Bologna, Comunale Nouveau: “Le comte Ory”

Bologna, Comunale Nouveau, Stagione Opera 2023
LE COMTE ORY
Melodramma giocoso in due atti su libretto di Eugéne Scribe e Charles-Gaspard Delestre-Poirson.
Musica Gioachino Rossini
Le Comte Ory ANTONINO SIRAGUSA
Raimbaud NICOLA ALAIMO
Le Gouverneur DAVIDE GIANGREGORIO
La Comtesse Adèle SARA BLANCH
Dame Ragonde CATERINA DELLAERE
Isolier LAMIA BEUQUE
Alice SILVIA SPESSOT
Un cavaliere PIETRO PICONE
Un villico GIANLUCA MONTI
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Direttrice Oksana Lyniv
Maestro del Coro Gea Garatti Ansini
Regia, scene e costumi Hugo de Ana regia ripresa da Angelica Dettori
Revisione scene Manuela Gasperoni
Luci Valerio Alfieri
Nuova produzione del Teatro Comunale di Bologna con Rossini Opera Festival
Bologna, 22 ottobre 2023
Passeggiando per la cittadina olandese di ‘s-Hertogenbosch è facile imbattersi in statue coloratissime eppure sinistre, composte di creature grottesche, in pose equivoche, talvolta buffe, ma comunque conturbanti. Le stesse insomma che si incontrano passeggiando per la scena di questo Comte Ory, allestimento del ROF con regia-scene-costumi di Hugo de Ana. Nel primo caso non c’è da stupirsene: perché nacque, visse, operò e morì quel Jeroen van Aken, noto col nome di Hieronymus Bosch, sommo pittore fiammingo attivo fra Quattro e Cinquecento, dei cui fantastici dipinti dette sculture sono lo sviluppo tridimensionale. Ma anche il secondo caso potrebbe avere le sue ragioni. Lopera si ambienta in un medioevo fatto di racconti: quei racconti utili per ingannare il tempo, e magari anche il prossimo, in cui si battono la virtù e il guizzo geniale della beffa crudele. Benché di tuttaltra epoca e di tuttaltro contesto, può abbastanza bene la pittura di Bosch, con i suoi colori fulminanti e con le sue figurine caricaturali da codice miniato, evocare allo spettatore moderno quel medioevo fantastico e variopinto. Ma assistendo allo spettacolo è via via sempre più chiaro che il riferimento a Bosch non ha ragioni profonde: si ferma alla stravaganza dei soggetti e dei colori, abbinandovi poi la linea sportiva e ultra colorata dei costumi. Coerentemente, la regia latita, anzi evapora, giocherellando fra una trovata e laltra. Citiamone soltanto due: le tavole della legge modello Mel Brooks coi comandamenti che si illuminano agli acuti e il monopattino elettrico su cui fa il suo modesto e inspiegabile ingresso Sœur Colette. Gags a non finire, non certo di buon gusto, ma molto ben congegnate: e però non si scorge cosa ci sia sotto. Perché uninfilata di gags, si sa, è una collana di ben poco valore. Soprattutto se messa al collo di unopera, anzi opéra, di genere ambiguo, senza il grand (o il pétit?) davanti, né il comique dietro. Sfuggente, nel suo umorismo sottile, allusivo, fino allambiguità suprema nel celebre terzetto finale. Le Comte Ory è un titolo, ahinoi, non abbastanza frequentato per via delle difficoltà vocali che pone, al tenore in primo luogo; e invece il Comunale è riuscito e mettere insieme ben due compagnie: qui ci si riferisce alla prima. Trionfo, meritatissimo, per la Comtesse di Sara Blanch: voce chiara, argentea e brillante, che in certi sfavillii ricorda forse Kathleen Battle, tecnica salda che le conferisce una mirabile gestione del ruolo. La sua buona Dame Ragonde è Caterina Dellaere. Raimbaud di gran classe ed eleganza, scoppiettante nella sua cesellata dizione francese, luminoso e brillante nel timbro generoso: Nicola Alaimo è strepitoso.Nel ruolo del titolo Antonino Siragusa, tenore rossinianissimo, fra i pochi che possono superare le insidie della tessitura con suoni convincenti. Salendo al registro più acuto la voce non si piega, non si smorza, non si assottiglia, non si nasalizza: saccende. Anche il Gouverneur di Davide Giangregorio canta con proprietà stilistica deliziosa, ottimo francese e bella voce. Nel ruolo del paggio Isolier c’è Lamia Beuque, la cui convincente presenza scenica, al netto delle considerazioni fatte avanti intorno alla messa in scena, rivaleggia con le qualità della voce ampia, scura eppure brillante. Completano il cast Silvia Spessot, Pietro Picone e Gianluca Monti, rispettivamente Alice, un cavaliere, un villico. La direzione di Oksana Lyniv funziona molto bene, con quellesattezza quasi meccanica in contrasto con il fraseggio cantante delle espansioni melodiche che fa tanto Rossini. Manca forse un podi quel doux mystère” che fa di una buona direzione un fatto, oltre che musicale, drammatico, teatrale. Molto bene canta, come sempre, il coro, diretto da Gea Garatti Ansini, non senza un malcelato imbarazzo dei signori costretti a sventolare le sottane da suore.