Madrid: finalmente Achille in Sciro

È impossibile iniziare a scrivere senza ricordare che la prima di quest’opera, prevista per il 17 marzo 2020, fu sospesa per il confinamento a imposto dalla pandemia che ha devastato la popolazione mondiale. Le sue scenografie, di fatto, sono rimaste montate per quasi tre mesi e invece si sono dovuti attendere tre anni perché si alzasse finalmente il sipario e ora è il momento di dire, in che modo meraviglioso ciò è avvenuto. Senza dubbio il virtuosismo caratterizza questo Achille in Sciro: la qualità degli artisti è stata impareggiabile ed è stata l’elemento decisivo e chiave del suo successo, considerando che il controtenore Franco Fagioli, star della locandina, non ha potuto svolgere il ruolo di protagonista in nessuna delle recitein quanto malato dopo le prove generali, ed è stato sostituito da Gabriel Díaz.

L’estensione di un controtenore è senza dubbio qualcosa che attira l’attenzione dello spettatore, non solo per l’estrema sensibilità della sua voce e le reminiscenze del passato con termini de “I Castrati” che hanno segnato la storia dell’Opera, ma anche per la forza interpretativa che ogni ruolo in scena acquista con quella voce. La sfida più ardua che ciascuno di questi artisti deve affrontare è quella di preservare la virilità dei propri personaggi e riuscire a convincere, soprattutto nelle scene d’amore. Siamo tutti profondamente radicati nei canoni di ciò che è o non è maschile. La nostra testa è piena di parametri basati su giudizi che ci costringono a strutturare modi di essere, di agire e soprattutto di inserirsi. Quella voce meravigliosa, brillante, autentica e dotata di una tecnica studiatissima che è quella del controtenore è uno dei fiori all’occhiello dell’arte operistica.

In questa versione realizzata da Ivor Bolton e Mariame Clément – direttore al cembalo il primo, oltre ad interpretare il clavicembalo e regista la seconda – mette in mostra il talento virtuosistico di ciascuno degli artisti. Tutti hanno ad un certo punto delle loro scene, separatamente e con un attaccamento totale al vero, un momento in cui emozionano con la loro tecnica vocale. Questi momenti di brillantezza scenica sono premiati dal pubblico con applausi che si susseguono durante tutta la rappresentazione, che sia o meno la fine dell’atto. L’emozione che suscita nella platea è un chiaro esempio di quanto siano sublimi queste interpretazioni, dotate di sensibilità, maestria e bellezza. Scegliere tra l’uno e l’altro sarebbe un autentico atto di meschinità e poiché la scrittura è così generosa con tutti loro, non è possibile fare distinzioni.

In questa sorta di uomini vestiti da donna o di donne vestite da uomo, uno che interpreta il secondo e la seconda che interpreta il primo, ma rendendo il pubblico cosciente di quel travestimento, trionfa la commedia sottile senza rendere comico il linguaggio scenico. Ma soprattutto fa la verità. Perché il lavoro ricorda a tutti noi che la cosa più importante nella vita è imparare ad essere, essere e sembrare ciò che si è realmente. Qui sta la verità di quest’opera.

L’Achille o meglio il Pirra di Gabriel Díaz, controtenore sivigliano, è strepitoso. Dotato di grande sensibilità, è facile vedere come il personaggio di “lei” lo faccia essere chi non è veramente e dalla farsa generi una convincente presenza scenica. Quando gli vengono assegnate le attrezzature e gli effetti personali di chi è veramente; lo vediamo attraversare una serie di sentimenti che sono palpabili. Dalla confusione passa alla galanteria e da questa all’innamoramento, prendendosi una pausa per lasciarsi cadere sotto la pressione e poter finalmente godere e anche festeggiare. La Deidamia di Francesca Aspromonte è semplicemente meravigliosa. Dotata di una voce eccezionale, questo soprano italiano affascina col suo talento e ottiene molto di più del semplice commuovere.

Ora che il dono dell’arte, del talento e della perfezione assoluta che il soprano spagnolo Sabina Puértolas fa al pubblico con la sua impareggiabile Teagene è degno di ogni lode. Davvero un lavoro meraviglioso.

Così come è da segnalare anche Ulisse di Tim Mead, controtenore britannico che ridimensiona la presenza del controtenore in scena. Impeccabile nella sua esecuzione e mostra un grande talento.

Non si può tralasciare di citare Mirco Palazzi, Juan Sancho e Krystian Adam perché assolutamente tutti meritano ognuno di quegli applausi che ricevono ininterrottamente per tutta la serata.

