Le suggestioni moderne di Zanaida 

Allo Staatstheater di Mainz porta in scena l’opera di Johann Christian Bach

Zanaida (Foto Andreas Etter)
Zanaida (Foto Andreas Etter)
Recensione
classica
Mainz (Magonza), Staatstheater (Kleines Haus)
Zanaida
07 Novembre 2019 - 12 Febbraio 2020

A lungo ritenuto perduta, Zanaida, opera seria in tre atti composta da Johann Christian Bach per il King’s Theatre di Londra, è stata oggetto di un fortunoso recupero dopo il ritrovamento nel 2010 negli Stati Uniti del manoscritto autografo nella biblioteca privata del collezionista Elias Kulukundis. I frutti di questo ritrovamento sono andati a Lipsia, che ha ottenuto il prestito del manoscritto per dieci anni e l’ha riproposta in prima assoluta in tempi moderni nell’ambito del Bachfest del 2011. A qualche anno di distanza, l’opera viene riproposta oggi dallo Staatstheater di Mainz in un nuovo allestimento in scala ridotta affidandolo al tandem Adam Benzwi per la direzione musicale e Max Hopp per la regia, due dei protagonisti della rinascita dell’operetta jazz berlinese alla Komische Oper di Berlino. 

Secondo le cronache dell’epoca, l’opera fu apprezzata non tanto per l’originalità melodica delle sue arie ma piuttosto per la cura nell’accompagnamento strumentale. Del resto i cantanti messi a disposizione dal King’s Theatre pare non fossero di primo livello, come proverebbe anche la rinuncia del “da capo” in tutte le arie. Una eccezione fu la protagonista, molto apprezzata, interpretata da Anna Lucia de Amicis, alla quale vennero riservate le arie più virtuosistiche e di gusto quasi mozartiano. Un aneddoto curioso: proprio a Mainz nel 1763 il giovane Mozart ebbe modo di conoscere e apprezzare le doti vocali della de Amicis al punto da riservare a lei il ruolo di Giunia nel Lucio Silla poco meno di un decennio dopo.

Sostanzialmente estranei alla temperie musicale e culturale del XVIII secolo, Benzwi e Hopp rinunciano a un approccio filologico e puntano piuttosto a far parlare quest’opera lontana a un pubblico contemporaneo. Non si risparmiano la tipica trasposizione delle contese fra Turchia ottomana e Persia in un futuro distopico nel quale i pianeti Punia e Numidia sono in guerra per il controllo delle risorse idriche, anche se poi gli scarsi elementi scenici e soprattutto i costumi di Madis Nurms fanno pensare piuttosto a un esotismo settecentesco da favola orientale contaminato da mutazioni genetiche. Intervengono anche sulla materia drammatica in maniera piuttosto radicale, abbandonando i versi originali di ispirazione metastasiana di Giovanni Bottarelli in favore del tedesco contemporaneo della traduzione firmata per l’occasione da Doris Decker, più funzionale alla comprensione del pubblico. Inseriscono, inoltre, due monologhi affidati all’attore David Bennent, coinvolto nel ruolo minore di Gianguir, estranei alla vicenda ma funzionali alla tensione pacifista di cui l’opera viene caricata, oltre a qualche occasionale e pleonastico intervento di due danzatori Yuya Fujinami e Martina Borroni. Nonostante gli sforzi di attualizzazione, tuttavia, la drammaturgia resta gracile e convenzionale e la produzione ha il sapore di un divertissement tutto sommato innocente e condotto con un certo garbo e ironia. 

Resta l’interesse di un recupero, magari più autentico e durevole in un’altra futura occasione, della produzione operistica di Johann Christian Bach. A questo proposito, se nell’accompagnamento dei lunghi recitativi al pianoforte di Adam Benzwi riverbera più di una contaminazione jazz o contemporanea, la sua guida della Philharmonisches Staatsorchester di Mainz nell’accompagnamento dei numeri musicali è accurata e brillante. Poche sorprese nel cast vocale, complessivamente di buona tenuta. Alexandra Samouilidou come Zanaida si impone decisamente sui colleghi Hege Gustava Tjønn (Roselane), Zvi Emanuel-Marial (Tamasse), Dorin Rahardja (Osira), Brett Carter (Mustafá) e Philipp Mathmann (Cisseo). 

La riscoperta ha suscitato una certa curiosità, ripagata da numerosi applausi. 

 

 

 

 

 

 

 

 

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