Spettacoli

Peter Grimes – Teatro alla Scala, Milano

“Inizio della salvezza è la conoscenza della colpa” scriveva Seneca, ma riconoscere dove stia la colpa in Peter Grimes, opera di Benjamin Britten del 1945, è decisamente difficile. Un mondo scuro e ostile quello dell’opera, ispirata ad un racconto epistolare di George Crabbe trasposto in libretto da Montagu Slater. Colpevoli di indifferenza e disumanità sono sicuramente i concittadini di Peter, ma al tempo stesso il protagonista è probabilmente a sua volta carnefice dei giovani mozzi che inspiegabilmente muoiono alle sue dipendenze. Il regista Robert Carsen, per ricreare questa atmosfera oscura e opprimente, decide di ambientare l’intera opera in una sola stanza dalle pareti in legno (scene a cura di Gideon Dave). Lo spazio si trasforma dalla iniziale aula di un tribunale a quella di una chiesa, pub, piazza del villaggio e casa di Grimes. Una regia attenta ai movimenti dei protagonisti ed alle masse, rifinita e pensata con grande cura. Memorabile resta, ad esempio, la sequenza in cui i concittadini ,con torce accecanti, cercano il marinaio nella sala del Piermarini. Una menzione particolare va proprio all’uso, a dir poco magistrale, delle luci, a cura dello stesso Carsen e di Peter Van Praetz. Una illuminazione spesso radente e sempre molto bassa che contribuisce perfettamente a ricreare quel senso straniante di un mondo ostile e difficile. Funzionali alla regia e ben realizzati i costumi dello stessa Davey, che ci riportano alle atmosfere di un piccolo borgo inglese di inizi Novecento. Intense e toccanti le proiezioni di Will Duke che indugiano spesso sul viso carico di dolore del protagonista. Riuscite anche le coreografie, mai prepotenti e sempre ispiratissime di Rebecca Howell che raccontano di venti, tempeste e mareggiate.

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Brandon Jovanovich e Tommaso Axel Versari

Ad una lettura registica di tale levatura corrisponde un versante musicale di grande rilievo.
La sorpresa principale giunge dal podio, sul quale troviamo Simone Young. Con un gesto di composta raffinatezza, la direttrice australiana, offre una lettura incisiva, a tratti magnetica, della partitura. Un affresco multiforme dove coesistono i numerosi piani del racconto, saldamente interconnessi tra loro: l’abisso della follia e della disperazione del protagonista che si intreccia con la crudeltà e l’indifferenza del mondo che lo circonda, la misericordiosa pietas di Ellen in contrasto con le variopinte personalità degli abitanti del borgo. Nella prova direttoriale cogliamo una grande attenzione alle sonorità sbalzate, talvolta, con violenza espressiva, ma tratteggiate, talaltra, con rarefatta poesia, soprattutto nelle scene maggiormente evocative di quel moto ondoso che tutto travolge. Young procede spedita tra le pagine del pentagramma ponendo in rilievo anche il più piccolo dettaglio di questa vicenda dai contorni torbidi e tutt’altro che rassicuranti. Di rilievo è, senza dubbio, anche la sua intesa con i complessi dell’Orchestra del Teatro alla Scala, in grado di creare, con infallibile precisione, un substrato che rifulge per sonorità pastose e perfettamente amalgamate con le vocalità dei protagonisti sulla scena.

Di primissimo ordine la prova del Coro del Teatro alla Scala, diretto splendidamente da Alberto Malazzi. La folla degli abitanti del borgo non funge da generico “spettatore” della vicenda, ma ne rappresenta, piuttosto, un personaggio chiave in grado di decidere del destino dei singoli protagonisti. La compagine corale si distingue per l’intensità, la coesione, la forza espressiva e la bravura attoriale con cui riesce a caratterizzare i numerosi interventi previsti in partitura. Merita di essere ricordato, come già detto, il momento nel quale la folla scruta l’orizzonte per individuare la barca di Peter Grimes: quel progressivo incedere al proscenico, accompagnato all’esplosione delle urla “Peter Grimes!” puntando le torce sul pubblico in sala, sprigiona una grandiosa potenza drammaturgica, alla pari di un grido che squarcia il silenzio della notte. Bellissimo e potentissimo.

