Venezia, Teatro Malibran: “Orlando Furioso”

Venezia, Teatro Malibran, Stagione Lirica e Balletto 2022-2023
ORLANDO FURIOSO”
Dramma per musica in tre atti su Libretto di Grazio Braccioli, dall’“Orlando furioso” di Ludovico Ariosto.
Musica di Antonio Vivaldi
Orlando SONIA PRINA
Angelica MICHELA ANTENUCCI
Alcina LUCIA CIRILLO
Bradamante LORIANA CASTELLANO
Medoro LAURA POLVERELLI
Ruggiero KANGMIN JUSTIN KIM
Astolfo LUCA TITTOTO
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore Diego Fasolis
Maestro del Coro Alfonso Caiani
Regia Fabio Ceresa
Scene Massimo Checchetto
Costumi Giuseppe Palella
Light designer Fabio Barettin
Allestimento Fondazione Teatro La Fenice in coproduzione con Festival della Valle d’Itria
Venezia, 26 settembre 2023
La cosiddetta Vivaldi-renaissance si deve all’iniziativa di un gruppo di amici, appassionati di musica antica e barocca, formato da Alfredo Casella, Ezra Pound, la violinista Olga Rudge e il musicofilo senese, conte Guido Chigi Saracini. Grazie a loro, negli anni Trenta del Novecento, dopo un oblio bisecolare, che aveva risparmiato solo poche opere, prese avvio la riscoperta di un’ampia parte dimenticata della produzione del Prete Rosso, i cui titoli sono attualmente raccolti nel catalogo curato, tra il 1974 e il 2007, da Peter Ryom. Alfredo Casella, insieme ad alcuni collaboratori, tra cui Rudge, si occupò della scelta e della revisione delle musiche da inserire nel programma della prima Settimana Musicale Senese del 1939: tra esse l’opera L’Olimpiade, che aprì la strada alla riscoperta e alla rappresentazione di molti altri melodrammi vivaldiani. Quelli che abbiamo recuperato ci consegnano un grande operista esperto di vocalità – specialmente di quella femminile, grazie alla sua esperienza come maestro delle “putte” all’Ospedale della Pietà – capace di regalarci “meraviglie” barocche come le seduzioni del canto, dai mirabolanti virtuosismi, e dell’orchestra, che spesso riserva raffinatezze strumentali inattese.
Di questa renaissance il Teatro La Fenice non poteva che essere uno dei protagonisti. Dopo le rappresentazioni, in anni abbastanza recenti, di Ercole sul Termodonte, Bajazet, Ottone in Villa, Farnace, La Griselda, il teatro veneziano ha proposto, nel 2018 – in coproduzione con Festival della Valle d’Itria di Martina Franca e Radio Svizzera Italiana – l’Orlando furioso, nell’edizione critica di Federico Maria Sardelli, abbreviata attraverso il taglio di un’aria per ciascuno dei personaggi, a rendere lo spettacolo – che nella versione originale dura circa quattro ore – compatibile con gli attuali, più stringati tempi teatrali. L’allestimento ideato dal regista Fabio Ceresa per questa produzione – con il valido contributo di Massimo Checchetto per le scene Giuseppe Palella per i costumi e Fabio Barettin per le luci – può essere considerato una rivisitazione del teatro barocco, una vera e propria “scena delle meraviglie”, basata su un’efficace marchingegno: un grande globo lunare, ruotando su se stesso, si trasforma in un’enorme conchiglia, che delimita lo spazio, dove in buona parte si sviluppa la vicenda, illuminandosi di luci di diversi colori, a seconda della situazione visibile sulla scena. Al carattere baroccamente lussureggiante di questa messinscena contribuiscono non poco i fantasiosi costumi luccicanti di lustrini e alcune riuscite trovate come il chimerico Ippogrifo dal muso di civetta, animato da due figuranti, e la smisurata armatura composta da diversi pezzi separati, che fluttuano nell’aria in corrispondenza del delirio di Orlando, ugualmente mossi da comparse. Tutti ingredienti di un barocco reinventato con fantasia e originalità. Questo stesso allestimento – tra gli spettacoli più apprezzati del 2018 – è tornato sul palcoscenico del Teatro Malibran, insieme ad alcuni dei cantanti di cinque anni fa, che hanno tutti confermato la positiva prestazione di allora. Sonia Prina, nel ruolo del titolo, grazie all’efficace gesto scenico, alla bella voce di contralto e all’incisivo fraseggio, ha reso con autorevolezza l’evoluzione psicologica di Orlando: da “Sorge l’irato nembo”, con uno splendido accompagnamento orchestrale, a “Nel profondo/cieco mondo”, dove – come in altre arie – si è imposta nelle agilità, fino ai lunghi stupendi recitativi, dove esplode la gelosia per Angelica (“Ah sleale, ah spergiura” e – nella scena del delirio – “No,no, ti dico, no”). Parimenti apprezzabile, quanto a presenza scenica, vocalità e fraseggio, è apparsa la prova del mezzosoprano Lucia Cirillo – che ha ben reso la complessità psicologica di Alcina: dalla libertina “Se avessi un solo amante” alla sconsolata “Infelice! Ove fuggo!”, sua dichiarazione di sconfitta – e quella di Loriana Castellano – altro mezzosoprano –, quale Bradamante, particolarmente combattiva in “Asconderò il mio sdegno”.Ma anche i “nuovi” componenti del Cast si sono dimostrati pienamente all’altezza. Tra essi, merita una particolare menzione il controtenore d’origine coreana Kangmin Justin Kim, un Ruggiero estremamente espressivo – reso con finezza interpretativa, rotondità di timbro, facilità nelle colorature e fraseggio scolpito –, che ha incantato nell’aria dolcissima Sol per te mio dolce amore”, intrecciando un dialogo di rara bellezza con il flauto traversiere obbligato – un momento in cui Vivaldi piega le indubbie difficoltà tecniche alle ragioni dell’arte – e nella tempestosa “Come l’onda/con voragine orrenda e profonda , che in questa edizione passa dal terzo atto al secondo. Valida sia vocalmente che nel gesto scenico è apparsa Michela Antenucci che, con gradevole timbro sopranile, ha tratteggiato un’Angelica caratterialmente ambigua: risentita in “Tu sei degli occhi miei”, subdola in “Chiara al pari di lucida stella”. Quanto agli altri “nuovi” apporti, il mezzosoprano Laura Polverelli ha ben delineato il tenero sentimento d’amore, che caratterizza il fragile Medoro – come è emerso in “Sei mia gioia, sei mia pace” –, mentre uno straordinario Astolfo è stato offerto dal basso Luca Tittoto, che ha sfoggiato una voce omogenea dalle sonorità profonde, brillando nell’aria di vendetta “Benché asconda/la serpe in seno”. Impeccabili per suono armonioso e fraseggio gli interventi del Coro, istruito da Alfonso Caiani, in particolare nella scena delle nozze tra Angelica e Medoro. Un grande encomio va, come sempre, a Diego Fasolis, uno specialista nella direzione musicale storicamente informata, molto apprezzato dal pubblico veneziano – per cui ha diretto, in questi ultimi anni, Ottone in Villa, Farnace, La Griselda –, che ha amorevolmente guidato le voci e la validissima orchestra con gesto assiduo e preciso, percorrendo questo “melodramma degli affetti”, che è anche un ponte verso la modernità. Inutile ribadire che, come in precedenza, questo allestimento ha sedotto il pubblico dal primo all’ultimo minuto. Donde, scroscianti applausi e ripetute chiamate a fine serata.