Recensioni - Opera

Bergamo: le “Favorite” della Carrasco all’opera

Simpatica soluzione registica per coreografare i balli de “La Favorite”, grand-opéra donizettiano scritto per Parigi. Per il resto della messa in scena con soluzioni classiche. Buona la compagnia di canto.

Al Donizetti Opera Festival 2022 arriva “La Favorite” ossia La Favorita nella versione originale in Francese, un pastiche musicale messo insieme da altri progetti precedenti mai realizzati, presentato a Parigi all’Opéra di Parigi il 2 Dicembre del 1840.

Indubbiamente questa versione francese meritava di essere messa in scena, in quanto sicuramente più completa e intellegibile, in special modo dal punto di vista drammaturgico. Infatti il libretto, compilato da Alphonse Royer, Gustave Vaëz, con lo zampino fondamentale di Eugene Scribe, è un drammone a tinte fosche che però, a differenza della versione italiana, presenta una storia coerente e ben articolata.

L’impostazione è quella del grand-opéra, con grande varietà di numeri musicali e, come di prammatica a Parigi, un lungo balletto avulso dal contesto nel secondo atto dell’opera. Donizetti, da grande mestierante, era riuscito ad adattarsi senza troppi problemi alle consuetudini teatrali d’oltralpe, riciclando vari pezzi musicali approntati per “Adelaide” e “L’ange de Nisida”, che restarono in fase progettuale.

Curiosa la circostanza che la trascrizione per la stampa dello spartito fu poi affidata al giovane Richard Wagner, allora a Parigi in cerca di fortuna, facendo incontrare virtualmente due concezioni assolutamente opposte del modo di fare teatro musicale. Infatti Wagner mai avrebbe concepito di utilizzare pezzi musicali per varie storie e diversi libretti, cosa invece comune fra gli operisti del tempo, come dimostra il lavoro svolto da Donizetti. I tempi stavano lentamente cambiando e Wagner e Donizetti si incontrano virtualmente sullo spartito di questa Favorite, che indubbiamente è ancora il prodotto della vecchia prassi operistica di inizio ottocento.

Valentina Carrasco affronta la messa in scena con una buona idea e molto mestiere. La regista infatti risolve in modo brillante i lunghi balletti del secondo atto, immaginando che la scena sia popolata dalle vecchie favorite del Re, che passano la vita in attesa in una sorta di comunità femminile. Niente corpo di ballo dunque, ma anziane donne bergamasche che si sono prestate ad essere mimi e interpreti del lungo balletto. Esse si muovono in scena costruendo una lunga coreografia, simpatica a tratti, con riferimenti alla noia, alla vecchiaia e alla condizione di donne in attesa tipica delle favorite. Un bel pezzo di teatro, che risente tuttavia della inevitabile preparazione approssimativa della compagine e comunque di una lunghezza eccessiva della musica.

Il resto della proposta registica è sostanzialmente classica, affidata a lineari composizioni scenografiche a cura di Carles Berga e Peter Van Praet, oltre che agli accurati costumi di Silvia Aymonino. Entrate fluide e ben gestite si alternano a suggestivi tableaux vivant che però alla lunga risultano scontati e ripetitivi. La vicenda viene trasposta nell’ottocento senza che questo influenzi più di tanto l’allestimento, comunque funzionale e ben risolto.

Buona la compagnia di canto. Annalisa Stroppa è una Favorita convincente dalla voce ben impostata, affiancata dall’ottimo e spigliato Florian Sempey, che delinea con forza e veemenza il personaggio del re. Javier Camarena si conferma uno dei tenori di riferimento in questo repertorio, anche se è giunto alla fine con qualche affaticamento. Professionale il resto del cast: Evgeny Stavinsky, Edoardo Milletti, Caterina di Tonno, Alessandro Barbaglia.

Appropriata la direzione di Riccardo Frizza.

Teatro pieno con molto pubblico straniero e ottimo successo nel finale.

Raffaello Malesci (3 Dicembre 2022)