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Peter Grimes, Teatro alla Scala, 2023

Ben affiatata la compagnia di canto.
Nel ruolo del titolo, Brandon Jovanovich offre una interpretazione convincente del tormentato pescatore. Con timbro corrusco e una vocalità di buon volume, affronta la scrittura con la giusta sicurezza. La linea musicale evidenzia la pienezza dei centri, mentre il registro superiore rivela qualche occasionale tensione, specie nelle note più alte. L’artista risulta totalmente immedesimato in forza di una espressività sfumata e ricercata che rende l’accento sempre credibile e vibrante. Da sottolineare, il meraviglioso monologo finale, restituito nella sua devastante drammaticità.

Brilla, accanto a lui, la Ellen di Nicole Carr, della quale si apprezza la melodiosa musicalità di un mezzo dal timbro chiaro e dal colore schiettamente lirico. Il declamato viene condotto con morbidezza e, in forza di una spiccata partecipazione emotiva, riesce a caricarsi di una misericordiosa benevolenza. Alla ottima prova vocale si unisce, così, un notevole lavoro di cesello sull’accento, tale da caratterizzare al meglio l’evoluzione interiore del personaggio.

Ben tratteggiato il Capitano Balstrode, cui Ólafur Sigurdarson, infonde il calore di una vocalità dal timbro pastoso, ideale per rappresentare la saggezza, mista a cinismo, di questo lupo di mare.

Notevole anche la Auntie di Margaret Plummer che, con la peculiarità di un mezzo screziato e ben sfogato nei centri, restituisce con la giusta efficacia la grettezza del personaggio.

Perfettamente affiatate tra loro, tanto sotto l’aspetto vocale, quanto sotto quello scenico, sono Katrina Galka e Tineke van Ingelgem, le conturbanti e provocanti nipotine della locanda “Cinghiale”.

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Brandon Jovanovich e Nicole Car

Bravissimo, poi, Peter Rose, che, con vocalità ampia e salda, riesce a dare vita ad uno Swallow particolarmente incisivo nel suo ben evidenziato finto perbenismo.

Altrettanto riuscito il Robert Boles interpretato dall’carismatico Michael Colvin.
Ottimo, nel suo viscido opportunismo, il Ned Keene di Leigh Melrose.
Spicca, inoltre, Natascha Petrinsky, perfetta nel dare vita alle inquietudini di Mrs. Sedley, che, ad onta della sua dipendenza da farmaci, si eleva a rappresentante del finto moralismo che imperversa nel borgo. A lei spetterà, tra l’altro, il compito di rubare il maglione del ragazzo dalla borsa di Ellen per mostrarlo, quale prova inconfutabile della colpevolezza di Peter.
William Thomas veste i panni, con la giusta disinvoltura, del carrettiere Hobson.
Benjamin Hulett conferisce, poi, il giusto risalto al personaggio di Horace Adams.

Completano la lunga locandina, i puntuali Ramtin Ghazavi ed Eleonora De Prez, nei ruoli, rispettivamente, di un legale e di una pescatrice.
Eccellente, infine, Tommaso Alex Versari nel ruolo citato del malcapitato apprendista di Peter Grimes.

Successo vivissimo al termine con punte di acceso entusiasmo per Jovanovich e Carr; tripudio all’apparire alla ribalta di Simone Young.

PETER GRIMES
Opera in un prologo e tre atti
Libretto di Montagu Slater
Musica di Benjamin Britten

Peter Grimes Brandon Jovanovich
Boy Tommaso Axel Versari
Ellen Orford Nicole Car
Captain Balstrode Ólafur Sigurdarson
Auntie Margaret Plummer
First Niece Katrina Galka
Second Niece Tineke Van Ingelgem
Bob Boles Michael Colvin
Swallow Peter Rose
Mrs. Sedley Natascha Petrinsky
Rev. Horace Adams Benjamin Hulett
Ned Keene Leigh Melrose
Hobson William Thomas
A lawyer Ramtin Ghazavi
A fisherwoman Eleonora de Prez


Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttrice Simone Young
Maestro del coro Alberto Malazzi
Regia Robert Carsen
Scene e costumi Gideon Davey
Luci Robert Carsen e Peter van Praet
Drammaturgia Ian Burton
Video Will Duke
Coreografia Rebecca Howell

Foto: Brescia/Amisano