti alla prima si è optato per pagine coeve – dalla “Recréation de musique” di Jean Baptiste Leclair per il primo ed il terzo e della “Musica da balletto” di Carlo Alessio Rasetti per il secondo – con un risultato decisamente apprezzabile. La regista Sigrid T’Hooft opta per una messa in scena storicamente informata e modellata sugli stilemi del teatro barocco, coadiuvata da Stephan Dietrich che realizza agili scene dipinte, capaci di consentire rapidi cambi e costumi meravigliosamente opulenti – ulteriormente impreziositi dalle parrucche e dalle maschere di Fred Lipke – il tutto illuminato dal basso da Tommy Gewing. Tutto funziona abbastanza bene, al netto di qualche deroga alla staticità assoluta che dovrebbe essere riservata ai personaggi, ai quali si richiederebbe di cantare immobili con i piedi in terza posizione, ma che avrebbe reso lo spettacolo infruibile da un pubblico moderno. Un problema non secondario è determinato dalla defezione di Jeffrey Francis, cui era affidato il personaggio essenziale di Polifonte, re usurpator, e sostituito in corsa da Carlo Allemano per la parte vocale – eseguita in buca con buona sicurezza – e dall’attore Daniele Berardi che mima la parte in scena, il tutto con il taglio di due arie e di parecchi recitativi, creando un inevitabile squilibrio drammaturgico. La T’Hooft firma anche le coreografie dei balletti, affidati a Corpo Barocco, presenza costante a movimentare l’azione; divertente l’azione coreutica che chiude il secondo atto, con i caratteri della Commedia dell’Arte, in maschera di cinghiale – a rievocare probabilmente i figli di quello ucciso da Epitide – che si litigano salsicce e un prosciutto fatti con la carne del genitore. Ben risolto anche il balletto finale, che chiama tutti i protagonisti ad una gavotta. Alla testa dell’ottima Innsbrucker Festwocheorchester De Marchi riesce a tener desta la necessaria tensione sul palco – e l’attenzione del pubblico – durante le cinque ore e mezza di spettacolo, che volano grazie a scelte di tempi volti a mettere in luce con intelligenza la varietà di situazioni che via via si presentano, il tutto con dinamiche sempre pertinenti e soluzioni agogiche di bella variegatura. Per l’occasione non si poteva non mettere in campo un cast stellare che rendesse pieno onore ad una prima esecuzione in tempi moderni. Anna Bonitatibus sembra nata per vestire i panni della protagonista; la sua Merope dolente ma non vinta, madre e regina è un capolavoro. La voce si modella duttile sul canto, la parola è cesellata, i passaggi di maggior virtuosismo sono risolti con impressionante scioltezza e la recitazione è degna di una grande tragedienne. A David Hansen il personaggio di Epitide – figlio di Merope creduto morto che riappare sotto mentite spoglie – che fu di Farinelli calza come un guanto: le agilità funamboliche richieste al personaggio sono risolte con impressionante facilità, cosi come il canto legato trova piena espressione in una linea cristallina. L’aria monstre “Sì traditor tu sei”, dalle terrificanti difficoltà fa brillare tutta l’estensione vocale di Hansen, che impiega con saggezza il doppio registro. Nel ruolo en travesti di Trasimede, personaggio chiave e tuttavia non gratificato da arie d’effetto, brilla Vivica Genaux, capace di un canto virtuoso ed al contempo misurato e posto al servizio dell’azione. Filippo Mineccia canta e recita assai bene il ruolo del vilain triplogiochista Anassandro, forte di mezzi sicuri e ben impiegati, risolvendo con gusto le arie a lui assegnate. Arianna Vendittelli – Argia – si conferma come una delle giovani voci di maggior interesse, padrona di una linea di canto impeccabile e di un fraseggiare di bel rigoglio. Completa il cast Hagen Matzeit, che non sfigura nella parte di Licisco. Applausi a scena aperta e successo pieno alla fine, con ovazioni per la Bonitatibus e Hansen.   Alessandro Cammarano (7 agosto 2019)

La locandina

Direttore Alessandro De Marchi
Regia Sigrid T’Hooft
Scene e costume Stephan Dietrich
Personaggi e interpreti:
Merope Anna Bonitatibus
Polifonte Carlo Allemano (voce), Daniele Berardi (recitazione)
Epitide David Hansen
Trasimede Vivica Genaux
Anassandro Filippo Mineccia
Argia Arianna Vendittelli
Licisco Hagen Matzeit
Innsbrucker Festwochenorchester
Corpo Barocco

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