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L’Idomeneo pacifista di Mozart e Carsen

Recensione su Idomeneo, re di Creta, di Wolfgang Amadeus Mozart e Giovan Battista Varasco, per la regia di Robert Carsen e la direzione di Michele Mariotti, in scena al Teatro Costanzi di Roma.

Foto Javier Del Real

È andato in scena al Teatro Costanzi, dopo il grande successo ottenuto a Madrid, l’Idomeneo re di Creta, di Wolfgang Amadeus Mozart e Giovan Battista Varasco, per la regia di Robert Carsen e la direzione di Michele Mariotti: si tratta di una coproduzione di quattro teatri, tra cui il Real di Madrid, l’Opera Reale di Copenhagen, la Canadian Opera Company di Toronto e il Teatro dell’Opera di Roma. L’Idomeneo è un’opera programmaticamente complessa, fuori dal grande repertorio e pensata per trovare la sua forza artistica proprio in tale complessità. A Roma non veniva messa in scena dal 1983 e ora, ad aiutarci nella lettura di un testo operistico simile, viene la regia di Robert Carsen che, reduce dal grandissimo successo del suo Orfeo ed Euridice (in scena qualche mese fa proprio qui al Costanzi), presenta un nuovo magistrale esempio di costruzione dello spettacolo operistico, come pochi registi coevi sono in grado di realizzare.

Sia il libretto del maestro di cappella Giovan Battista Varesco che la musica di Mozart concorrono a ratificare la definizione appena data di opera “complessa”. L’opera va in scena per la prima volta nel 1781 nel Teatro di Corte di Monaco, commissionata dal principe Carlo Teodoro di Baviera, dunque non certo pensata per la fruibilità del grande pubblico. Si tratta della prima opera seria composta da un giovanissimo Mozart venticinquenne, che ha come obiettivo il melodramma italiano in stile glukiano, ma allo stesso tempo ha bene in mente la tragédie lyrique francese e non ha quindi nessuna intenzione di mettere in secondo piano la musica: al farraginoso libretto, si aggiungano i recitativi obbligati (accompagnati dall’orchestra e non dal solo clavicembalo), sfarzosi cori, molte danze e il susseguirsi di lunghe e ricche arie col “da capo”. Siamo molto lontani dal trittico italiano dapontiano, col suo perfetto equilibrio tra dramma teatrale e musica sublime. Tuttavia, proprio questo tentativo di ibridazione rende l’Idomeneo un’opera di passaggio, una spaccatura musicale tra vecchio e nuovo, piuttosto unica nel suo genere. 

Foto di Yasuko Kageyama

Aperto il sipario, siamo di nuovo nella landa grigia desolata che abbiamo visto nell’Orfeo ed Euridice (anche in questo caso scene e costumi sono a cura di Luis Cavalho). Questa volta, però, l’effetto è tutt’altro che straniante: si tratta di una terra arida, polverosa, conseguenza delle devastazioni della guerra. Già, la guerra dei cretesi ai danni dei troiani diventa qui uno dei nostri tanti teatri di guerra dai quali migliaia di persone tentano di fuggire ogni giorno. Il palco allora si riempie di migranti, letteralmente: sono trentuno veri rifugiati, ospitati dalla Comunità di Sant’Egidio, aggrappati alla lunga rete metallica che divide il palco. Guardano il mare, in attesa di poterlo solcare, in cerca di libertà. Dall’altra parte i militari cretesi, l’esercito di Idamante (Joel Prieto). Lui non è come suo padre, Idomeneo, non vuole la guerra e accoglie i profughi insieme a Ilia (Adriana Ferfecka), di cui, non curandosi della fazione di appartenenza, si innamora. Proiettato in video (di Will Duke) sullo sfondo, fa da cornice tutto il mare: un fondale dipinto 2.0 che personifica Nettuno, la cangiante ira del mare, presenza nichilista che, con la sua furia, semina morte: lo vedremo calmo, in burrasca, uno tsunami, ma mai azzurro e limpido, nemmeno nei momenti di pace. Il vecchio re Idomeneo (Charles Workman), per salvare la sua vita e quella del suo esercito in preda a una tempesta, ha promesso di sacrificare al dio il primo uomo che incontrerà sulla terra. Vittima che, tragicamente, sarà suo figlio. 

Grande importanza è data in questo senso alla rappresentazione dell’emotività dei personaggi, inquadrata sullo sfondo dello scontro generazionale. Da una parte i giovani, i “pacifisti”, quelli che vogliono andare avanti, dall’altra chi non vuole e non può andare oltre: Idomeneo e Elettra (Miah Persson), promessa a Idamante. Durante le arie di questi ultimi, l’orizzonte si fa livido, carico di nuvole nere, e l’acqua ci risucchia in un vortice di rabbia. Momenti intensi, che fanno quasi paura. La sovrapposizione della trama mozartiana alla guerra di oggi e alle centinaia di morti in mare è talmente calzante da far rabbrividire. Proprio questo è l’intento di Carsen, esplicitato anche nelle note di regia: «Ciò che più conta, riproponendola adesso in teatro, è tradurre con fedeltà l’emozione di quelle situazioni». E come rendere l’emozione della guerra? Facendo cantare un Idomeneo pentito e distrutto davanti ai palazzi in rovina siriani, facendo cantare lodi al dio Nettuno all’esercito ubriaco durante il rancio, disseminando il palco di cadaveri e salvagenti arancioni. Niente di diverso ci si aspetta, se non un grande sentimento comunitario, quando sul finale l’esercito cretese si spoglia delle uniformi militari, mostrandosi in abiti civili: prima di essere soldati, sono uomini. Un messaggio di pace limpido e di riconciliazione tanto quanto quello pensato da Mozart. 

