Recensioni - Opera

Roma: bella rappresentazione di Traviata a Caracalla

Ha molto colpito la rappresentazione della Traviata nella suggestiva ambientazione delle rovine delle Terme di Caracalla

Interpreti principali: Violetta Valéry Francesca Dotto, Alfredo Germont Giovanni Sala / Alessandro Scotto di Luzio, Giorgio Germont Christopher Maltman / Marco Caria, Flora Bervoix Ekaterine Buachidze, Annina Mariam Suleiman, Il barone Douphol Arturo Espinosa, Il marchese d’Obigny Mattia Rossi, Dottor Grenvil Viktor Shevchenko. Orchestra e Coro dell’Opera di Roma.

La Traviata, opera in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave ed ispirata al romanzo La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio, fu rappresentata per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia il 6 marzo 1853. Fa parte della trilogia popolare verdiana assieme a Il Trovatore e Rigoletto.

Composta in parte nella Villa degli editori Ricordi a Cadenabbia sul lago di Como ed in parte nella Tenuta di sant’Agata proprietà di Verdi stesso, la prima rappresentazione, a pochi mesi dal trionfo de Il Trovatore al Teatro Apollo di Roma, fu un fiasco, sia per il tema considerato scabroso sia per gli interpreti non all’altezza della partitura. Il 6 maggio dell’anno successivo, dopo alcune rielaborazioni ed un’accurata scelta di cantanti di miglior livello, sotto la direzione dello stesso Verdi, riscosse il plauso del pubblico al Teatro San Benedetto, sempre a Venezia, inaugurando una lunghissima serie di successi.

Nel corso della sua vita l’opera fu rimaneggiata molte volte a causa della censura per via del contenuto scabroso, ma proprio per queste tematiche, per la perfezione melodica, per l’efficacia dell’orchestrazione, per l’intensità drammatica e l’invenzione tematica, è considerata una delle opere più belle mai scritte e risulta a tutt’oggi una delle più rappresentate al mondo: ben 629 recite in tutto il mondo solo nel 2013 (cfr Operabase.com) .

Secondo il Maestro Paolo Arrivabeni, che ha diretto molte volte Traviata nel corso della sua lunga carriera da direttore d’orchestra, una delle peculiarità di quest’opera è la trasformazione del personaggio di Violetta nel corso dei tre atti. Alfredo e Germont in fin dei conti mantengono il proprio carattere, il primo è un giovane innamorato della buona società parigina, il secondo è un capofamiglia ottocentesco, rigido, rigoroso, cinico e manipolatore, molto attento a salvaguardare le sorti e l’onorabilità della propria famiglia. Certo hanno una loro evoluzione nei confronti di Violetta, soprattutto Germont, ma nella sostanza non si allontanano troppo dai loro cliché e la scrittura musicale lo evidenzia. Violetta invece si presenta nel primo atto come una giovane rampante e gioiosa, apparentemente integrata nella festosa atmosfera parigina, “sempre libera di folleggiar di gioia in gioia”, per usare le sue stesse parole. Nel secondo atto però il personaggio si evolve e diventa più riflessivo, nella sua interazione con Germont e naturalmente nel drammatico trasformarsi del suo rapporto con Alfredo. Nel terzo atto c’è una ulteriore evoluzione, sempre più drammatica e scura, con sentimenti sempre più contrastanti: gioia, paura, dolore, speranza, malinconia, fino all’epilogo finale. Questa trasformazione del personaggio implica una difficoltà da parte dell’interprete: nel primo atto occorre agilità, coloritura, bel canto. Nel secondo e nel terzo invece occorre un’emissione lirica più accentuata e via via sempre più drammatica. Negli ambienti teatrali da anni si va dicendo che ci vorrebbe un soprano per ogni atto vista la differenza di tecnica richiesta. Verdi cambia la tessitura musicale continuamente portando l’ascoltatore lungo un arco evolutivo impressionante e verso una tensione musicale sempre più alta. Nel terzo atto il compositore fa uso del recitato accompagnato dagli archi mentre Violetta legge la lettera scrittale di Germont: una ulteriore prova per il soprano, che rende ancor più ampio lo sforzo interpretativo. L’elasticità della voce è quindi una delle doti principali necessarie ad un soprano che interpreti Violetta. Il Maestro in questo senso sembra preferire voci giovani, che per loro natura sono più adattabili alle necessità dei tre atti. Il Maestro rivela inoltre che non fà cantare il mi bemolle alla fine del “Sempre libera”: non è in partitura e spesso genera ansia nelle interpreti. Verdi era perfettamente consapevole dei codici e delle convenzioni del bel canto tipiche della sua epoca, ed egli stesso ne portò avanti l’evoluzione, anche in quest’opera. Ma col tempo il suo senso lirico si evolverà abbandonando, da Aida in poi, queste convenzioni. Il Maestro si chiede come Verdi avrebbe scritto Traviata se avesse affrontato il libretto nel 1873 anziché nel 1853.

