L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Elisir da tavola

di Antonino Trotta

Nonostante l’elegante direzione di Stefano Montanari e l’eccellente quartetto di protagonisti (Mariangela Sicilia, Bogdan Volkov, Marco Filippo Romano e Giorgio Caoduro), nemmeno in streaming convince L’elisir d’amore firmato da Fabio Sparvoli, terzo titolo della stagione online del Teatro Regio di Torino.

Streaming da Torino, 22 aprile 2021 – Bevereccio senza troppe pretese, da assumere più per i sollazzi dell’alcol che per i sentori che suscita alla bocca, è L’elisir d’amore che il Teatro Regio di Torino mette in scena come terzo titolo della stagione Regio Online 2021.

Dello spettacolo firmato da Fabio Sparvoli, con scenografie Saverio Santoliquido e costumi di Alessandra Torella, visto dal vivo in novembre 2018 – insieme a Il barbiere di Siviglia e L’italiana in Algeri di Borrelli, questo appartiene agli spettacoli di baule che ci becchiamo a rotazione, più o meno sempre in questo periodo della stagione – s’è in realtà già riferito e adesso, alla prova dello streaming, si conferma esattamente quanto raccontato allora. Nell’ispirarsi alla commedia all’italiana, nell’affidarsi solo ed esclusivamente a una comicità immediata, fatta di gag, frizzi e lazzi vari, quindi banale perché scontata, Sparvoli pare spostare gli accenti del discorso su parole che nemmeno sono scritte, talvolta tralasciando di approfondire quei chiaroscuri sentimentali, quelle venature malinconiche e vibranti che poi sono la cifra distintiva di Donizetti rispetto all’opera buffa rossiniana. Non è uno spettacolo che offende né irride testo e musica, sia ben inteso, ma è uno spettacolo che si segue – sorvolando sui balletti del coro – con una perenne sensazione di déjà-vu e, una volta scoperto con quale macchina arriverà Dulcamara – stavolta una Bianchina, l’altra volta la mitica “Topolino” – l’entusiasmo si spegne in un batter d’occhio. Il guaio del vino da tavola è che, quando ad esempio lo si usa per sfumare, non lascia assolutamente niente: se gli ingredienti son buoni, tali rimangono; se son acquistati al discount, dallo scenografico tecnicismo culinario non acquistano un bel nulla. Per fortuna Schwarz-Purchia han fatto spesa da Eataly e le materie prime sono da finale di Masterchef.

Mariangela Sicilia è un’Adina coi fiocchi: spigliata, volitiva, brillante e delicata, spicca per limpidezza negli involi lirici e grazia nelle giravolte di garbato virtuosismo. Colora poi nel dettaglio ogni singola frase, sfaccettata con dinamiche e accenti sempre diversi, interpreta nel senso più compiuto del termine, rivelando infine spigolature e filigrane di un personaggio che va ben al di là della classica maschera. Bogdan Volkov sfoggia un timbro luminoso e un canto ben disciplinato garanti, insieme a un sacrosanto senso della misura, di un Nemorino che non si fa odiare per eccessi di sospiri e lagrime furtive. Marco Filippo Romano, Dulcamara, è sì l’irresistibile animale da palcoscenico che tutti conosciamo ma anche e soprattutto un cantante capace di cogliere le scintille del testo e di restituirle in un fraseggio attento alla parola, limpido, magnetico – i sillabati sono magnifici – che giustamente lo consacra quale uno dei buffi di riferimento della scena. Giorgio Caoduro è un Belcore gagliardo, dalla voce piena in basso e in acuto, prorompente nella vocalizzazione, che ben tratteggia questo pallone gonfiato tutta apparenza e poca sostanza. Completano correttamente il cast Ashley Milanese (Giannetta) e Mario Brancaccio, il mimo-gatto che insieme a quella volpe di Dulcamara ricostituisce il celebre binomio. Ottima la prova del Coro, istruito dal maestro Andrea Secchi.

Ottima anche la prova di Stefano Montanari, molto apprezzato sia per la verve esibita al fortepiano nell’accompagnamento dei recitativi che per l’assoluta eleganza della sua concertazione. Alla guida dell’Orchestra del Teatro Regio di Torino, Montanari indugia laddove solitamente si sbraca eppure non rinuncia né al mordente né al velato romanticismo della commedia – davvero ben riuscito il finale I –, governa buca e palcoscenico con grande pulizia, concede primi piani ora ai preziosi rimandi strumentali della scrittura, ora agli artisti sulla scena, mettendo di volta in volta in risalto il meglio degli uni e degli altri.

Insomma, s’è bevuto così così, ma almeno s’è mangiato da favola.


 

 

 
 
 

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