Foto di Yasuko Kageyama

Tuttavia, l’azzeccatissima ambientazione contemporanea e i riferimenti alla nostra guerra, alla nostra emergenza immigrazione, sono solo una minima parte del successo dello spettacolo. Carsen è in grado di cogliere i temi dell’opera, riportarli nella nostra realtà senza mai depotenziare il testo originario. Per fare questo non aggiunge nulla che non sia più che necessario, ma si limita a sfruttare gli elementi teatrali primigeni: la luce, le ombre, la gestione dello spazio, i puntuali movimenti dei cantanti e della massa corale. Durante le arie di Idomeneo il gioco delle ombre diventa chiarissimo (le luci sono, come di consueto per gli spettacoli di Carsen, di Peter Van Praet). Cantando: “Vedrommi intorno / l’ombra dolente / che notte e giorno / sono innocente / m’accennerà” Idomeneo stesso diventa un’ombra scura, che si staglia sul fondo illuminato; così come accade quando sfida apertamente Nettuno: col fucile in mano, illuminato dal basso, la sua ombra diventa gigantesca. Allo stesso modo la grande massa corale unita a quella dei migranti, sia nella parte iniziale quando vaga raminga per il palco che nel finale, nel teatro illuminato quando si muove verso gli spettatori, perfettamente coreografata, lascia attoniti, nella sua inevitabile semplicità. Per i nostri occhi, abituati alle più estreme tecniche digitali, talvolta un ritorno alle origini degli espedienti teatrali può rivelarsi inaspettatamente di grande effetto. 

Di grandissima statura è stata anche la direzione di Michele Mariotti, largamente applaudito nel corso di tutta la serata. Alle prese con uno spartito difficilissimo, criptico – del quale va ricercata l’interpretazione spesso in contraddizione al testo verbale – ne risulta vincitore, grazie anche alla sempre più alta qualità degli orchestrali romani. La conduzione è vibrante, intensa, ma allo stesso tempo precisissima, senza sbavature. Una bella prova anche per i cantanti, soprattutto l’Idomeneo Charles Workman, che porta a casa un’interpretazione completa, vocale e attoriale, di particolare valore. 

Flavia Forastieri

IDOMENEO, RE DI CRETA

Musica Wolfgang Amadeus Mozart

Dramma per musica in tre atti
Libretto di Giambattista Varesco

Prima rappresentazione
Monaco di Baviera, Teatro Cuvilliés, 29 gennaio 1781

Durata: 3h 15′ circa – atto I e atto II 1h 40′ – intervallo 30′ – atto III 1h 5′
 
DIRETTORE Michele Mariotti
REGIA Robert Carsen

MAESTRO DEL CORO Roberto Gabbiani
SCENE Robert Carsen e Luis Carvalho
COSTUMI Luis Carvalho
LUCI Robert Carsen e Peter Van Praet
MOVIMENTI COREOGRAFICI Marco Berriel
VIDEO Will Duke

PRINCIPALI INTERPRETI

IDOMENEO Charles Workman
IDAMANTE Joel Prieto
ILIA Rosa Feola / Adriana Ferfecka 14 novembre
ELETTRA Miah Persson
ARBACE Alessandro Luciano
GRAN SACERDOTE Oliver Johnston
UNA VOCE Andrii Ganchuck *

dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma

Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma
in coproduzione con Teatro Real di Madrid,
Den Kongelige Opera di Copenhagen
e Canadian Opera Company di Toronto

con sovratitoli in italiano e inglese

Si ringrazia la Comunità di Sant’Egidio per la preziosa collaborazione

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Flavia Forestieri
Flavia Forestieri
Flavia Forestieri ha studiato all’Università “La Sapienza” di Roma, laureandosi in Letteratura, Musica e Spettacolo, con una tesi in storia della musica sull’opera di Bertolt Brecht “Ascesa e caduta della città di Mahagonny”, e, successivamente, in Arti e Scienze dello Spettacolo con una tesi sulla regia lirica contemporanea, analizzando quattro regie de “La traviata” di Verdi. Dopo aver vinto il bando Luiss “Generazione cultura”, ha lavorato in ambito della comunicazione come addetta e stampa e social media manager alla Reggia di Caserta. Attualmente frequenta il Master in “Drammaturgia e Sceneggiatura” all’Accademia Nazionale “Silvio d’Amico” di Roma. Dal 2017 collabora con Teatro e Critica occupandosi di recensioni di spettacoli d’opera.

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