Recensioni - Opera

Don Carlo: immenso Michele Pertusi come Filippo II

Grandissimo spettacolo ed immenso successo per il Don Carlo andato in scena a Piacenza dopo il debutto a Modena.

Perché? Semplicemente perché nei Teatri di Tradizione si rispetta e privilegia l’arte in tutte le sue forme, si lavora con passione per confezionare spettacoli di grande prestigio e valore anche se con pochissimi mezzi. Si riesce a creare un senso di appartenenza al bello e all’armonia per cui artisti di grandissimo nome e livello vengono a cantare volentieri in questi teatri. Quindi, anche se la pecunia è scarsa, non viene buttata al vento per creare cartelloni di scarso valore come succede purtroppo in teatri molto prestigiosi.

La stagione non la fanno solo i soldi, ma soprattutto le idee dei direttori artistici, la loro capacità di creare dal nulla prodotti di gran classe, tenendo presente sempre la qualità e rispettando gli artisti e gli autori. Fatta questa doverosa premessa, andiamo a parlare dello spettacolo. Chiunque lo abbia recensito, chiunque fosse stato presente o l’avesse seguito in streaming non può che parlarne bene.

Cominciamo parlando del “brivido” che ha percorso la schiena del Direttore del Teatro Cristina Ferrari quando ha ricevuto la notizia che il tenore Piero Pretti, Don Carlo, era indisposto. Come sempre, con grande maestria, ha risolto la situazione trovando un valido sostituto, il tenore Paolo Lardizzone.

Inizio parlando di lui perché, benché sconosciuto a molti, ha cantato senza far rimpiangere chi sostituiva. Bravo nei movimenti scenici, ha benissimo aperto l’opera con la sua aria, continuando con classe la sua recita: complimenti a lui!

Il vero fuoriclasse, in un cast di livello direi stellare è stato Michele Pertusi, che interpretava Filippo II. In 54 anni di frequentazione teatrale non ho mai assistito a una interpretazione così intensa, dove ogni sillaba era pronunciata con gli accenti, i toni, i gesti in perfetto equilibrio: e di grandi nomi ne ho incrociati.

L’aria ha suscitato una ovazione infinita, con applausi interminabili che hanno commosso il cantante, richieste di bis non esaudite. Si ascoltavano tra il pubblico voci che dicevano che anche se avessero perso il treno, non importava se fosse stato fatto il bis.

Ma non è stato superlativo solo in questa scena: fin dalla sua prima entrata “Perché sola è la regina”, fino all’ultima nota cantata ha messo una intensità tale che non era più Michele, ma assolutamente Filippo. Per non parlare del duetto con Rodrigo, in cui abbiamo assistito a una gara di bravura tra il basso e il baritono; il duetto con Elisabetta, stesso commento detto prima, e la scena col Grande Inquisitore dove ogni gesto era calibrato e consono alla frase musicale. Non ho mai visto la “parola scenica” tanto cara a Verdi così perfettamente donata al pubblico e all’arte.

Il soprano Anna Pirozzi debuttava il ruolo in scena, avendo cantato il personaggio solo in concerto. Grandissimi applausi anche per lei nell’aria ma è da sottolineare che ogni suo intervento è stato all’altezza della fama che la precede. Stupenda scenicamente con gli sguardi, gli accenti; magnifica vocalmente ha deliziato il pubblico con i suoi toni sussurrati, gli acuti ben tenuti, il centro senza nessuna incertezza o imperfezione. Anche per lei una recita da incorniciare accompagnata da applausi consistenti dopo ogni suo intervento e alla fine.

Il baritono Ernesto Petti è una scoperta ad ogni recita: anche lui mi ha strabiliato con i suoi pianissimi; per come ha recitato, interpretato vocalmente e scenicamente l’aria e morte di Rodrigo. Solo due baritoni, che non cito in questo articolo, mi avevano impressionato ed emozionato come ha fatto lui ieri pomeriggio. L’avevo visto debuttare a Piacenza tanta anni fa nell’opera L’amico Fritz ma da allora è migliorato tantissimo fino a divenire sicuramente il miglior baritono giovane attualmente in carriera. Intenso nel duetto con Filippo II ma ogni suo intervento è stato indimenticabile. Anche per lui applausi prolungati nell’aria e alla fine, meritatissimi.

Teresa Romano ha interpretato La Principessa Eboli con grande classe e maestria. Coinvolgente nell’incontro con Elisabetta e nell’aria “O don fatale…”, intensa   quando pensa di essere corrisposta da Carlo, furiosa per essere stata rifiutata. Anche per lei applausi e unanimi consensi.

Molto bravi anche gli altri interpreti, a cominciare dal basso Ramaz Chikviladze come Grande Inquisitore che ha saputo essere all’altezza di Pertusi nella scena con Filippo II. In continua crescita anche il tenore Andrea Galli nel doppio ruolo del Conte di Lerma e dell’araldo reale, in cui abbiamo apprezzato oltre alla voce, anche la sua maestria come sbandieratore. Da sottolineare anche gli ottimi Andrea Pellegrini che ha interpretato il frate e Michela Antenucci come Tebaldo e Una voce dal cielo.

Il direttore Jordi Bernàcer ha diretto l’Orchestra Dell’Emilia Romagna Arturo Toscani, una ottima orchestra anch’essa sempre in crescita e sempre una sicurezza di suono per qualsiasi direttore. Buono il colore del suono, a volte si è sentito qualche scollamento con il palco, ma episodi che sono stati superati alla grande dagli interpreti.

Valido il Coro Lirico di Modena diretto da Giovanni Farina che purtroppo era condizionato da defezioni per artisti indisposti: bravo nei movimenti scenici e nel canto.

La regia di Joseph Franconi-Lee, ben coadiuvato per i movimenti scenici da Daniela Zedda, si ispirava ai grandi registi del passato ed è stata molto bella, per me che sono abituata a regie definite tradizionali ma che io ritengo essere rispettose dei desideri di chi ha scritto la musica e allo spartito.

Molto curati i particolari, i gesti, gli spostamenti del coro e dei figuranti. Affascinanti i giochi di luce di Claudio Schmid che creando suggestioni quasi caravaggesche hanno sottolineato ancora maggiormente la bellezza delle scene di Alessandro Ciammarughi, che ha curato insieme a Letizia Parlanti anche i costumi.

Le scene erano fondali dipinti che rappresentavano i luoghi dello svolgimento del racconto: incombenti le mura di San Giusto che rendevano benissimo il senso di soffocante clausura forzata che attanagliava l’animo di Elisabetta, bellissima l’atmosfera creata per l’incontro notturno tra Carlo e Eboli, maestoso il fondale della prigione, insomma scene che si armonizzavano con la musica e il canto, a cui purtroppo stiamo disabituandoci. 

Stupendi i costumi, finalmente dell’epoca, con tessuti e broccati finissimi ed impreziositi da splendidi gioielli.

Uno spettacolo indimenticabile per la grande classe degli interpreti e per l’armonia della produzione: chi non vuole perderlo può prenderlo per la coda il prossimo fine settimana a Reggio Emilia.