Copenhagen: in Onegin trionfa Olga

Dal 22 ottobre al 15 novembre va in scena al Teatro Reale Danese a Copenaghen l’Onegin di Čajkosvkij con lo spettacolo di Laurent Pelly ripreso da Laurie Feldman.

Vera ragione di interesse di questa produzione è la presenza sul podio di Marie Jacquot, trentatreenne francese da questa stagione Direttrice ospite principale dei Wiener Symphoniker e da agosto 2024 Direttrice musicale proprio dell’Opera Danese. La recita del 3 novembre è diventata dunque una preziosa occasione di saggiare il rapporto tra direttrice e orchestra, che si dimostra piuttosto buono. Jacquot sembra ben in controllo della compagine e riesce a condurla con una certa flessibilità lungo i tre quadri dell’opera di Čajkosvkij. Non mancano però diversi scollamenti tra buca e palco, soprattutto quando entrano in gioco le masse corali, e la ragione è presto detta. Una disposizione del coro non sempre ben ponderata dalla regia sicuramente ostacola il lavoro della direttrice, ma quello che mancava alla direzione di Jacquot era la chiarezza di un impulso ritmico che risulta spesso smussato. Questa mancanza emerge con più chiarezza nei momenti in cui Čajkosvkij evoca le danze popolari o dipinge a pennellate forti i caratteri dei personaggi, e in particolare nelle fin troppo serene sincopi su cui Jacquot tende più ad adagiarsi che ad incalzare. Gli effetti di questi eccessi di gentilezza si ripercuotono anche sui momenti più brucianti, più viscerali, in cui la direttrice non scende più a fondo nel nervosismo della febbricitante Tat’jana, nell’ardore violento di Lenskij o nella sprezzante asprezza di Onegin. Dove invece Jacquot eccelle senza riserve è nelle parentesi intime e liriche, in cui il tempo sembra fermarsi e la direttrice concede e si concede dei momenti di sospensione irreale, sostenuti da una notevole capacità di trovare omogeneità e morbidezza negli impasti dell’Orchestra dell’Opera Danese.

Meno interessante ma abbastanza solido è stato il cast. Sofie Jensen, al suo debutto nel ruolo di Tat’jana, doveva essere uno dei punti di forza della produzione, ma non riesce a spiccare. Forse complice una cattiva serata, nella recita oggetto di questa recensione la cantante danese non ha trovato la sua strada nell’interpretare il complesso e sfaccettato ruolo. La voce a tratti sfibrata e scoperta non si adattava infatti alla regalità della Tat’jana matura, nel terzo atto, mentre la sostanziale fissità del fraseggio, così come la rigidità sulla scena, non portavano alla luce le sfumature intime del personaggio nei primi due atti e in particolare nella celeberrima scena della lettera. Meglio l’Onegin di Yuriy Yurchuk, che sostituisce l’indisposto Jens Søndergaard più che dignitosamente e porta a casa la serata con buona presenza scenica e voce solida. Buono il Lenskij di Jacov Skov Andersen, che non brilla per volume e bellezza di timbro, ma compensa argutamente con buoni attacchi nel pianissimo, interessanti dettagli di fraseggio e una buona interpretazione del personaggio, reso con consapevolezza nella sua complessità in cui fragilità e aggressività si susseguono in contraddizione aperta. Ben condotto anche il Gremin di Artyom Wasnetsov, che si è distinto per il bel carattere, anche se alla voce manca quella pienezza nelle note più gravi che darebbe più profondità alla figura dell’uomo adulto e sereno che Gremin rappresenta. Brava Hanne Fischer nei panni di Larina, ben affrontata sia vocalmente che scenicamente, mentre meno efficace la Filippevna di Johanne Bock, molto affaticata. Macchiettistico a dir poco ma molto riuscito il Monsieur Triquet di Jens Christian Tvilum, mentre molto buoni i comprimari Kyungil Ko, James Berry e Carl Rahmqvist. Vera rivelazione della serata è stata però la Olga di Astrid Nordstad. Il mezzosoprano norvegese ha una voce dal bellissimo colore, ben centrata, dai contorni definiti ma non spigolosi e sa modellarla con attenzione per raggiungere una finalità espressiva. Pur nelle poche occasioni in cui è concesso a Olga di brillare, Nordstad è riuscita a dar vita ad un personaggio credibile, con una sua coerenza teatrale e musicale che spiccava distintamente sul palcoscenico. Resta ora la curiosità di riascoltarla con ruoli di maggiore spessore, anche su altri palchi europei.

Esiti alterni nello spettacolo di Pelly ripreso da Feldman, che nonostante una certa genericità riesce tenere desta la vivacità sul palco grazie a numerose buone intuizioni, prima fra tutte l’ottimo uso dello spazio con valore simbolico per sottolineare la solitudine di Tatjana, la pervasività del giudizio sociale sulle azioni dei personaggi, la distanza tra borghesia benestante e contadini, ma anche i muri che si stringono intorno a Tatjana, grazie alla notevole plasmabilità della scenografia che nei primi due quadri fa perno su una piattaforma sopraelevata inclinata girevole. Stupiscono allora alcuni scivoloni, come gli imbarazzanti balletti del primo atto, quando invece le coreografie di Lionel Hoche per i vorticosi balli di società nel secondo sono molto ben realizzate. Buone intuizioni ma precarie realizzazioni nelle luci di Marco Giusti, che mancano spesso di centrare il bersaglio, ma a volte si risvegliano con guizzi di grande efficacia. Trascurabili i costumi di Pelly e di Jean-Jaques Delmotte, che non brillano per freschezza né ricchezza di dettagli e contribuiscono ad una fondamentale monotonia scenica, nonostante la scenografia di Massimo Troncanetti riesca di fatto, con la detta piattaforma, ma anche la bella scalinata nera del terzo atto, ad infondere vita a tutto lo spettacolo. Applausi cordiali per tutti da parte di un teatro non stracolmo ma affollato.

Alessandro Tommasi
(3 novembre 2023)

La locandina

Direttore Marie Jacquot
Regia Laurent Pelly
regia ripresa da Laurie Feldman
Scene Massimo Troncanetti
Costumi Laurent Pelly e Jean Jacques Delamotte
Coreografie Lionel Hoche
Luci Marco Giusti
Personaggi e interpreti:
Onegin Yuriy Yurchuk
Lenskij Jacov Skov Andersen
Gremin Artyom Wasnetsov
Tat’jana Sofie Jensen
Olga Astrid Nordstad
Larina Hanne Fischer
Filipevna Johanne Bock
Triquet Jens Christian Tvilum
Orchestra e coro dell’Opera Danese
Maestro del coro Steven Moore

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