Piacenza, Teatro Municipale: “Il Farnace”

Piacenza, Teatro Municipale – Stagione d’Opera 2021-22
“IL FARNACE”
dramma per musica su libretto di Antonio Maria Lucchini
Musica di Antonio Vivaldi
Farnace RAFFAELE PE
Gilade FRANCESCA LOMBARDI MAZZULLI
Tamiri CHIARA BRUNELLO
Berenice ELENA BISCUOLA
Pompeo LEONARDO CORTELLAZZI
Selinda SILVIA ALICE GIANNOLLA
Aquilio MAURO BORGIONI
Cameriera di Tamiri ELISABETTA GALLI
Figlio di Farnace DAVIDE CRAGLIETTO
Orchestra e Coro Accademia dello Spirito Santo
Direttore Federico Maria Sardelli
Maestro del Coro Francesco Pinamonti
Regia Matteo Bellussi
Scene Matteo Paoletti Franzato
Costumi Carlos Tieppo
Luci Marco Cazzola
Video Creativite
Nuovo Allestimento in coproduzione Teatro Municipale di Piacenza, Teatro Comunale di Ferrara
Piacenza, 10 aprile 2022
La prima parte della stagione d’opera del Teatro Municipale di Piacenza ha chiuso con una scelta senz’altro inusitata, un’opera di Vivaldi di rara esecuzione, “Il Farnace“, di cui Bernardo Ticci una decina d’anni fa ha approntato una nuova rigorosa edizione filologica, che tenta di riordinare le sette versioni del melodramma (dal 1727 al 1738). Questa scelta reca con sé anche un côté parzialmente inspiegabile, giacché, per il desiderio di riproporre al pubblico l’ultima versione, manchevole del terzo atto, al posto di mutuarlo da quella del 1731 si è deciso di fermare l’esecuzione drammaturgicamente in medias res, un po’ come alcuni fanno con la “Turandot“ pucciniana. A questo punto, forse, sarebbe stato più saggio riproporla in forma di concerto: tuttavia dobbiamo riconoscere al regista Marco Bellussi la creazione di un progetto di scena coerente e affascinante, che proprio nell’ultima parte cerca di guidare lo spettatore nel tirare le somme della vicenda. Per quanto riguarda invece il lato prettamente musicale, poco male se manca un atto, giacché la struttura piuttosto rigida del melodramma vivaldiano è in realtà modulare, ancora distante dal concetto di drammaturgia musicale che renderebbe problematica anche la riproposizione della partitura mutila. Forse proprio per la consapevolezza di queste difficoltà, si è scelto un cast di livello alto, formato da professionisti di smaccata solidità nel canto barocco: brillano le prove soprattutto di Francesca Lombardi Mazzulli (en travesti nel ruolo di Gilade) e di Mauro Borgioni (Aquilio): la prima sfodera tutta la sua dimestichezza con il canto d’agilità, in particolare nell’aria “Quell’usignolo innamorato“, che arricchisce il noto smalto della voce, e una credibile prova di palcoscenico nel ruolo del giovane innamorato; il secondo parimenti conferma un solido controllo vocale, unito a bel colore autenticamente baritonale e a una dizione nobile e variegata. Rivelazione di questo “Farnace“ può considerarsi, invece, Silvia Alice Gianolla, giovane mezzo che affascina per la leggiadra presenza scenica, ma soprattutto per la vocalità brunita e tonda, in grado di gestire con sicurezza la tessitura contraltile di Selinda. Annunciata come indisposta, Elena Biscuola (Berenice) ci è parsa invece in grado di offrire una prova di grande carattere, per intonazione, varietà di fraseggio, coinvolgimento scenico. Una esecuzione di un’intelligenza musicale e una tecnica ragguardevoli. Solenne, e giustamente anche un po’ ingessato, il Pompeo di Leonardo Cortellazzi, tenore dalle note qualità vocali, sempre in grado di affrontare gli stili più disparati, con intelligenza e una vocalità adeguata all’opera che affronta. Buona prova vocale offre anche Chiara Brunello (Tamiri): la voce forse non è grande, ma gestita sapientemente tra il fraseggio misurato e agilità affrontate correttamente – peccato solo per il costume che indossa, beachwear, poco elegante, forse adatto a un personaggio più leggero, rispetto ai toni drammatici di  una regina. Infine, Raffaele Pe, nella parte eponima, riconferma le indiscutibili doti sceniche e la grande attenzione nel riproporre anche nel canto una vasta gamma emotiva (capace di spezzare il cuore nell’aria “Perdona, o figlio amato“), più alterna la prestazione vocale, con suoni “sbiancati” e cedimenti di  intonazione, soprattutto nei recitativi. La concertazione di Federico Maria Sardelli è ormai una garanzia accuratezza e profonda ispirazione, e questo “Farnace” non fa certo eccezione: fin dalle note della sinfonia iniziale si percepisce un’agogica vibrante ed espressiva, così diversa dalla direzione gelida e impersonale che molti si aspettano dal dramma barocco. Sardelli, segue  con estrema cura i cantanti, evidenziandone i punti forti e lasciando che ognuno possa mettersi in luce. Ci è parsa invece un po’ incolore la prova del Coro dell’Accademia di Santo Spirito diretto dal Maestro Francesco Pinamonti. Come già anticipato, l’apporto del team creativo, invece, ha saputo donarci evocative atmosfere dal sapore dark, soprattutto grazie alle luci di Marco Cazzola e ai video di Creativite; le scene ultraminimal di Matteo Paoletti Franzato producono un interessante contrasto con i costumi più classici curati da Carlos Tieppo, oltre a saper movimentare la vicenda usando più livelli sul palco e più sipari di tulle, dietro ai quali prendono vita visioni, aspettative, dubbi dei personaggi; in tal senso, l’apporto anche dei due figuranti, l’aiuto regista Elisabetta Galli (nel ruolo della cameriera di Tamiri), e il piccolo Davide Craglietto (in quello del figlioletto di Farnace), è stato prezioso. La recita ha goduto di molti applausi a scena aperta e sul finale, benché, purtroppo, il teatro non si sia potuto giudicare pieno – “effetto barocco”, che non fa mai davvero presa sul pubblico nostrano, o forse scelta un po’ troppo ardita della produzione? Scire nefas. Foto Cravedi