La musica di quest’opera riempie tutto. La sua qualità è innegabile. Fornisce non solo i suddetti momenti di brillantezza artistica di ciascuno dei cantanti, ma costituisce anche una fusione di suoni di ogni tipo che aggiungono molta ricchezza all’azione e all’intero spettacolo. E questo rende l’occasione per evidenziare l’intervento del Monteverdi Continuo Esemble che mostra grande talento insieme al Coro Principale del Teatro Real e molto soddisfacente l’Orchestra Barocca di Siviglia che fa un lavoro straordinario.

Il palcoscenico è totalmente avvolto dalla pietra. L’atemporalità della risorsa scenica significa che non è necessario collocare le azioni in un certo tempo, perché la pietra è eterna e sì, potremmo essere in Grecia, sì. Può suggerire una grotta, o forse un’idea di porto che viene rinforzato quando una nave arriva e attracca, così come la “pennellata” greca è più evidente per la presenza di diverse sculture belle e di alta qualità che occupano la scena per un momento. Ma quello che suggeriscono è che non c’è tempo o spazio.

C’è un motivo per cui la figura dell’Infanta María Teresa è sempre presente, anche se silenciosa: l’opera fu scritta In onore del suo matrimonio con il Delfino di Francia, quindi è logico che questa licenza sia consentita dal barocco. Ecco perché sul palco si vedono anche il Re e la Regina. I costumi non cercano di rendere il momento storico qualcosa di facile da individuare, perché non è necessario. Forse è per questo che gli abiti  sono qualcosa che viene tolto e messo davanti a noi.

Il Barocco permette tutto ed è così che si vede dal momento in cui il sipario si apre fino a quando si chiude. Non ci sono formalità o moduli. Esistono solo immagini che generano emozione e verità che si costruiscono attraverso i fatti, ma soprattutto attraverso la musica.

Valeva la pena aspettare perché non ci fossero dubbi su quest’opera quasi sconosciuta del repertorio lirico spagnolo.

Ricardo Ladrón de Guevara
(26 febbraio 2023)

Originale spagnolo

Todo cuanto tiene el sello del Barroco no posee límites. En su grandeza y en su elocuencia reside su esencia y su verdad, así como Aquiles perseguía las suyas

Es imposible empezar a escribir sin mencionar que la obra suspendió su estreno que estaba pautado para 17 de marzo del 2020 por que se decreta el confinamiento por causa de la pandemia que asoló a la población del mundo. Su escenografía, de hecho, permaneció en el escenario durante casi tres meses y ha esperado tres años para que el telón pueda elevarse finalmente. Y ahora toca decir, de que maravillosa forma lo ha hecho. Al escenario de este Aquiles se ha subido el virtuosismo sin duda. La calidad de los artistas ha sido incomparable y ha constituido el elemento decisivo y clave se su éxito. Haciendo el inciso de que el contratenor Franco Fagioli cabeza de cartel no pudo interpretar el papel protagónico en ninguna de las funciones pues ha estado enfermo desde el ensayo general, siendo sustituido por Gabriel Díaz. El registro de un contratenor es sin duda algo que llama mucho la atención del espectador, no solo por la sensibilidad extrema que hay en su voz y las reminiscencias al pasado con términos de “Il Castrati” que han marcado la historia de la Ópera, sino por la fuerza interpretativa que adquiere con esa voz cualquier papel en las tablas. El reto más contundente que enfrenta cada uno de estos artistas es preservar la virilidad de sus personajes y lograr convencer sobre todo en las escenas de amor. Estamos todos muy arraigados a los cánones de lo que es o no masculino. Nuestras cabezas están llenas de parámetros basados en juicios que nos obligan a estructurar formas de ser, de actuar, y sobre todo de encajar. Esa maravillosa voz, brillante, auténtica y dotada de una muy estudiada técnica que es la del contratenor es una de las banderas del arte operístico.

En esta versión que dirigen Ivor Bolton y Mariame Clément. La firma de Dirección Musical, además de interpretar el Clavecín y ella en la Dirección de Escena, se hace gala del talento virtuoso de cada uno de los artistas. Todos tienen en algún momento de sus escenas, por separado y con un total apego al protagonismo real y verdadero un instante en el que emocionan con su técnica vocal. Estos momentos de lucimiento escénico son premiados por el público con aplausos que se producen durante todo el montaje, sea el fin del acto o no. La emoción que despiertan en la sala es el claro ejemplo de lo sublime que son estas interpretaciones, dotadas de sensibilidad, maestría y belleza. Escoger entre unos y otros sería un auténtico acto de mezquindad y como el guion es tan generoso con todos no cabe hacer distinciones.

