Busseto: che meraviglia l’Aida mignon

Con ogni probabilità, nel programmare il Festival Verdi di quest’anno, nessuno si sarebbe aspettato che l’“Aidina” – così la chiamava lo stesso Zeffirelli – sarebbe diventata il più bello degli omaggi alla memoria del regista recentemente scomparso.

Lo spazio minimo del Teatro Verdi di Busseto, per il quale questa Aida mignon fu creata nel 2001 in occasione del Centenario Verdiano, risulta perfetto per mettere in scena tutta l’intimità raccolta dell’opera che, perdendo in spettacolarità troppo spesso fine a se stessa, ritrova la sua dimensione più autentica.

In questa occasione molto più che in altre Franco Zeffirelli si dimostrò uomo di teatro vero, lavorando per sottrazione e dando alla recitazione un’impronta cinematografica, fatta di sguardi e di movimenti accorti delle masse e dei protagonisti, senza mai eccedere e tenendo ben presente che la distanza tra palcoscenico e pubblico è in questo caso ridotta a quasi nulla.

Omessi i balletti il Trionfo è lasciato all’immaginazione del pubblico che vede solo il popolo festante e di spalle salutare un corteo che virtualmente passa sul fondo del palcoscenico; il teatro è illusione e qui lo è ancora di più.

Stefano Trespidi, che fu a lungo assistente di Zeffirelli, rende un ottimo servizio all’arte del Maestro, riprendendo lo spettacolo con passione e fedeltà.

Le scene, tra fondali dipinti ed elementi architettonici sovradimensionati ma comunque mai ingombranti, sono meravigliosamente calligrafiche e tese a richiamare l’Egitto da cartolina non solo di Mariette ma anche quello degli schizzi dei viaggiatori che andavano scoprendo la terra del Nilo nei loro viaggi. Perfette le luci di Fiammetta Baldisseri, capaci di esaltare ogni particolare.

I costumi di Anna Anni, ripresi con perizia da Lorena, sono degni di un peplum della Hollywood dei tempi d’oro.
Di Luc Bouy sono le coreografie di scarna ed efficace essenzialità affidate ad una ballerina principale e quattro danzatrici.

Michelangelo Mazza, a lungo primo violino dell’Orchestra del Teatro Regio di Parma, si dimostra direttore di razza offrendo – con gesto di esemplare chiarezza ed al contempo espressivo – una lettura improntata a una morbida narratività che tuttavia non perde mai la necessaria tensione, il tutto impiegando una tavolozza di colori di grande ricchezza e in costante sintonia con l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna.
Tutti giovanissimi i protagonisti a cominciare dall’Aida di Maria Teresa Leva, bella voce di soprano lirico capace di dar vita e significato ai mille tormenti della schiava etiope, il tutto con una linea di canto impeccabile e un controllo ammirevole dei fiati che le permettono di uscire vincitrice sulle insidie di “O cieli azzurri”.
Ottimo il Radames dal piglio eroico di Bumjoo Lee, capace di un fraseggio variegato e di acuti fulminanti.

Daria Chernii disegna un’Amneris vocalmente autorevole e del tutto credibile nella recitazione, che la regia vuole improntata a richiamare quella un po’eccessiva delle dive anni Cinquanta.

Forse un po’ chiaro nel colore ma comunque efficace l’Amonasro di Andrea Borghini, che si distingue anche per la rimarchevole presenza scenica.

Dongho Kim è Ramfis dalla cavata grave possente e Renzo Ran dà voce e corpo ad un Re autorevole.

Completano il cast il Messaggero extralusso di Manuel Rodríguez e la Sacerdotessa più che brava di Chiara Mogini.

Perfetto il Coro del Teatro Comunale di Bologna preparato da Alberto Malazzi.

Applausi calorosi e meritati per tutti.

Alessandro Cammarano
(27 settembre 2019)

La locandina

Direttore Michelangelo Mazza
Regia Franco Zeffirelli
ripresa da Stefano Trespidi
Scene Franco Zeffirelli
Costumi Anna Anni
ripresi da Lorena Marin
Luci Fiammetta Baldiserri
Coreografie Luc Bouy
Personaggi e interpreti:
Aida Maria Teresa Leva
Radames Bumjoo Lee
Amonasro Andrea Borghini
Amneris Daria Chernii
Ramfis Dongho Kim
Il Re Renzo Ran
Un messaggero Manuel Rodríguez
Una sacerdotessa Chiara Mogini
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Maestro del coro Alberto Malazzi

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