Verona, Teatro Filarmonico: “La Bohème”

Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Lirica 2022
“LA BOHÈME”
Scene liriche in in quattro atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dal romanzo “Scènes de la vie de bohème” di Henri Murger.
Musica di 
Giacomo Puccini
Mimì KAREN GARDEAZABAL
Musetta GIULIANA GIANFALDONI
Rodolfo GALEANO SALAS
Marcello ANDREA VINCENZO BONSIGNORE
Schaunard JAN ANTEM
Colline FRANCESCO LEONE
Benoit/Alcindoro NICOLÒ CERIANI
Parpignol ANTONIO GARÉS
Sergente dei Doganieri JACOPO BIANCHINI
Doganiere FRANCESCO AZZOLINI
Orchestra e  Coro della Fondazione Arena di Verona Direttore 
Alevtina Ioffe
Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Coro di Voci Bianche A.LI.VE. diretto da Paolo Facincani
Regia 
Stefano Trespidi
Scene
Juan Guillermo Nova
Costumi Silvia Bonetti
Luci Paolo Mazzon
Verona, 14 dicembre 2022
Finalmente un Teatro Filarmonico pieno (ma non esaurito) per la prima del capolavoro pucciniano al quale il pubblico è evidentemente affezionato; quella che forse è la più bella storia d’amore mai riversata nell’opera lirica riesce sempre, grazie alla musica del maestro lucchese, a registrare grandi numeri di presenza. Va detto subito che l’idea registica di Stefano Trespidi posticipava l’azione di più di un secolo, portandola dall’epoca di Luigi Filippo a quella gollista nel pieno delle violente contestazioni studentesche che a partire dal 22 marzo 1968 con l’occupazione dell’Università di Nanterre ed estese in seguito alla classe operaia portarono alla rivolta di maggio. Già qui abbiamo una prima incongruenza con l’ambientazione natalizia originaria di Murger e del libretto di Giacosa e Illica. L’idea può anche essere originale ed innovativa e, perché no? In linea con gli ideali di quel ’68 francese che mirava a scardinare una società vecchia, capitalista e legata ai valori tradizionali (Stato, Chiesa e Famiglia) attraverso le rivendicazioni salariali ma soprattutto la liberalizzazione dei costumi. Soprattutto la libertà sessuale, vista anche come un affrancarsi dal potere repressivo e chiesta con autentica passione rivoluzionaria anche per mezzo di cartelloni e slogan come “Il est interdit d’interdire” (Vietato vietare), ”La vie est ailleurs” (La vita è altrove) e molti altri. Ma il gioco di Trespidi non si può dire riuscito del tutto giacché l’idea di partenza non va oltre un canovaccio generale non pienamente sviluppato, basato su di un certo qualunquismo nelle scene intensamente liriche e vago in quelle di massa: l’impressione è quella di una gestione di solisti, coro e comparse abbandonati ad una sorta di autogestione artistica sul palcoscenico. Il risultato, soprattutto nel secondo quadro al Quartiere Latino, è compromesso dal disturbo visivo arrecato dalle proteste di piazza accanto al Cafè Momus; disturbo ancora più fastidioso (e sonoro) all’inizio del primo quadro con la scena occupata da un manipolo di studenti impegnati ad attaccare e togliere manifesti in quella soffitta gelida trasformata in centro sociale. La stessa soffitta, covo dei quattro amici squattrinati che non hanno nemmeno di che scaldarsi, nell’ultimo quadro diventa un attico confortevole con tanto di vasca idromassaggio da cui escono Marcello e una donna secondo un nudo integrale e trasgressivo (almeno nelle intenzioni) ma abbastanza pedestre e malriuscito per mezzo di mutandoni color pelle. Una lettura registica, in buona sostanza, da rivedere con maggior coerenza e sviluppo drammaturgico, nella quale hanno comunque ben figurato le scene di Juan Guillermo Nova (di un certo impatto la Renault 4 semicarbonizzata nel terzo quadro), i costumi di Silvia Bonetti e le luci di Paolo Mazzon.
Molto più convincente l’aspetto musicale, a partire dalla direttrice (debuttante a Verona) Alevtina Ioffe la cui concertazione risulta intensa e tesa a valorizzare ogni prezioso elemento della scrittura pucciniana; solo in qualche raro momento si è lasciata lusingare da un personale autocompiacimento con qualche tempo largo ma che non ha intaccato nella maniera più assoluta la sua visione d’insieme che legava con efficacia il golfo mistico con il palcoscenico. Ottima la prova delle masse artistiche della Fondazione (a proposito: non si potrebbero avere più artisti del coro e meno comparse?), così come le voci bianche del coro A.LI.VE. Nel ruolo della protagonista Karen Gardeazabal offre una bella linea di canto ma la sua Mimì risulta interpretativamente un po’ algida specie nel primo quadro, quando perde la chiave. Generalmente sfoggia un fraseggio poco vario e chiaro. Giuliana Gianfaldoni, chiamata ad interpretare Musetta ha messo in luce una brillante recitazione e una vocalità in linea con il personaggio, nonostante gli elementi di disturbo sopra citati. Il cast maschile poteva annoverare una compagnia ben sintonizzata vocalmente, soprattutto nelle scene d’insieme, a partire dal Rodolfo di Galeano Salas, che dei quattro amici ha il maggior impegno lirico. Il tenore, particolarmente meticoloso nel dipingere i tratti caratteriali del suo personaggio, si dimostra prudente ed attento ad evitare possibili eccessi vocali; la sua voce è di bel colore luminosa e libera nell’emissione su tutta la gamma. Andrea Vincenzo Bonsignore è un Marcello di spessore, spavaldo ed appassionato, in particolare nel terzo atto con accenti di fuoco vivo nell’acceso duetto con Rodolfo ma anche di tenera premura con Mimì. Altrettanto si può dire di Jan Antem, quale Schaunard che entra in scena con le sue dovizie e il suo divertente racconto, ed egualmente commosso nei drammatici momenti che chiudono l’ultimo quadro. A completare il quartetto il basso Francesco Leone dipinge un Colline vocalmente puntuale e preciso; il suo addio alla zimarra rivela un sottile sarcasmo ben calato nella drammaticità del momento. Nei ruoli minori Nicolò Ceriani interpretava il duplice ruolo di Benoit e Alcindoro; la nota felice viene proprio dal padrone di casa, dipinto finalmente con la giusta autorevolezza e non con la solita macchietta come ultimamente si vedeva spesso in molte produzioni. Bene anche Antonio Garés (Parpignol), Jacopo Bianchini (Sergente dei doganieri) e Francesco Azzolini (doganiere). Cambi scena un tantino lunghi, con dilatazione temporale degli intervalli, che non hanno tuttavia infastidito un pubblico attento e che ha esternato il proprio consenso al termine dello spettacolo. Repliche il 16 e 18 dicembre più una recita straordinaria il 31. Foto Ennevi per Fondazione Arena