Torre del Lago, 68° Festival Puccini 2022:”La rondine”

Torre del Lago (LU), Gran Teatro “Giacomo Puccini”, 68° Festival Puccini
LA RONDINE”
Commedia lirica in tre atti su libretto di Alfred Maria Willner, Heinrich Reichert  e Giuseppe Adami.
Musica di Giacomo Puccini
Magda JACQUELYN WAGNER
Lisette MIRJAM MESAK
Ruggero IVAN AYON RIVAS
Prunier DIDIER PIERI
Rambaldo VINCENZO NERI
Périchaud/Rabbonier ZHIHAO YING
Gobin FRANCESCO LUCII
Crébillon DAVIDE BATTINIELLO
Ivette GINEVRA GENTILE
Bianca AYAKA KIWADA
Suzy EVA MARIA RUGGERI
Un maggiordomo IVAN CAMINITI
Un cantore GOAR FARADZHIAN
Adolfo DARIO ZAVATTA
Una grisette SHIORI KURODA
Una donnina VALENTINA PERNOZZOLI
Un’altra donnina TAISIIA GUROVA
Danzatrici CHIARA CINQUINI, MAYA QUATTRINI
Orchestra e Coro del Festival Puccini
Direttore d’Orchestra
Robert Trevino
Maestro del Coro Roberto Ardigò
Regia, Scene Luci e Costumi
Denis Krief
Allestimento del Maggio Musicale Fiorentino
Torre del Lago, 27 agosto 2022
Il 68° Festival Puccini si conclude con quella che ci è parsa la migliore produzione dell’intera kermesse – anche a sentire molti addetti ai lavori che hanno necessariamente presenziato a tutti gli appuntamenti: “La rondine” ha, infatti, presentato un cast di buona caratura (ottima in alcuni casi), una direzione mirabile e un assetto scenico senza dubbio affascinante. Proprio dall’assetto creativo sembra giusto cominciare, poiché è quello che desta più di una perplessità – fermo restando che spesso una perplessità è un pungolo che ci spinge in territori che ancora non contempliamo. Lo “one-man-operaDenis Krief (giacché gli manca solo di cantare e poi potrebbe assolvere a tutti i ruoli sul palco) ci ha abituato al suo stile astratto e minimalista, dominato da grandi strutture praticabili geometriche, ma nel quale, in genere, le relazioni tra personaggi prendono vita con grande attenzione al dettaglio. In questa direzione va il primo atto, che si presenta come una specie di dramma borghese anni Sessanta, in cui il rimpianto ancora sostituisce il sentimento vero. Man mano, però, che il sentimento cresce – nel secondo atto e ancor più nel terzo – questo rigore delle forme inizia un po’ ad anestetizzare il portato emotivo, a volte spegnendolo del tutto, quasi svilendolo (come nel terzo atto la vista di Ruggero col pigiama a righe nella cameretta floreale, o Magda in camicia e pantalone); anche la scelta di un coro tutto in nero in un Bullier tutto rosso funziona per un po’, ma alla lunga appiattisce l’energia caotica bohémien che dovrebbe contraddistinguere il locale. Ben gestite le proiezioni alle spalle delle macrostrutture, e anche le luci, sebbene la casettina dell’ultimo atto talvolta lasci in ombra i personaggi.La concertazione di Robert Trevino riesce a estrapolare dalla partitura un ricchissimo range di colori, con chiara predilezione per le atmosfere suspendues, quasi impressioniste; la gestione della compagine orchestrale è equilibratissima e l’unica discrasia con la scena si nota all’inizio del secondo atto con l’ingresso del coro, ma è una confusione che dura per poche battute: Trevino fa prendere al coro il suo passo e lo conduce ad una performance vibrante. Nel cast non troviamo alcun calo qualitativo: l’americana Jacquelyn Wagner (Magda) sta giustamente raccogliendo consensi in mezza Europa negli ultimi anni, e speriamo di sentirla ancora in Italia; la voce è ampia e corposa, l’emissione è omogenea in tutti i registri, anche se in qualche momento la linea di canto forse non ci è parsa a fuoco, si apprezza l’attenzione al fraseggio, oltre che la profondità della resa del personaggio. Ivan Ayon Rivas (Ruggero) è un cantante in ascesa: sta affrontando la sua parabola con ruoli equilibrati, nei quali possa dare il meglio senza strafare, e Ruggero (come Rodolfo, nel quale lo abbiamo ascoltato qui l’ultima volta) può senza dubbio dargli molte soddisfazioni. La voce sfoggia un suono gradevolmente pastoso, naturale nel porgere, dagli acuti morbidi e al contempo smaltati, Ayon Rivas si focalizza come fraseggiatore sensibile ed espressivo, che ne garantisce la qualità interpretativa. Particolarmente brillante la Lisette di Mirjam Mesak: il personaggio, gia di per sé accattivante, si arricchisce della bella vocalità del soprano estone, che ne rispetta la natura lirico-leggera. Godiamo anche del Prunier di Didier Pieri, tenore leggero di bella musicalità, bella linea di canto e ottime qualità sceniche. Valido anche l’apporto del Rambaldo di Vincenzo Neri, dal colore insolitamente giovanile ma comunque piacevolmente timbrato. Ottima prova d’insieme anche quella del resto del cast, con una particolare nota di merito per Ginevra Gentile, Ayaka Kiwada e Eva Maria Ruggeri nel costruire vocalmente (oltre che scenicamente) un efficace trio nel primo atto – le “amiche” di Magda, Ivette, Bianca e Susy. A coronare la piena riuscita della serata, tuttavia, non è nessuna performance d’eccellenza, quanto Puccini stesso nella sua opera più bistrattata: è stato chiaro a tutti, dopo la recita, che sia invece un’opera pienamente pucciniana, un trionfo di emozioni e colori in musica, e che sia giunto il momento di riproporla al pubblico regolarmente, tanto quanto “Tosca” o “Madama Butterfly”. Foto Giorgio Andreuccetti