Piacenza, Teatro Municipale: “Fedora”

Piacenza, Teatro Municipale, Stagione d’opera 2022/23
FEDORA”
Dramma di Victorien Sardou, ridotto in tre atti per la scena lirica da Arturo Colautti
Musica di Umberto Giordano
La Principessa Fedora Romazov TERESA ROMANO
La Contessa Olga Sukarev YULIYA TKACHENKO
Il Conte Loris Ipanov LUCIANO GANCI
De Siriex SIMONE PIAZZOLA
Dimitri VITTORIA VIMERCATI
Un piccolo Savoiardo ISABELLA GILLI
Desiré PAOLO LARDIZZONE
Il Barone Rouvel SAVERIO PUGLIESE
Cirillo WILLIAM CORRÒ
Borov GIANLUCA FAILLA
Gretch VIKTOR SHEVCHENKO
Lorek VALENTINO SALVINI
Nicola NEVEN STIPANOV
Sergio LORENZO SIVELLI
Michele GIOVANNI DRAGANO
Boleslao Lazinski IVAN MALIBOSHKA
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Direttore Aldo Sisillo
Maestro del Coro Corrado Casati
Regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
Luci Massimo Gasparon
Nuovo allestimento in coproduzione Teatro Municipale di Piacenza, Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena
Piacenza, 08 ottobre 2023
Fra i molti autori di cui si attende ancora oggi una renaissance, un posto di primo piano è occupato da Umberto Giordano, compositore che è riuscito ad assicurare al repertorio solamente “Andrea Chénier“, ma che ha saputo dare la luce a diversi veri capolavori del verismo italiano (“Siberia“, “Madame Sans-Gêne“, “La cena delle beffe” e la piccola gemma “Mese Mariano“, perlomeno). Accogliamo dunque positivamente la scelta dei teatri di Modena e Piacenza di produrre “Fedora“, probabilmente l’opera più riuscita del compositore dauno, in bilico tra macerante autodistruzione e slanci di illuminante sinfonismo. La direzione dell’orchestra è affidata al concertatore residente, Aldo Sisillo, che, in effetti, mostra di essere pienamente a suo agio con le partiture del verismo, mettendo bene in luce l’ampia e talvolta contrastante gamma coloristica che contraddistingue l’orchestrazione; il momento nel quale maggiormente apprezziamo il misurato gesto di Sisillo è senza dubbio l’intermezzo sinfonico del secondo atto, durante il quale la musica trascina la drammaturgia nell’indagine introspettiva della protagonista, sul punto di compiere la scelta che segnerà poi per sempre la sua vita – denunciare il fratello del suo innamorato di complicità in omicidio. Teresa Romano è una sorprendente Fedora, in primis per la tessitura del ruolo, sostanzialmente centrale, non tesa in acuto, ma che di certo corrisponde a un soprano lirico spinto; il mezzosoprano campano (come altri mezzosoprani del passato – ricordiamo ad esempio Viorica Cortez), lo affronta con sicurezza, dando libero sfogo alla sua vocalità estesa e potente, perfettamente in grado di coprire la parte e dando un risalto particolare alle zone medio-gravi. La Fedora della Romano è altera e innamoratissima, angelo vendicatore e sterminatore allo stesso tempo, costruisce sull’elegante linea di canto un personaggio tridimensionale, fraseggiato alla perfezione. Al suo fianco abbiamo Luciano Ganci, un Conte Loris di rara luminosità: se scenicamente Ganci a volte un po’ gigioneggia, vocalmente è in forma davvero smagliante, armonici ricchi e sonori e una gamma coloristica maliosa. Il tenore romano si riconferma così uno dei migliori interpreti del repertorio post verdiano a livello internazionale.  Al loro fianco un Simone Piazzola, nel ruolo di De Siriex, che viene annunciato come  “indisposto”,  non è dato sapere che tipo di indisposizione, ma di certo alcuna che coinvolga il piano vocale: la prova del baritono veronese è curata nel fraseggio, ben aderente alla linea di canto, ma anche sui volumi e sull’intonazione non sembra conoscere scosse. Notevole anche la prova del soprano Yuliya Tkachenko, fascinosissima in scena e dotata di una voce lirico-leggera dal colore non troppo acido, morbido e tondo. Tra i molti ruoli di lato, tutti cantati nell’alveo della correttezza, si distingue senz’altro la coinvolgente e sofferta prova del baritono William Corrò nel ruolo del cocchiere Cirillo. Infine, pure la prova del Coro del Teatro Municipale di Piacenza può dirsi riuscita, per quanto risicata. L’assetto creativo, affidato a Pier Luigi Pizzi, si rivela di singolare bellezza, giocata sui contrasti tra colori cupi e scala di bianchi: la scena, dalle linee pulite e semplici, si impreziosisce di eleganti presenze floreali e soprattutto di attente proiezioni sul fondo, che ricreano vedute di città o dei laghi svizzeri (certamente la meglio riuscita, che fa sussultare il pubblico all’apertura del sipario). I costumi belli e tradizionali sono perfettamente integrati nel progetto scenico; le luci, a cura di Massimo Gasparon, hanno un sapore noir, che richiama a suggestioni rarefatte e contrastive. Forse solo la regia avrebbe potuto essere un filo meno caricata, soprattutto circa i due protagonisti, che talvolta si abbandonano a gestualità stereotipate d’antan. In ogni caso il risultato finale è godibilissimo e pienamente rispettoso della drammaturgia scenica e musicale, e questa è la cosa più importante quando si ripropone un’opera rara – che speriamo si riveli sempre meno tale. Foto Gianni Cravedi