En esta suerte de hombres vestidos de mujer o mujeres vestidas de hombre, interpretando los unos a éstas y ellas a ellos, pero haciendo consciente al púbico de ese disfraz, triunfa la comedia sutil sin que se haga cómico el lenguaje escénico. Pero, sobre todo lo hace la verdad. Porque la obra nos recuerda a todos que lo más importante en la vida es aprender a ser, estar y parecer lo que uno realmente es. Allí radica la verdad de esta ópera.

El Achille o mejor dicho la Pirra de Gabriel Díaz, el contratenor Sevillano es todo un acierto. Dotado de una gran sensibilidad es fácil ver desde la butaca como el personaje de “ella” le hace ser quien no es realmente y de la farsa generar una presencia en escena de convencimiento. Cuando se le adjudican los enceres y los bártulos de quien realmente es, le vemos transitar por una gama de sentimientos que son palpables. De la confusión, pasa a la gallardía y de esta al enamoramiento haciendo un alto para dejarse caer por la presión y finalmente poder disfrutar incluso celebrar. La Deidamia de Francesca Aspromonte es innegablemente maravillosa. Dotada de una voz excepcional esta soprano italiana hace que te erices con su trabajo y logra mucho mas que simplemente emocionarte. Ahora que el regalo de arte, talento y absoluta perfección que hace la soprano, española, Sabina Puértolas al púbico con su incomparable Teagene es digno de todos los elogios. Realmente un maravilloso trabajo. Así como también es de destacar el Ulisse de Tim Mead, contratenor británico que redimensiona la presencia del contratenor en el escenario. Impecable en su ejecución y hace gala de un gran talento. No se pueden dejar de mencionar a Mirco Palazzi, Juan Sancho y Krystian Adam porque absolutamente todos son merecedores de cada uno de esos aplausos que reciben sin parar a lo largo de toda la noche.

La música de esta ópera lo llena todo. Su calidad es innegable. Aporta no solo los ya mencionados momentos de lucimiento artístico de cada uno de los cantantes sino que en si constituye una amalgama de sonidos de todo tipo que aportan mucha riqueza a la acción y a todo el espectáculo. Y ello hace propicia la oportunidad para destacar la intervención del Monteverdi Contínuo Esamble que hace gala de un gran talento junto al Coro Titular del Teatro Real y muy satisfactoria y emocionalmente a la Orquesta Barroca de Sevilla que hace un extraordinario trabajo.

El escenario está totalmente protagonizado por la piedra. La atemporalidad del recurso escénico hace que no sea menester ubicar en un tiempo determinado las acciones, porque la piedra es eterna y si, puede que estemos en Grecia, sí. Puede que nos sugiere una gruta, o quizá un puerto idea que se refuerza cuando llega y atraca un barco, así como la pincelada griega tiene más importancia por la presencia de varias hermosas esculturas de gran calidad que un momento ocupan la escena. Pero, es que lo que sugieren es que no hay tiempo ni espacio. Por algo la figura de la Infanta María Teresa está presente todo el tiempo, aunque silente. En honor de su boda con el Delfín de Francia se escribió esta ópera por tanto es lógico que esta licencia la permita el barroco. Por eso venos en el escenario incluso al Rey y la Reina. El vestuario no se tranza por hacer el momento histórico algo fácil de ubicar, porque no es necesario. Quizá por eso el vestuario es algo que se quita y se pone delante de nosotros en algún momento. El Barroco lo permite todo y así se ve desde que abre el telón hasta que cierra. No hay formalismos ni formas. Hay solo imágenes que generan emoción y verdades que se construyen a través de los hechos, pero, sobre todo de la música

Valió la pena esperar no hay la menor duda por esta casi desconocidas obra del repertorio lírico español.

Ricardo Ladrón de Guevara
(26 febbraio 2023)

La locandina

Direttore al cembalo Ivor Bolton
Regia Mariame Clément
Scene e costumi Julia Hansen
Coreografia Mathieu Guilhaumon
Luci Ulrik Gad
Personaggi e interpreti:
Licomede Mirco Palazzi
Ulisse Tim Mead
Deidamia Francesca Aspromonte
Teagene Sabina Puértolas
Achille / Pirra Gabriel Díaz
Arcade Krystian Adam
Nearco Juan Sancho
Orquesta Barroca de Sevilla
Coro Titular del Teatro Real
Maestro del coro Andrés Maspero

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