Recensioni - Opera

Vienna: Tosca fra la neve muore uccisa dalla Marchesa Attavanti

Geniale e innovativa messa in scena di Tosca con la regia di Martin Kušej al Theater an der Wien

Una nuova e innovativa messa in scena di Tosca per il Theater an der Wien di Vienna. La produzione è stata trasmessa dalla ORF austriaca.

Indubbiamente una Tosca che ha fatto parlare di sé, infatti il regista Martin Kušej fa piazza pulita di tutto l’immaginario legato alla celebre opera di Puccini, ambientando la vicenda in una desolata landa innevata, forse una miniera oppure un campo di lavoro, senza aver timore di modificare ove necessario il libretto, per adattarlo al nuovo concetto scenico. La dramaturg è Regula Rapp. Poche in verità ma pregnanti le modifiche, si parla di neve; il “ventaglio” è sostituito da vestito, così come diversi termini ecclesiastici sono stati modificati.

In scena abbiamo una roulotte che sarà nel secondo atto il “Palazzo Farnese” di Scarpia; un albero scarnificato da cui pendono i resti umani di precedenti esecuzioni; una collina, ma soprattutto tanta neve, una scena completamente bianca, una landa gelata dove non smette mai di nevicare. Le scene sono di Annette Murschetz.

Oltre al paesaggio innevato e desolato, forse metafora o proiezione dell’oppressione in cui vivono i personaggi e che si riflette sull’ambiente come in un moderno prodotto digitale, l’innovazione maggiore è l’introduzione del personaggio della Marchesa Attavanti (Sophie Aujesky), che da immagine fissa in un quadro diventa reale e partecipe alla vicenda.

Infatti lo sfogo di gelosia del primo atto di Tosca è causato dall’effettivo arrivo della Marchesa, che si pone come reale minaccia all’amore fra la Diva e Cavaradossi, due miseri ma focosi amanti relegati in questa landa desolata. Scarpia, probabilmente il capo del campo di lavoro, arriva in vistosa pelliccia bianca, mentre il Te Deum finale è immaginato come sfogo dei minatori, o lavoratori forzati, che appaiono nei loro abiti da miseri guardando verso un orizzonte lontano e inarrivabile. Anche Scarpia, probabilmente a sua volta prigioniero di questo mondo distopico, sale sull’albero per sognare nell’amore verso Tosca una nuova prospettiva persa nell’orizzonte impregnato di caligine gelata. Scena potente e densa di metafore, assolutamente azzeccata.

Il secondo atto si svolge nella roulotte di Scarpia ed è costruito con assoluta forza drammatica e bravura recitativa. Il regista scava nella drammaturgia e rende ambigue le relazioni fra i protagonisti, tanto che abbiamo un’effettiva attrazione fra Scarpia e Tosca che sfocia in un amplesso vero e proprio al momento della celebre aria “Vissi d’arte”. Scarpia è sopra Tosca e la protagonista canta a lui le parole della celebre aria, quasi a volersi giustificare della sua decisione di concedersi per salvare l’amato Cavaradossi. È di nuovo l’apparizione dell’Attavanti a scatenare il delitto di Tosca, che uccide Scarpia brutalmente a coltellate; essendo poi rimasta senza abiti è costretta a togliergli il bianco maglione macchiato di sangue per correre a cercare di salvare Cavaradossi. Prima di uscire si ricorda di staccare il crocifisso e di gettarlo sul cadavere di Scarpia. Anche qui abbiamo trovato innovazione, coerenza drammaturgica e approfondimento innovativo del rapporto fra i personaggi.

Nell’ultimo atto resta solo una landa desolata, l’albero delle esecuzioni e un crudele e fascinoso carceriere (Rafał Pawnuk), che uccide le sue vittime con un solo colpo alla testa. Cavaradossi canta anche la canzone del pastore e interpreta fra la neve il suo “Lucevan le stelle”, ove la paura e il terrore della morte si presagiscono nella bianca desolazione che precede la tomba. Bellissimo e teso tutto il duetto con Tosca in cui vediamo veramente due amanti disperati che si aggrappano ad una speranza a cui forse non credono neanch’essi. Ritorna il carceriere, Cavaradossi si inginocchia nella neve, un solo colpo, il corpo si affloscia senza cadere, il boia se ne va. Tosca chiama l’amante, si avvicina, lo scuote e allora il corpo cade di lato nella neve. La disperazione di Tosca raggiunge il culmine, viene a proscenio e urla disperata il suo “Scarpia, davanti a Dio”, in quel momento da dietro è apparsa la Marchesa Attavanti, che senza pietà uccide Tosca con numerosi colpi di pistola.

Un finale assolutamente geniale, teso, iconico, che resterà negli annali delle messe in scena di questo titolo.

Una regia così innovativa non si può realizzare senza grandi cantanti-attori che sappiano seguire i dettami di una messa in scena basata su un recitar cantando credibile e contemporaneo. Assolutamente inarrivabile scenicamente e vocalmente Kristine Opolais, che riesce ad incarnare con convinzione e assoluta credibilità questa Tosca innovativa. La Opolais ci presenta una donna moderna, volitiva, gelosa, pronta a tutto per salvare l’amato; il canto è teso ed espressivo con qualche asprezza di troppo, che però viene facilmente perdonata in una prova d’insieme assolutamente maiuscola.

Ottimo, ingenuo, appassionato il Cavaradossi del tenore peruviano Jonathan Tetelman, mentre Gábor Bretz incarna uno Scarpia grandioso, perverso, cinico. Il polacco Rafał Pawnuk assomma in sé le tre parti del Sagrestano, di Sciarrone e del carceriere; magnetico in scena sfoggia una sontuosa voce di basso. Ottimo anche il resto del cast composto da Ivan Zinoviev e Andrew Morstein. Marc Albrecht dirige in modo teso e appassionato la ORF Radio-Symphonieorchester Wien.

Speriamo che il Theater an der Wien tenga in repertorio questa messa in scena assolutamente da vedere dal vivo.

Raffaello Malesci (01 Febbraio 2022)