Verona, Teatro Filarmonico: “Didone abbandonata” & “Dido and Aeneas”

Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Lirica 2021
“DIDONE ABBANDONATA”
Cantata per soprano, archi e continuo
Musica Niccolò Jommelli
Soprano MARIA GRAZIA SCHIAVO
“DIDO AND  ÆNEAS”
Opera in tre atti su libretto di Nahum Tate
Musica  Henry Purcell
Dido JOSÈ MARIA LO MONACO
Æneas RENATO DOLCINI
Belinda MARIA GRAZIA SCHIAVO
Second Woman ELEONORA BELLOCCI
Sorceress LUCIA CIRILLO
First Witch / Spirit FEDERICO FIORIO
Second Witch MARTA REDAELLI
Sailor RAFFAELE GIORDANI
Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Direttore Giulio Prandi
Maestro del Coro Vito Lombardi
Regia, scene e costumi Stefano Monti
Luci Paolo Mazzon
Verona, 28 marzo 2021 (in streaming)
Un nuovo appuntamento streaming (auguriamoci che sia l’ultimo!) con la stagione lirica della Fondazione Arena di Verona al Teatro Filarmonico. Dopo il dittico Ponchielli (“Il parlatore eterno”) Puccini (“Il Tabarro”), incontriamo due visioni del mitico personaggio di Didone, figura che ha contrassegnato l’intera storia del melodramma. Nello spettacolo in questione, si parte con il presentare la disperazione della regina cartaginese attraverso la cantata “Giusti Numi, che il Ciel reggete”, conosciuta con il titolo “Didone abbandonata” di Niccolò Jommellli (1714-1774), grande protagonista dell’ultima stagione dell’Opera Seria. Suddivisa nelle canoniche tre parti (aria-recitativo-aria) la cantata descrive gli stati d’animo della regina: il dolore dell’abbandono (Aria-andante: “Giusti Numi, che il Ciel reggete”) e il furore audodistruttivo (Aria-allegro assai: “Accendi, o Re superbo”). Due arie tripartite di bell’impatto lirico, raccordate da un recitativo (Arioso-Andantino: “Così dicea l’abbandonata Dido!”) affidato a una sorta di  commentatore che assiste al delirio di Didone. A dar voce alla regina di Cartagine è il soprano Maria Grazia Schiavo. La linea di canto è buona, musicale, omogenea. Colpisce però il fatto che la cantante si mostri così disattenta alla scansione drammatica della parola. Il fraseggio è oscuro. Questo causa una perdita pressoché totale dell’autentico senso drammatico della Cantata. La mancanza di intelligibilità della parola, la ritroviamo anche nella sua successiva interpretazione del ruolo di Belinda nell’opera di Purcell. Ne esce così un personaggio alquanto incolore.
La celebre opera di Purcell è dominata dall’interpretazione di Maria José lo Monaco: un’esecuzione in crescendo che trova nella splendida scena finale accenti autenticamente partecipi. A una bella presenza scenica, la Lo Monaco unisce una voce di bel timbro, un fraseggio sempre sensibile e accurato. Rimane invece in ombra l’Aeneas di Renato Dolcini, che fatica a trovare accenti imperiosi, ma anche quella dimensione di eroe predestinato. Ottima la Maga di Lucia Cirillo, anche se, chi scrive, non ama la tendenza a forzare accento ed emissione per caratterizzare questo personaggio. Valido l’apporto di Eleonora Bellocci (second woman), Marta Redaelli (second witch) e di Federico Fiorio (first witch, ma anche in grado di valorizzare il breve intervento dello Spirito). Sufficiente Raffaele Giordani (Sailor). La concertazione di Giovanni Prandi trova buoni colori in Jommelli, mentre punta a un clima di intimo e malinconico lirismo in Purcell, seppur con qualche mollezza ritmica. Complessivamente valido l’apporto dei complessi areniani. Lo spettacolo, nato per il Comunale di Modena, interamente firmato da Stefano Monti, appare funzionale e scorrevole. Lascia un po’ perplessi l’impacchettamento della platea che, solo nella parte finale, si connota come mare e assume quindi un vero significato teatrale. Anche i  costumi ci sembrano rinchiusi in una visione estetica che caratterizza poco i personaggi (in particolare Didone, così come la Maga e le streghe sembrano un po’ troppo Regina della Notte e dame di mozartiana memoria). Teatralmente efficace il finale dell’opera che porta Didone a morire all’esterno, tra le colonne del Museo Maffeiano. In allegato il progrmma di sala –  Foto Ennevi per Fondazione Arena