Venezia, Teatro Malibran: “La Griselda” di Antonio Vivaldi

Venezia, Teatro Malibran, Lirica e balletto, Stagione 2021-2022
“LA GRISELDA”
Dramma per musica in tre atti RV 718. Libretto di Apostolo Zeno, aggiornato da Carlo Goldoni
Musica di Antonio Vivaldi
Gualtiero, re di Tessaglia JORGE NAVARRO COLORADO 
Griselda, moglie di Gualtiero ANN HALLENBERG
Costanza, principessa figlia di Gualtiero e Griselda, non conosciuta dalla madre, amante di Roberto MICHELA ANTENUCCI 
Roberto, principe di Atene, amante di Costanza ANTONIO GIOVANNINI
Ottone, cavalier di Tessaglia KANGMIN JUSTIN KIM
Corrado, fratello di Roberto, amico di Gualtiero ROSA BOVE 
Everardo, figlio di Gualtiero, e Griselda, che non parla ALESSANDRO BORTOLOZZO/DAMIANO PACCAGNELLA
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Diego Fasolis

Continuo Cembalo Andrea Marchiol; Arciliuto, chitarra barocca Fabiano Merlante,Violoncello Francesco Ferrarini, Fagotto barocco Riccardo Papa
Regia, scene e costumi Gianluca Falaschi
Light designer Alessandro Carletti, Fabio Barettin
Drammaturgo Mattia Palma
Mimi Carlotta Pircher, Andrea Pizzalis
Nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice
Venezia, 3 maggio 2022
La Fenice continua nella progressiva realizzazione del suo progetto – meritorio, quanto doveroso per il massimo teatro veneziano –, finalizzato alla riscoperta della produzione vivaldiana, relativa al teatro musicale o all’oratorio. Dopo Ercole sul Termodonte e Bajazet (2007), Juditha triumphans (2015), Orlando furioso (2018), Dorilla in Tempe (2019), Ottone in villa (2020: prima opera firmata dal Prete Rosso, nonché titolo di riapertura della Fenice dopo il lockdown), Farnace (2021), è la volta di un nuovo allestimento – prima ripresa veneziana in tempi moderni – della Griselda, opera in tre atti su libretto di Apostolo Zeno, aggiornato da Carlo Goldoni, rappresentata per la prima volta nel 1735 a Venezia presso il Teatro San Samuele. Sul podio dell’orchestra fenicea torna Diego Fasolis, uno dei massimi interpreti del repertorio sei-settecentesco, che – a partire dal 2018, in occasione del nuovo allestimento del Furioso – ha diretto tutte le opere proposte nell’ambito del testé ricordato progetto di renaissance vivaldiana.
Tratto dalla decima novella della decima giornata del Decameron, il libretto originale della Griselda enfatizza la sottomissione coniugale della protagonista, assecondando la mentalità dominante nell’ancien régime. Diversamente il rifacimento goldoniano, se a un primo approccio può apparire ancora basato su posizioni tradizionaliste e misogine, lascerebbe intravedere nei personaggi maschili – secondo Gianluca Falaschi – una parziale presa di coscienza a favore della protagonista e dell’universo femminile. Partendo da questa constatazione, il regista – coadiuvato da Alessandro Carletti e Fabio Barettin, responsabili di un’efficace e varia scelta di luci, nonché da Mattia Palma, quale drammaturgo – non si concentra tanto sul sacrificio della paziente Griselda, quanto sul carattere malsano del rapporto uomo-donna, che spinge quest’ultima ad accettare una condizione di inferiorità. Del resto, anche Goldoni, oltre allo stesso Vivaldi, avvertiva la crisi di quel sistema coercitivo maschilista, come attesta La locandiera; una crisi non ancora superata, se anche negli anni Duemila tante donne provano – come Griselda – il rimpianto per quello è stato loro precluso dal persistere di una mentalità dura a morire. Ed è proprio da questo rimpianto che prende forma la messinscena di Falaschi, che considera cuore dell’opera la foresta, simbolo freudianamente dell’io più profondo della protagonista, dove ella ritrova la propria infanzia e i propri figli, che pensava perduti; un ambiente naturale contrapposto all’opprimente spazio cementificato, tipico della nostra realtà, alla quale rimandano anche i costumi, pur presentando, nel caso del ruolo eponimo, qualche elemento di sapore fiabesco, che ne fa una specie di novella Cenerentola. Peraltro questa impostazione, teoricamente buona, in concreto si rivela talora un po’ troppo stridente rispetto al testo poetico e/o musicale, come nella scena in cui sulla musica di Vivaldi si balla uno scatenato Shake. Comunque lo spettacolo si regge con coerenza, nella sua collaudata simbologia, sino alla fine.
Come sempre chiaro, essenziale, pregnante è risultato il gesto di Diego Fasolis, che ha proposto una lettura della partitura improntata ad una diffusa scorrevolezza, coniugata a una marcata accentuazione a livello ritmico e a un’espressività ora prorompente ora più intima, secondo il succedersi dei vari momenti sul piano scenico e musicale. Perfetto il rapporto con i cantanti, impegnati in diciannove arie.
Delineato in modo credibile e autorevole è risultato il personaggio di Griselda per la voce e il gesto di Ann Hallenberg, che ha trovato il giusto accento nelle varie arie a lei affidate, concepite da Vivaldi per la prediletta Anna Girò e caratterizzate non solo dal virtuosismo delle colorature, ma anche da una raffinata scrittura, che richiede adeguata profondità interpretativa. In tal senso il mezzosoprano svedese è apparso interprete ideale sia nelle arie dal tono battagliero, come “Brami le mie catene”; sia in quelle di incontenibile disperazione, come “Ho il cor già lacero”, in cui l’accompagnamento orchestrale imita il delirio della sposa di Gualtiero, fatto di frasi spezzate o urlate e singhiozzi; sia ancora in un momento commovente, qual è quello in cui incontra la figlia, che credeva perduta per sempre.
Prestante si è dimostrato il tenore Jorge Navarro Colorado, nell’affrontare la parte di Gualtiero, particolarmente importante anche vocalmente, soprattutto se rapportata al gusto dell’epoca, in cui l’opera vide la luce, che propendeva per le voci acute di soprani e castrati. Lo si è colto fin dalla sua prima aria “Se ria procella”, per quanto non sia stato sempre irreprensibile nelle trascendentali colorature.
Superba la performance di Michela Antenucci, quale Costanza, che invece si è destreggiata mirabilmente nelle agilità, segnalandosi in “Agitata da due venti”, l’aria più famosa dell’opera, se non dell’intera produzione melodrammatica di Vivaldi, oltre che in “Ombre vane, ingiusti orrori.
Particolare apprezzamento si è meritato il controtenore Kangmin Justin Kim, che ha padroneggiato agevolmente – irreprensibile nelle agilità e vocalmente esteso – l’arduo ruolo del focoso Ottone, segnalandosi in “Vede orgogliosa l’onda” e nella decisamente pirotecnica “Dopo un’orrida procella”. Bene si è comportato anche l’altro controtenore, Antonio Giovannini, che ha saputo offrire con efficacia un languido Roberto, come si è colto nelle due arie “Estinguere vorrei la fiamma” e “Dal tribunal d’amore”, oltre al mezzosoprano Rosa Bove, nel ruolo “en travesti” di Corrado, che si è imposta nell’aria “Alle minacce di fiera belva”, caratterizzata da una ricca tavolozza di colori e affetti.Reiterati applausi a scena aperta e dopo la fine dello spettacolo.