Delude a Bruxelles la Trilogia Mozart Da Ponte

Lettura superficiale del duo registico Clarac-Deloeuil

Don Giovanni (Foto Forster)
Don Giovanni (Foto Forster)
Recensione
Monnaie di Bruxelles
Don Giovanni
18 Febbraio 2020 - 28 Marzo 2020

L’idea non è completamente nuova, perché già altri in precedenza hanno pensato di mettere in scena collegate le tre opere scritte da Mozart su libretto di Lorenzo Da Ponte – Le nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte –  ma le modalità annunciate dal duo “Clarac-Deloeuil  le lab”, mettere in scena una dopo l’altra  nell’arco di meno di una settimana i tre titoli, come tre puntate di una serie,  sembravano particolarmente innovative e interessanti. Invece la coppia registica è solo pesantemente scivolata nel volgare inutile, nell’inverosimiglianza e nella caricaturarizzazione superficiale dei personaggi, danneggiando infine anche la godibilità della musica di Mozart ben diretta da Antonello Manacorda, che ne ha dato una lettura moderna, con nerbo, quasi scolpita, e rovinando anche la prestazione del buon cast di cantanti. Le tre storie sono state intrecciate immaginandole avvenire contemporaneamente nei diversi spazi interni di una palazzina rotante su tre piani. E così, solo per fare un esempio, mentre al primo piano si preparano le nozze di Figaro al pianterreno il Commendatore è soccorso da due pompieri (e non infermieri, prima inverosimiglianza di una lunga serie) che altri non sono che Gugliemo e Ferrando di Così fan tutte. Per meglio distinguere le tre storie si è scelto di caratterizzarle con tre colori diverse nelle scene e nei costumi – il rosso, ovviamente, per Don Giovanni, il blu della nobiltà e della concordia per Le Nozze di Figaro, il giallo del tradimento per  Così fan tutte – ed è una soluzione che effettivamente aiuta a distinguere le tre opere che si svolgono contemporaneamante, anche se solo una per sera è cantata e delle altre si hanno solo piccoli inserti recitati muti o richiami video. Tutto il cast partecipa, infatti, alle tre serate, sia perché i cantanti principali interpretano personaggi diversi in due opere, sia perché hanno tutti pure piccole parti anche quando non cantano. Inoltre si fa un ampio uso di video, spesso primi piani, che funzionano, mentre le tanto annunciate immagini di Bruxelles che avrebbero dovuto aiutare l’immedesimazione dello spettatore “qui e ora” sono in fin dei conti davvero poche. E questi video saranno rifatti per Palermo, quando il prossimo settembre, l’opera in coproduzione con il Teatro Massimo andrà in scena in Italia. Con questa contemporarizzazione di scene, già dalla prima serata  si capisce subito quale sarà la lettura del Don Giovanni scelta per concludere il loro lavoro (anche se cronologiacamente il Don Giovanni è la seconda opera della Trilogia): Don Giovanni è il gestore di un club privato a luci rosse e sadomaso, c’è il palo per la lap dance e l’immancabile bambola gonfiabile, per l’oramai solita lettura che punta tutto banalmente solo sul fattore sesso, lettura di cui non se ne può più, e che indebolisce la potenza del “no” di Don Giovanni al soprannaturale rendendo l’opera solo la squallida storia di un malato di sesso, che in più viene immaginato che sta perdendo la vista e quindi quasi giustificato per i suoi eccessi.  Nel Don Giovanni, in un tale bombardamento di immagini banali, l’unica salvezza è concentrasi nella musica, anche se le singole arie così finiscono per essere fruite come in un recital, per la loro bellezza in sé. Della Trilogia messa in scena da  Jean-Philippe Clarac et Olivier Deloeuil , se la peggiore è Don Giovanni, quella più apprezzabile è invece Così fan tutte in cui si fa ammirare sopratutto Ginger Costa-Jackson, mezzosoprano americano di origini siciliane, dal bel timbro pieno e scuro, che già si era fatta notare la prima sera come Cherubino, ma da “le lab” immaginato come un ragazzino-rapper in modo un po’ troppo caricaturale. La Ginger Costa-Jackson è l’unica del cast che canterà anche a Palermo.  Fiordiligi è interpretata dal soprano olandese Lenneke Ruiten, peccato solo per la dizione italiana un po’ indistinta, che è anche una convincente Donna Elvira. Ottimi poi sia il tenore argentino Juan Francisco Gatell, che con la sua dolce e melodiosa voce  rende amabile anche Don Ottavio, tra i più applauditi, ed il baritono ucraino Iurii Samoilov che invece si fa notare per potenza e pienezza d’emissione come Guglielmo, ed è anche un corretto Masetto. Le nozze di Figaro vocalmente non convincono vocalmante invece per via di una Susanna che manca delle necessaria vivacità da parte del soprano americano Sophia Burgos che rende meglio come Zerlina, qui proposta come commessa d’origine nordafricana. Nei panni di Figaro un ottimo Alessio Arduini, che ha raggiunto la compagnia all’ultimo minuto dopo un incidente occorso al previsto Robert Gleadow, e che è anche un convincente Leporello. Quanto al Conte di Almaviva, è immaginato come un diplomatico spagnolo a Bruxelles, accusato di violenze sessuali, e funziona la protesta #MeToo del coro, quest’ultimo in generale un po’ disperso sia sulla scena anche vocalmente. Il bravo baritono tedesco Bjorn Burger ben interpreta il Conte, mentre convince assai meno come Don Giovanni. Buona prova poi per il soprano slovacco Simona Saturova, sia come Contessa di Almaviva che come Donna Anna, che però non brilla come ci si aspettava . Simpaticissima e brava sia come Barbarina che come Despina infine Caterina Di Tonno, mentre troppo lezioso il Don Alfonso di Riccardo Novaro, che è pure Antonio nelle Nozze e che nel finale del Don Giovanni presta la sua faccia imbellettata di bianco alla bella voce d’Alexander Roslavets come Commendatore, basso russo che è pure un buon Bartolo nelle Nozze.