Mefistofele
Opera in un prologo, quattro atti e un epilogo
Testo e musica di Arrigo Boito
Teatro Comunale di Bologna, 4 ottobre1875
(Prima versione 5 marzo 1868, Teatro alla Scala, Milano)

Personaggi e interpreti
(personaggio – interprete scaligero – interprete bolognese – interprete Roma 2023)

Mefistofele – Franois-Marcel Junca – Romano Nannetti – John Relyea / Jerzy Butryn*
Faust – Gerolamo Spallazzi – Italo Campanini – JoshuaGuerrero / Anthony Ciaramitaro*
Margherita/Elena –Mélanie-Charlotte Reboux – Erminia Borghi-Mamo – Maria Agresta / Valeria Sepe*
Marta/Pantalis Giuseppina Flory** –Signora De-FassiSofia Koberidze
Wagner sconosciuto – Carlo Casarini – Marco Miglietta
Nereo ** – Carlo Casarini – Leonardo Trinciarelli / YoosangYoon*

*interprete delle recite successive
** I personaggi di Pantalis e di Nereo non sono presenti nella prima edizione.



Arrigo Boito nasce il 24 febbraio 1842 in una Padova in cui il padre Silvestro, bellunese, era solo capitato. La madre polacca ebbe particolare influenza su di lui e Arrigo e il fratello Camillo le erano particolarmente legati. Si diploma al Conservatorio di Milano nel 1861 e si trasferisce a Parigi e poi in Polonia, appunto patria della madre, la contessa Giuseppina (Józefa) Radolinska, dove stende il primo libretto, un Amleto.
Il ritorno a Milano detta una delle pagine della storia della letteratura e della cultura italiana: nel 1862 Carlo Arrighetti pubblica (sotto lo pseudonimo Cletto Arrighi) il romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio battezzando un nuovo movimento nascente di cui proprio Boito si farà portavoce assieme all’amico Emilio Praga (Gorla, 18/12/1839 – Milano, 26/12/1875) e ad altri bohémiens lombardi come Carlo Dossi (Zenevredo, 27/03/1849 – Cardina, 17/11/1910) e Giovanni Camerana (Casale Monferrato, 04/02/1845 – Torino, 02/07/1905).
Del 1864 sono i manifesti della Scapigliatura: Emilio Praga pubblica Preludio, Boito Dualismo.
Con la Scapigliatura milanese l’Italia si apre al Verismo (“giacché canto una misera canzone, / ma canto il vero!”, declama Praga; Boito risponde: “E sogno un’Arte reproba / che smaga il mio pensiero / dietro le basse imagini / d’un ver che mente al Vero””) e al Decadentismo (Praga canta “la Noja, / l’eredità del dubbio e dell’ignoto”, Boito invece si rivolge al suo pubblico con: “O creature fragili / del Genio onnipossente! / Forse noi siam l’homunculus / di un chimico demente, / forse di fango e foco / per ozïoso gioco / un buio Iddio ci fé”) fertilizzando il terreno di pensatori e artisti di tutta Italia, dal romagnolo Giovanni Pascoli, all’abruzzese Gabriele D’Annunzio e finanche a Luigi Capuana, siciliano.
Nel 1864, oltre alla pubblicazione del polimetro Re Orso, fonda La Società del Quartetto di Milano assieme a Franco Faccio e a Tito Ricordi.
Boito si arruola, con l’amico Faccio, nei corpi dei volontari di Garibaldi coinvolti nella Terza Guerra d’Indipendenza (vinta dall’Italia il 12 agosto 1866) e al suo ritorno si dedica a un’idea che lo accompagna dall’inizio degli anni Sessanta: Mefistofele viene rappresentato alla Scala di Milano il 5 marzo 1868, dirige Boito stesso, ma il risultato è un fiasco clamoroso forse dovuto alla lunghezza spropositata dell’opera. Si cerca di eseguirla divisa in due serate diverse ma l’opera viene ritirata.
Boito si ritira dietro lo pseudonimo Tobia Gorro e all’attività di librettista e in pochi anni produce, fra le altre, La Gioconda (A. Ponchielli, 08/04/1876, Teatro alla Scala, Milano) ed Ero e Leandro (G, Bottesini, 26/12/1880, Teatro Regio, Torino): finalmente, nel ‘75 riesce a terminare la revisione del suo Mefistofele, la quale viene rappresentata a Bologna con estremo successo. Boito lavora sulla partitura scaligera, stralciando ed eliminando intere pagine rendendo oggi impossibile l’esecuzione della prima versione. Trasforma Faust da baritono a tenore e si affida alla melodia per incontrare il favore del pubblico. L’edizione che ascoltiamo oggi è una ulteriore revisione piena di tagli e non corrisponde a quella di Bologna. Fra due anni sarà pronta l’edizione critica che ripristinerà tutti i passaggi.


