Recensioni - Opera

Bruxelles: Barbara Hannigan straordinaria Lulu

La produzione firmata da Krzystof Warlikowski ripresa al Teatro della Monnaie con l’ottima concertazione di Alain Altinoglu

Sono numerose le rappresentazioni del femminile racchiuse nell’interpretazione di Krzystof Warlikowski e del suo drammaturgo Christian Longchamp della Lulu di Alban Berg che debuttò al Teatro della Monnaie di Bruxelles nel 2012 ed è stata ripresa in questa stagione: Lillith, La prima moglie che rifiutò di sottomettersi ad Adamo; Pandora, colei che aprì il vaso contenente i mali del mondo; Odette e e Odile, ovvero la seducente purezza del cigno bianco e l’ipnotica pericolosità del cigno nero; ma anche Albina, la figlia che Berg ebbe in gioventù e che non riconobbe mai.
Tutte figure presenti in un allestimento ricco di simboli che si intersecano, si sovrappongono, coesistono nelle innumerevoli controscene che si svolgono durante l’azione principale e che non sempre risultano immediatamente intelligibili. Ad esempio: senza conoscere alcuni dettagli legati all’ossessione di Berg per la numerologia, sarebbe impossibile capire perché il terzo atto si apre con il domatore che da un palco di proscenio conta dal numero uno al ventitré.

Ambientata all’interno di una fermata della metropolitana, uno dei tanti non luoghi della nostra quotidianità, progettato dalla scenografa Malgorzata SzczÄ™sniak, questa produzione è incentrato sull’idea della danza, che per Lulu significa l’aspirazione ad un mondo puro, immacolato (il cigno bianco) cui si contrappone la brutale realtà (il cigno nero). Queste due figure sulla scena si amplificano in una serie di doppi che coinvolgono sia danzatrici e danzatori maturi, sia giovani allieve della scuola di danza, che danno vita ad uno spettacolo complesso, che probabilmente richiederebbe più di una visione per essere decrittato nei suoi molteplici particolari, ma che non manca di affascinare e coinvolgere, nonostante tradisca un certo cerebralismo.
Alla testa dell’orchestra del Teatro della Monnaie il direttore Alain Altinoglu realizza una concertazione sontuosa, ricca di contrasti ma che allo stesso tempo scava nella partitura esaltandone le sonorità e la drammaticità, al punto che ad ogni suo arrivo sul podio all’inizio dei singoli atti è accolto dal pubblico con crescente entusiasmo.

Nel ruolo del titolo Barbara Hannigan è la Lulù di riferimento dei nostri giorni, per la sua capacità di adesione al personaggio. Lei non canta Lulù, non recita Lulù ma è Lulu, passando dalla seducente ammaliatrice che nel primo atto con disinvolta eleganza si muove sulle punte, alla degradazione del finale, in un’interpretazione destinata a rimanere scolpita nella memoria. Al suo fianco un cast di ottimo livello che vede coinvolti tra gli altri il baritono Bo Skovhus, incisivo sia come Dr Schön che come Jack lo squartatore, Toby Spence, un Alwa ben caratterizzato, Rainer Trost straordinario nel rendere le nevrosi dell’artista (qui fotografo), Natascha Petrinsky, una contessa Geschwitz magnetica e seducente, Martin Winkler irruente atleta ed inquietante domatore e Pavlo Hunka, viscido ed ambiguo Schigloch.
Una produzione non facile ma riuscita sotto ogni punto di vista, salutata al termine da applausi entusiasti.