L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Sorprese e déjà vu

di Roberta Pedrotti

Al Comunale Nouveau di Bologna la Tosca estiva fuori abbonamento ha come punti di forza la protagonista Carmen Giannattasio e la lettura personale di Oksana Lyniv sul podio. Più grossolano lo Scarpia di Ambrogio Maestri e priva d'interesse la nuova produzione per la regia di Giovanni Scandella.

BOLOGNA 21 luglio 2023 - Appena due recite di Tosca, a luglio inoltrato, punteggiano l'estate musicale bolognese e anticipano le celebrazioni del prossimo anno (in cui l'entusiasmo per la proposta del Trittico si smorza incredulo di fronte alla scelta quantomeno bizzarra di distribuire le sue tre parti in tre serate consecutive). Sulla carta può sembrare un riempitivo, un appuntamento con quel grande repertorio che appaga sempre il botteghino. Invece, la presenza sul podio di Oksana Lyniv regala ben più di un motivo d'attenzione e riflessione, perché – evviva – non si tratta di discutere della qualità tecnica dell'esecuzione, ma delle scelte dell'interprete. L'orchestra suona bene, con bel suono, al netto di qualche umano limite la sintonia con il palco è buona: insomma, tutto fila liscio e ci si può concentrare sull'idea che la concertatrice vuole dare del dramma pucciniano. È un'idea di stampo sinfonico, di respiro europeo (Strauss e Mahler sono dietro l'angolo), protesa a delineare l'azione nelle pieghe del tessuto strumentale, privilegiando controcanti, colori densi, rapporti armonici e tematici in una narrazione serrata, a tratti perfino concitata. Tuttavia, sarebbe sbagliato parlare di una Tosca irruente, a tinte forti: il gesto di Lyniv ha sempre una geometria controllatissima e anche il “Te Deum” mantiene una solennità scevra da effetti esteriori. Tutto funziona molto meglio rispetto all'Andrea Chénier dello scorso autunno e, se si sacrifica il cantabile più scoperto, un incedere concitato – in linea con il tempo reale di un vero e proprio thriller – resta sempre mobile, aderente alla situazione e a ciò che nella partitura si pone in evidenza, senza escludere, in un ben costruito flusso continuo, anche dilatazioni sorprendenti. Ne è un esempio l'alba romana e soprattutto l'introduzione del tema di “E lucevan le stelle” trasformata in una sorta di livida marcia funebre dal sapore espressionista.

Nel cast, chi meglio figura in questa lettura è Carmen Giannattasio, una protagonista di cui si potrà lodare la sicurezza in tutta la tessitura, la bontà e l'omogeneità dell'emissione, la chiarezza d'articolazione, ma soprattutto – ed è ciò che fa la differenza – la cura di tanti dettagli spesso disattesi: “Quanto... il prezzo” cantato con le note scritte da Puccini, ma anche la chiusa di “Vissi d'arte” senza appariscenti corone, bensì con quel composto raccoglimento che nella penna dell'autore è la sigla della preghiera. Roberto Aronica sfodera acuti sempre saldi nonostante qualche segno di stanchezza timbrica nei centri e nel passaggio. Esperto e padrone del personaggio, offre una prova convincente ben in sintonia con colleghi e concertazione. Lascia più perplessi lo Scarpia di Ambrogio Maestri, per qualche intemperanza espressiva e musicale di troppo, con la sensazione di una perenne divergenza d'intenti rispetto al podio.

Paolo Antognetti, Spoletta, Paolo Orecchia, Sagrestano, Christian Barone, Angelotti e Carceriere, Tong Liu, Sciarrone, e il pastorello di cui la locandina non riporta il nome, insieme con i cori preparati da Gea Garatti Ansini (adulti) e Alhambra Superchi (voci bianche), offrono tutti un efficace contributo al buon esito di questa prima.

Resterebbe da dire della nuova produzione firmata da Giovanni Scandella con scene di Manuela Gasperoni, costumi di Stefania Scaraggi e luci di Daniele Naldi. C'è però, poco da osservare: l'ambientazione è tradizionalissima, tanto che ci si chiede perché presentarla come nuova invece di adattare un allestimento preesistente al palcoscenico del Comunale Nouveau. La regia di Scandella sembra quasi limitarsi a un'onesta direzione di palcoscenico in cui ciascuno può abbandonarsi a rassicuranti abitudini. Nulla di male, ma nulla che (al netto di questioni logistiche a noi ignote) non si potesse ottenere con una ripresa di repertorio.

Il pubblico esprime convinta approvazione e si presenta ben più numeroso di quanto ci si aspetterebbe per uno spettacolo fuori abbonamento in un torrido luglio. Soprattutto non si esce dal Comunale Nouveau con la sensazione di una routine che punta su un titolo di inevitabile successo, ma discutendo di un taglio interpretativo ben preciso. L'opera è viva, e lo è soprattutto se non deve piacere a tutti i costi, ma se sa proporre anche prospettive e punti di vista diversi.

 


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