Il Maestro si sofferma anche a parlare di alcune scelte che sono state fatte a livello di regia e di scenografia: già all’epoca di Verdi il compositore per evitare problemi con la censuar era stato obbligato a trasporre la storia del XIX al XVII secolo. In questa rappresentazione ispirata agli anni ’60 ancora una volta la scena si sposta nel tempo, nel futuro anziché nel passato. Ma nella rappresentazione della Traviata non si tratta che di un dettaglio: la reale natura della sua malattia mortale, la cura prodotta dal fedele Dottor Grenvil, i costumi indossati e le scene in cui si muovono i personaggi possono cambiare. Quello che conta è la drammaticità della vicenda e i sentimenti dei personaggi, e di Violetta in particolare, che sono virtualmente senza tempo.

Le vicende che portano Alexandre Dumas figlio a scrivere a 24 anni in un solo mese il suo romanzo più famoso, sono per sempre legate alla vita spericolata e affascinante di Madame Marie Duplessis, pseudonimo di Alphonsine Rose Plessis, divenuta poi la contessa di Perrégaux, meglio nota come Marguerite Gautier ovvero La Signora delle camelie.

Alexandre, figlio illegittimo di Alexandre Dumas e di una sarta, si innamorò della bella dama ma la morte di lei fu per lui occasione di riscatto: gli permise di superare per sempre le sue umili origini, di conquistare la celebrità e di confrontarsi alla pari con l’ingombrante figura paterna, autore tra l’altro dei celebri Tre Moschettieri. Il romanzo, scritto in prima persona dall’autore come voce narrante, dichiarava di raccontare vicende e personaggi di cui egli stesso è venuto a conoscenza per caso, un po’ come la manzoniana narrazione dei Promessi Sposi scoperti in un baule da tempo abbandonato. In realtà dietro alla narrazione, si celava la autobiografica vicenda reale, che tra le altre cose affrontava per la prima volta il “il demi-monde”, il mondo di mezzo come ebbe a dire lo stesso autore: un ambiente sociale corrotto che ostenta gli atteggiamenti tipici del ceto elevato, senza averne la sostanza e la ricchezza. Un mondo ricco di drammi, di personaggi, grandi e piccoli che lo abitavano o lo frequentavano soltanto. Un romanzo a tema morale quindi, che sollevò non poche polemiche all’epoca, ma che ebbe anche un grande successo. Le stesse polemiche e difficoltà che prevedibilmente si rifletterono anche sulla Traviata.

Dopo la morte della Duplessis avvenuta agli inizi del 1847, il romanzo fu scritto e pubblicato nel 1848. Il personaggio di Marguerite, con la sua complessità, la sua intrinseca debolezza, ma al contempo la sua forza di opporsi e di lottare fino alla fine, approdò poi in prosa al Théàtre du Vaudeville ai primi del 1852 ed appena un anno dopo alla Fenice di Venezia come opera lirica, La Traviata.

Il libretto fu scritto da Francesco Maria Piave, fedele librettista di Verdi. Piave aveva la capacità di contenere le intemperanze rivoluzionarie di Verdi, mascherandole a volte e comunque realizzandole in modo molto prudente. Di educazione strettamente moralistica, da ex-seminarista qual era, il testo di Dumas lo mise in non poca difficoltà, soprattutto in termini di accettazione della condotta di Violetta. Ma il percorso di trasformazione e di evoluzione di Violetta gli permise d’inserire nel testo dei cenni di redenzione e carità cristiana (come il gesto di donare la metà delle sue ultime sostanze ai tanti infelici che soffrono nel generale frastuono del Carnevale del bue grasso di Parigi, o le parole dedicate alla sorella di Alfredo “Pura siccome un angelo”).

Oltre alla storia narrata molto innovativa per l’epoca, anche la partitura riserva notevoli novità e accorgimenti particolari: ad esempio nel secondo atto tra due arie convenzionali di Alfredo e di Germont, Verdi nella scena che culmina con il celebre Amami Alfredo annota sulla partitura “Non Aria, né Duetto!”: una semplice nota che implica una grande innovazione drammaturgica. Il finale del secondo atto, con un istante contemplativo prolungato e sospeso (“Alfredo, Alfredo, di questo core”) è poi un omaggio ai grandi finali come La Sonnambula di Bellini o Lucia di Lammermoor di Donizetti. Altra innovazione notevole è il fatto che viene rotta la convenzione teatrale dell’unità di tempo dell’azione: tra il primo ed il secondo atto passano tre mesi e tra il secondo ed il terzo atto passa ancora del tempo (addirittura indefinito questa volta: lo deduciamo dalla lettura della lettera di Germont). Contrariamente alle convenzioni dell’epoca, nell’azione stessa ci sono più conflitti che determinano il motore della narrazione: nel primo atto è il conflitto tra l’amore di Alfredo e la vita mondana amata da Violetta. Nel secondo atto Violetta abbraccia definitivamente l’amore per Alfredo ma si scontra con la morale borghese inesorabile, impersonificata da Germont. Nel terzo atto si raggiunge il climax finale: lo scontro tra l’amore e la morte stessa. Uno dei topoi dell’azione drammatica per eccellenza: la lotta impari tra la morte e l’amore che vede primeggiare la prima sul secondo.

La rappresentazione è stata ben interpretata dagli artisti che nonostante le intemperanze del tempo atmosferico hanno saputo tenere sempre alta l’attenzione del pubblico.

La scenografia, così come i costumi, sono ispirati agli anni ’60. All’inizio troneggia sul palco quello che sembra un gigantesco cartellone pubblicitario cinematografico con la Monroe in primo piano inseguita di un misterioso assassino.

Nel primo atto la scena si è aperta con proiezioni di filmati video sulle rovine che torreggiano dietro al palco e il cartellone cinematografico iniziale, spostato sullo sfondo, ha creato un incredibile gioco di luci e di proiezioni in bianco e nero davvero molto belle con rappresentazione di insegne pubblicitari degli anni ‘60. Poi un piccolo incidente durante il Brindisi: l’orchestra si è fermata per almeno un minuto, così come i cantanti, il coro e tutte le maestranze sul palcoscenico. Alla fine, tutto è ripreso e lo spettacolo ha proseguito regolarmente. Violetta ha dato prova straordinaria di quella agilità vocale necessaria per attraversare la trasformazione del suo personaggio nel corso dei tre atti: dal bel canto ad alle parti più drammatiche ed anche al recitato. Segnaliamo una bella prova nel celebre Sempre libera ed il bellissimo duetto con Alfredo Un dì felice, eterea con una perfetta sintonia tra i due cantanti che ha portato all’applauso a scena aperta. Il Coro dell’Opera di Roma ha tenuto poi testa ai passaggi contrappuntistici della seconda parte del primo atto volando verso il finale travolgente in modo molto coinvolgente. Scelta molto interessante tra l’altro il riferimento a Grease con i balli tipici del famoso musical che si svolgevano nel frattempo sul palcoscenico, in linea con la scelta della scenografia ispirata agli anni 60.

Nel secondo atto la scenografia si apre con una languida riproduzione di una superficie di acqua, che si increspa via via che la tensione drammatica sale: un effetto molto bello. Ottima performance di Alfredo nell’aria De’ miei bollenti spiriti sostenuta anche de un bel timbro vocale. Altrettanto ottima la prova del duetto Pura siccome un angelo tra Germont e Violetta: anche qui ha colpito particolarmente il bel timbro di Germont. Nella scena seguente, la concitata parte orchestrale e la sintonia dei due cantanti ha portato ad un travolgente Amami Alfredo, con applausi a scena aperta. Bravo Germont anche nella successiva aria Di Provenza, il mar, il suol.

Il secondo quadro del secondo atto si è aperto con una bella prova del corpo di ballo, con costumi inconsueti ispirati al burlesque parigino. Il Qui testimon vi chiamo del secondo quadro, con il drammatico confronto tra Alfredo e Violetta, è stato uno dei punti più alti dello spettacolo.

Nel terzo atto molto suggestiva l’esecuzione del celebre preludio. Bellissima la lettura della lettera di inviata a Violetta da Germont, uno dei punti più alti della rappresentazione. Altrettanto bella e toccante Addio del passato ed il duetto Parigi, o cara. In generale Alfredo è sembrato eccellere maggiormente nei duetti con Violetta. Il finale poi con la morte di Violetta è stato travolgente. Le scenografie di questo terzo atto sono state forse meno convincenti rispetto ai due atti precedenti: il letto di Violetta troneggia sul palco sotto ad un arco che sembra stia crollando, in modo metaforico. Ai lati del palco giacciono tavolini e poltrone in disordine, vestigia della festa del secondo atto a casa Bervoix. Grande performance di Violetta che è riuscita a esprimere i sentimenti contrastanti che la caratterizzano in questa ultima parte della vicenda.

Per la parte orchestrale, bellissima l’esecuzione del preludio del primo atto e della sua versione completa nel terzo atto. In generale il Maestro ha diretto in modo impeccabile, senza scelte inconsuete, il che è stato molto apprezzato dal pubblico. Volumi orchestrali bilanciati, senza coprire i cantanti, ma col volume necessario a sostenere la scena. Anche la velocità di esecuzione dei vari brani è stata molto bilanciata. Particolarmente riuscita la direzione del finale del primo atto e del secondo quadro del secondo atto. Qualche piccolo problema iniziale di sincronizzazione dei suoni amplificati tra lato destro e sinistro della buca orchestrale dovuto probabilmente al fatto che i tecnici audio hanno dovuto piazzare tutti gli apparati microfonici e pochi minuti prima dell’inizio dello spettacolo. C’era stata forte pioggia prima.

Al termine della rappresentazione purtroppo il pubblico non ha potuto tributare il giusto applauso agli interpreti, per via del freddo pungente. Dopo i saluti di rito, il teatro si è praticamente svuotato. Solo poche chiamate alla ribalta. Un peccato per la grande prova e professionalità di tutti gli artisti e dei tecnici. Speriamo che le prossime rappresentazioni si svolgano in un clima più estivo.