Venezia: Faust tra vampiri e ritorni

L’opera ritorna alla Fenice dopo quasi un anno – duecentocinquanta giorni per la precisione – di attività limitata ai soli concerti con un titolo monstre per il teatro veneziano, ovvero quel Faust di Gounod che, per una curiosa coincidenza o forse per le trame del destino, è stato rappresentato alla ripresa dell’attività dopo interruzioni traumatiche delle stagioni liriche in laguna.

Una sorta di rinascita – in fondo il dettato goethiano viene letto dal cattolicissimo Gounod come un percorso di dannazione e redenzione alla luce del moralismo tutto esteriore che costituisce uno degli spetti salienti del Secondo Impero – di un teatro in cui manca ancora la platea ma che per questo può sfruttare i suoi spazi in maniera diversa e per alcuni versi più coinvolgente.

Il regista andorrano Joan Anton Rechi autore anche dell’efficace impianto scenico e dei costumi assai belli – sposta l’azione ai tempi di composizione dell’opera trasformando la platea ancora priva di poltrone in una sorta di cattedrale che va trasformandosi via via in sala da ballo dal pavimento a specchio che abbaglia e amplifica i movimenti, “atelier” di Marguerite, luogo di duello per poi tornare, in una sorta di narrazione circolare, alla sua primitiva sacralità, il tutto illuminato e soprattutto ombreggiato dalle luci efficaci dell’insostituibile Fabio Barettin.

Lo spettacolo nel complesso funziona, al netto di alcune soluzioni che sembrano piazzate più “pour épater le bourgeois” che non per la loro valenza drammaturgica.

Risulta inutilmente forzato il Wagner ubriaco che durante il matrimonio, qui a sostituzione della festa contadina de primo atto, corteggia Siébel prima e lo sposino danzante poi mentre la mogliettina – insieme fanno un po’ “Sissi e Franz” ­– assiste attonita. Non particolarmente calzante il vampirismo di Méphistophélès, il quale incarna sicuramente il male in tutte le sue declinazioni ma perché insistere?
Bruttino anche il “ritorno” – déjà vu – di Valentin che sul finale trascina chi sa dove la sorella morta e redenta. Proprio brutta invece l’idea di mettere in burletta “Gloire immortelle”, ovvero uno dei cori più belli mai composti e considerato dai Francesi quasi un secondo inno nazionale, in cui i militari di ritorno dalla guerra vittoriosa non trovano modo di farsi fotografare da un nervosissimo Siébel.

Note assai liete, con qualche distinguo, provengono dal versante musicale.
Frédéric Chaslin si conferma tra gli interpreti più raffinati del grande repertorio francese che gli calza come una seconda pelle. Il suo Faust si sviluppa per grandi arcate sonore nelle quali lo slancio melodico è sostenuto da un impalcato dinamico capace di rifuggire da qualsiasi retorica senza tuttavia mai tralasciare gli aspetti più squisitamente pompier dell’opera che si alternano ad intensi momenti introspettivi, sempre assecondato da un’orchestra che ritrova il suo spazio naturale in buca pur in una disposizione non ortodossa ma comunque efficace.

Perfettamente a suo agio nel ruolo-titolo Ivan Ayon Rivas, che fraseggia con passione e dimostra ottima padronanza del registro acuto.

Carmela Remigio si conferma ancora una volta interprete di rango disegnando una Marguerite delicatamente introspettiva e al contempo capace di slanci passionali quasi violenti che ben caratterizzano il personaggio.

Alex Esposito – Méphistophélès è protagonista di una prova maiuscola; la voce si plasma duttile al dettato musicale conformandosi alla parola e al gesto scenico. Ne risulta un personaggio perfettamente calibrato, vivido negli accenti, sempre efficace nei colori, ammaliatore nell’agire.

Armando Noguera è Valentin di bella presenza ma ha il difetto di cantare “à la Demostene”, vale a dire come se in bocca avesse dei sassolini e spesso forzando troppo.

Ottimo il Siébel appassionato di Paola Gardina così come il Wagner incisivo di William Corrò, mentre Julie Mellor è Marthe di bel carattere.

Sugli scudi il coro che, preparato da Claudio Marino Moretti, riesce dare il massimo seppur ancora costretto a cantare indossando la mascherina.

Successo per tutti in una serata che ha avuto il carattere di una liturgia lieta e liberatoria.

Alessandro Cammarano
(25 giugno 2021)

La locandina

Direttore Frédéric Chaslin
Regia, scene e costumi Joan Anton Rechi
Light designer Fabio Barettin
Personaggi e interpreti:
Doctor Faust Ivan Ayon Rivas
Méphistophélès Alex Esposito
Marguerite Carmela Remigio
Valentin Armando Noguera
Wagner William Corrò
Siébel Paola Gardina
Marthe Schwertlein Julie Mellor
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti

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