Venezia: Griselda o della violenza di genere

Non è casuale che Boccaccio decida di affidare la conclusione, tutta morale, del Decameron a Dioneo – il più sregolato e disinvolto del gruppo dei novellatori – a cui è dato di narrare nel decimo racconto della decima giornata la vicenda di Griselda “esempio di fedeltà coniugale”.

La vicenda, dal contenuto dichiaratamente morale e allo stesso tempo avvolta da un’alea favolistica non poteva passare inosservata, seppur più di trecento anni dopo la sua scrittura, ad un librettista colto come Apostolo Zeno, che infatti pose mano alla novella boccacciana rileggendola a suo modo – non del tutto condivisibile per altro – perché fosse intonata, nel 1701 da Carlo Francesco Pollarolo e successivamente almeno altre venti volte per oltre un secolo, fino al 1803 sempre con rimaneggiamenti ad opera di altri poeti e su richiesta dei compositori che vi posero mano.

Nel 1735 è Vivaldi a cimentarsi con le vicende dell’infelice regina “moglie prima che madre” affidando la revisione del libretto a Carlo Goldoni che espunse il personaggio di Elpino e riscrisse più di un’aria, il tutto in un’atmosfera di reciproco disaccordo – a leggere le fonti – con l’anziano compositore, oltre a spostare la vicenda dalla Sicilia alla Tessaglia.

La trama è intricata per non dire sbilenca, parecchio lontana dall’originale letterario, eppure le vicissitudini di Griselda umiliata da una serie di prove che Gualtiero mette in atto per saggiarne la fedeltà rimandano, per analogia ad Alcesti, ma anche alle eroine delle favole – Basile e Perrault non sono cronologicamente lontani – capaci di sopportare traversie inenarrabili per poi essere glorificate come esempi di virtù, alla fine convincono.

Gianluca Falaschi – con l’apporto del drammaturgo Mattia Palma – rilegge la Griselda in una chiave di stringente attualità stigmatizzando la violenza di genere che l’azione drammaturgica racchiude in sé.

Falaschi, che dello spettacolo firma non solo la regia ma anche scene e costumi, trasforma la reggia in un opificio in cui tutte le donne sono di fatto schiave non solo de re-padrone che le vuole operaie di giorno e oggetti sessuali – previo cambio d’abiti – la notte e a disposizione di una corte in cui il rispetto per l’altro sesso semplicemente non è contemplato.

Tutto funziona anche grazie all’impianto scenico giocato su un’architettura che rimanda al razionalismo per aprirsi poi sulla foresta-rifugio di Griselda scacciata e illuminato dal disegno di luci perfetto nella sua continua mutevolezza ideato da Alessandro Carletti e Fabio Barettin

Nei costumi, belli, spicca l’azzeccato accenno alle favole, da Cappuccetto Rosso a Cenerentola, così come è sempre presente la simbologia della contrapposizione sporco-pulito – il bosco immacolato che Griselda ha eletto come suo rifugio viene ridotto a discarica quando sopraggiungono Gualtiero e la sua corte – a fare da filo conduttore al dramma insieme ad una mai celata prevaricazione dell’uomo sulla donna.

Diego Fasolis si conferma barocchista di rango offrendo, alla testa di un’orchestra fenicea in versione storicamente informata, dell’opera vivaldiana una lettura vigorosa nell’impianto narrativo, fortemente caratterizzata negli elementi ritmici e dinamici e tuttavia capace di stemperarsi in momenti di trasognata elegia.

Convince pienamente la Griselda cui dà voce e corpo Ann Hallemberg, sostenuta da una linea di canto di adamantina luminosità e un fraseggio scolpito.

Michela Antenucci è Costanza capace di agilità funamboliche – “Agitata da due venti” è risolta con grande sicurezza – ma anche in possesso di una tavolozza di colori che si disvela in “Ombre vane”, forse la più bella tra le arie del repertorio vivaldiano.

Strabiliante l’Ottone combattuto di Kangmin Justin Kim, controtenore che con la voce fa praticamente ciò che vuole e lo fa sempre benissimo.

A lui risponde con non minore bravura Antonio Giovannini, l’altro controtenore in scena, che disegna il suo Roberto tutto sui fiati e facendolo pervadere da una vena di malinconia che gli si attaglia perfettamente.

Brava Rosa Bove nella parte en-travesti di Corrado mentre Jorge Navarro Colorado nella parte di Gualtiero compensa con la sua indubbia presenza fisica l’assenza di mezzi vocali.

Pubblico più che soddisfatto e applausi per tutti, anche a scena aperta, con qualche piccolo dissenso all’uscita di regista e collaboratori.

Alessandro Cammarano
(29 aprile 2022)

La locandina

Direttore Diego Fasolis
Regia, scene e costumi Gianluca Falaschi
Light designer Alessandro Carletti e Fabio Barettin
Drammaturgo Mattia Palma
Personaggi e interpreti:
Gualtiero Jorge Navarro Colorado
Griselda Ann Hallenberg
Costanza Michela Antenucci
Roberto Antonio Giovannini
Ottone Kangmin Justin Kim
Corrado Rosa Bove
Everardo Alessandro Bortolozzo
Orchestra del Teatro La Fenice

0 0 voti
Vota l'articolo
Iscriviti
Notificami

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti