Milano, Teatro alla Scala: “Il barbiere di Siviglia”

Milano, Teatro alla Scala, Stagione d’Opera e Balletto 2022/2023
“IL BARBIERE DI SIVIGLIA”
Dramma comico in due atti su libretto di Cesare Sterbini

Musica di Gioachino Rossini
Il Conte d’Almaviva PIERLUIGI D’ALOIA*

Bartolo PIERPAOLO MARTELLA
Rosina MARA GAUDENZI*
Figaro SUNG-HWAN DAMIEN PARK*
Basilio MATÍAS MONCADA*
Berta NICOLE WACKER
Fiorello/Un Ufficiale GIUSEPPE DE LUCA*
*Allievo dell’Accademia Teatro alla Scala
Orchestra e Coro dell’Accademia Teatro alla Scala

Direttore Evelino Pidò
Maestro del coro Salvo Sgrò
Fortepiano Francesco De Solda
Regia Leo Muscato
Scene Federica Parolini
Costumi Silvia Aymonino
Luci Alessandro Verazzi
Coreografia Nicole Kehrberger
Ripresa da Marianna Zanaglio
Produzione Teatro alla Scala
Milano, 11 settembre 2023
A settembre ricomincia la scuola, e ricomincia la Scala. Con il Progetto Accademia: un titolo del cartellone affidato (quasi) per intero agli allievi dell’Accademia Teatro alla Scala, su cui val la pena di spendere qualche parola. Per prima nasce la Scuola di Ballo, già nel 1813, e da allora è invecchiata piuttosto bene, se nell’ultimissimo tempo un suo allievo è arrivato ad essere primo ballerino al Bol’šoj. Poi viene il canto, 1946, con i toscaniniani Cadetti della Scala: e ne segue la stagione incantata della Piccola Scala, laboratorio da cui, scrostato delle sue patine, il Settecento è uscito vivificato. Infine, negli Anni 90 l’Accademia si accresce ed assume la sua fisionomia odierna: una trentina di corsi, per più di 1600 allievi, in ogni ambito dello spettacolo, dall’artistico, al tecnico, al manageriale. Dunque, questa ripresa del Barbiere coinvolge allievi non soltanto fra gli artisti, ma anche fra gli operosi e silenziosi dipartimenti tecnici e organizzativi del grande teatro. Ripresa, si diceva, del recente allestimento (2021), regia di Leo Muscato: il Barbiere come l’opera musicale quant’altre mai. E, in effetti. Rosina canta, e all’ultimo grido; al contrario Bartolo ricorda le belle arie dei bei tempi andati; per Basilio la musica è una professione, prima e più che la fede; Figaro è tutto trallallalera trallallalà con chitarra al collo; anche Almaviva, se deve improvvisare una serenata così su due piedi, non se la cava poi tanto male; e persino Fiorello è capace di arrangiare una piccola orchestra. Dunque possono tutti stare molto bene in un teatro che dovrà chiamarsi Siviglia, con Bartolo impresario e Figaro macchinista tuttofare. C’è sempre però qualche conto che si sforza un po’ di tornare, come la Berta vecchia maestra di danza con dipendenza dal fumo. Le scene, agilissime, sono di Federica Parolini: all’italiana, ovvero bidimensionali e non tri; ed è un vero peccato che ormai si ricorra a questo genere di scene solo come citazione giocosa, se giustificata dalla regia. I costumi di Silvia Aymonino sanno restare sospesi fra Otto e Novecento nonostante la puntualissima dovizia di dettagli. A condurre i complessi dell’Accademia e la loro straripante, giovane energia verso la più pacata proprietà stilistica è il Maestro Evelino Pidò: concertatore severo ed accorto, grande musicista al di là degli specialismi, direttore dal gesto nitidissimo e guizzante. Messa minuziosamente a punto una vasta gamma di dinamiche, vi ricorre alternandole assai rossinianamente; e sempre ondeggia, con buonumore e buongusto, fra il maniacale rigore ritmico e l’appassionato slancio lirico. Insomma, una lezione. Il protagonista di questo secondo cast ha voce solidissima e squillante, impavida nelle ripide salite della lunga cavatina; ha fraseggio che pulsa all’unisono con la più autentica e naturale inflessione italiana, fatto che può sorprendere perché il baritono, Sung-Hwan Damien Park, è coreano. O, forse, proprio per questo non deve sorprendere. Mara Gaudenzi è la Rosina come si deve: voce tonda e piena, gravida di armonici, scura ma non cupa, che scende pastosissima nel grave senza perdere vivacità né freschezza. Pierluigi D’Aloia ha voce luminosa e svettante, come la figura alta e slanciata: ed entrambe usa con quella leggera ma sensibile tensione che la pratica del palcoscenico spazza via per forza. E una risorsa particolarmente preziosa l’ha nella sua carezzevole mezza voce. Pierpaolo Martella sfoggia un sillabato perfetto, ed anche quanto al timbro, in qualche suono, evoca il sommo Dara. L’interpretazione avrà modo di diventare più personale, e magari meno indulgente ad effettucci d’abitudine, senza con questo voler fare d’un Don Bartolo un Don Pasquale. Un poco lo stesso discorso può valere anche per il Basilio, più fascinoso per timbro che sicuro nell’emissione, di Matías Moncada, tutto intento a fregarsi tradizionalissimamente le mani: simpatico, come prova anche la risposta della sala, fin troppo. Ma per l’armamentario di gag, la responsabilità va data al regista. Perché, secondo una massima di Nucci, Figaro non ride: sorride. Bella tornita anche la voce della Berta di Nicole Wacker e piuttosto voluminosa quella di Giuseppe De Luca, Fiorello. L’orchestra dell’Accademia ha anche un altro impegno per questo mese, e di tutt’altro genere: “Il lago dei cigni”. La foto Brescia & Amisano non corrisponde al cast recensito