“Madama Butterfly” al Circo Massimo di Roma

 

Teatro dell’Opera di Roma – Circo Massimo 2021
“MADAMA BUTTERFLY”
tragedia giapponese in tre atti, 
libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa da John Luther e David Belasco
Musica di Giacomo Puccini
Madama Butterfly (Cio-cio-san) CORINNE WINTERS
Suzuki ADRIANA DI PAOLA
Kate Pinkerton  SHARON CELANI*
B.F. Pinkerton ANGELO VILLARI
Sharpless ANDRZEJ FILONCZYK
Goro PIETRO PICONE
Il Principe Yamadori RAFFAELE FEO
Lo zio Bonzo LUCIANO LEONI
Il Comissario Imperiale ARTURO ESPINOSA*
La madre di Cio-cio-san SILVIA PASINI
La cugina MARIKA SPADAFINO
L’ufficiale del registro FRANCESCO LUCCIONI
* dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Donato Renzetti
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Alex Ollè (La Fura dels Baus)
Scene Alfons Flores
Luci Marco Filibeck
Video Franc Aleu
Allestimento del Teatro dell’Opera di Roma in collaborazione con Opera Australia/Sydney Opera House
Roma, 06 agosto 2021
Spettacolo conclusivo della stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma  svoltasi al Circo Massimo, questa Madama Butterfly affidata alla direzione del maestro Donato Renzetti ed alla regia di Alex Olliè, in occasione del primo giorno di introduzione dell’obbligo del green pass all’ingresso gestita con lodevole efficienza da parte del teatro e in concomitanza dell’anniversario del lancio della bomba atomica su Hiroshima passato completamente sotto silenzio come del resto in moltissime altre sedi, istituzionali e non. Peccato. Il dramma viene ambientato in epoca contemporanea con un taglio ideologico che lo colloca nell’ambito di un neoliberalismo rapace e distruttivo e dal quale la dimensione del sogno, dell’amore e della poesia e più in generale la sfera emotiva sono completamente esclusi. Cio-cio-san è una ragazza qualsiasi dei nostri giorni sedotta, usata e infine travolta dalla ricchezza ostentata da un uomo bianco  in giacca e cravatta stereotipo di un mondo ritenuto superiore, il quale a sua volta usa e distrugge ogni cosa in modo onnivoro senza la minima consapevolezza non solo dell’altro ma in fondo neppure di se stesso. Non ha alcuna idea di essere divenuto padre, non sa nulla delle farneticazioni di Butterfly sulla loro vicenda amorosa in apparenza iniziata in maniera molto chiara per tutti, non immagina neppure lontanamente il degrado sociale e culturale nel quale la protagonista vive nella periferia di Nagasaki insieme al bambino ed alla fedele Suzuki. Alla fine della vicenda però, un raggio di speranza in tanto deserto, riesce a fare un suo percorso di crescita e ad entrare in contatto con il suo mondo personale emotivo e se non un marito felice forse in America possiamo intuire che sarà un buon padre. Glielo auguriamo simpaticamente. L’addio di Butterfly al figlio mentre lentamente ma inesorabilmente Suzuky lo porta verso il mondo paterno è stato un momento di grande teatro non tanto per il facile e irresistibile pathos, generazioni di pubblico hanno pianto su quelle note e quelle parole, ma per le tante implicazioni che è riuscito con essenzialità a condensare. Molto bello è parso infine l’utilizzo delle luci e delle proiezioni ben armonizzate con il contesto del Circo Massimo.  Di notevole interesse la direzione del maestro Donato Renzetti, nonostante i noti limiti delle esecuzioni all’aperto, per chiarezza della concertazione, ricchezza timbrica e soprattutto cura dei particolari senza perdere mai di vista il ritmo della narrazione per altro teso e sostenuto e l’architettura dell’insieme. Del pari di ottimo livello è parsa la prova del coro diretto dal maestro Roberto Gabbiani. La timbrica e l’agogica del coro a bocca chiusa ben hanno rappresentato il materializzarsi dei pensieri di Butterfly che finalmente perfettamente immobile  nella sua orientalità ritrovata, scruta l’orizzonte nell’attesa dell’amato. Protagonista di questa serata il soprano Corinne Winters perfettamente inserita nella regia dell’opera e giustamente e meritatamente applaudita alla fine della recita. Nella sua lettura del personaggio non vi è spazio per le leziosità o per i vezzi della tradizione, nessuna delle arcinote e attese frasi resterà forse singolarmente impressa nella memoria del pubblico, ma la tenuta vocale è sorprendente come pure la spigliatezza della recitazione e la costruzione dello sviluppo psicologico del personaggio fino al finale dove ha dato il meglio di sé sul piano vocale ed interpretativo. Splendido Pinkerton per elegante presenza scenica e sicurezza vocale è stato il tenore Angelo Villari come pure vocalmente molto valido è parso Andrej Filonczyk come Sharpless anche se eccessivamente buonista nelle intenzioni interpretative ma questo lo riteniamo un fatto di puro gusto personale e probabilmente voluto dalla regia. Vocalmente interessante la Suzuky cantata da Adriana di Paola cantata con bel fraseggio, voce ampia ed omogenea e resa con ottima recitazione. Assai deboli vocalmente ma corretti il Goro di Pietro Picone e lo zio Bonzo di Luciano Leoni ma va ricordato sempre con la possibile presenza di qualche problema di amplificazione. Nel complesso funzionali allo spettacolo e molto bravi musicalmente tutti i componenti l’affollato stuolo di comprimari, con una particolare menzione per i due giovani del progetto “Fabbrica” rispettivamente Sharon Celani antipatica e falsamente buona Kate Pinkerton secondo quanto richiesto e Arturo Espinosa, commissario del registro. Alla fine lunghi e sentiti applausi fra sirene di ambulanze, rombare di motociclette, elicotteri e rumore di bottiglie svuotate nei cassonetti dai locali adiacenti a fine serata, per uno spettacolo comunque emozionante e denso di stimoli. Foto Fabrizio Sansoni