Mefistofele non è un’opera facile poiché allo spettatore è richiesto di confrontarsi con un libretto che proietta nel complesso universo di Goethe in cui gli argomenti e i temi sono molteplici e in cui la speculazione filosofica è la primadonna assoluta.
Come nell’originario goethiano, Mefistofele sfida il Creatore di fronte alle schiere angeliche di poter tentare il vecchio Dottor Faust (Prologo in cielo), a cui promette sapienza e giovinezza: Mefistofele otterrà l’anima del filosofo quando questi sarà appagato della vita e chiederà alla fuggevol’ora: “Arrestati, sei bello!”. (Atto I)
Faust incontra e si innamora di Margherita e ottiene da Mefistofele i mezzi per ottenerla; Mefistofele, poi, conduce Faust ad assistere al Sabba romantico. (Atto II)
Le azioni di Mefistofele hanno delle conseguenze e Margherita è condannata a morte per aver ucciso madre e figlio, spenti in verità dal Demonio. La giovane riconosce l’anima nera di Mefistofele ed esala l’anima, disprezzando Faust. (Atto III)
Mefistofele conduce Faust ad assistere al Sabba Classico. (Atto IV)
Faust, ormai tornato vecchio, pronuncia la fatidica frase arrendendosi al Bello solo di fronte alla visione delle schiere angeliche. Mefistofele trionfa, vincitore della scommessa, ma l’anima di Faust gli viene negata e sale in cielo grazie all’intercessione di una penitente. (Epilogo)


1) in Boito manca il brillante Prologo sul teatro: il Direttore cerca consiglio presso il Poeta e il Faceto per procurare per il pubblico “alcuna cosa che abbia novità e nel tempo medesimo non sia sciocca”. Il Poeta ripudia l’idea di prestare ascolto al “volgo multiforme, dinanzi al quale fugge e si oscura l’ingegno” mentre il Faceto vorrebbe “pur una volta non udir parlare della posterità” e “dare sollazzo ai presenti”. Il Direttore si risolve dichiarando l’intento di  offrire al pubblico “tutta quanta la creazione”, calando dal cielo, attraversando la terra e discendendo all’inferno.
2) L’Atto I si apre direttamente sulla passeggiata di Pasqua senza mostrare la Notte precedente, in cui Faust arriva a tentare di suicidarsi: sebbene abbia dedicato l’intera vita allo studio di tutte le discipline dello scibile, neanche tramite le pratiche della magia e dell’occulto è arrivato alla comprensione della Natura. Faust si accinge a bere il veleno ma le campane della Pasqua e il loro messaggio lo distolgono da questo pensiero funesto.
3) durante la passeggiata, Faust e Wagner incontrano un Frate Grigio, che poi si rivelerà Mefistofele; nell’originale Goethiano, il Demonio si traveste da barboncino nero.
4) Sono eliminate le scene della Cantina di Auerbach in Lipsia e della Cucina di una Strega.
5) Ovviamente sono compresse le scene di Faust e Margherita, con la perdita di una Margherita che dona ai poveri i gioielli offerti a lei da Faust tramite il Demonio.

   Il Teatro dell’Opera di Roma apre questa stagione 2023/24 con un titolo complesso, tutto permeato di wagnerismo musicale e intenzionale in cui non mancano, tuttavia, preziose citazioni e parodie delle forme classiche precedenti (nella parte di Margherita nel languido duetto che apre il Secondo Atto o, ovviamente, nell’Atto Quarto, riservato al Sabba classico). Primeggia fra tutti il germanissimo tema del Doppelgänger: quel dualismo caro a Boito – ricordiamo che Dualismo è proprio il titolo del suo manifesto per la Scapigliatura – è ciò su cui si basa l’intera opera. Mefistofele è ovviamente l’alter ego di un Faust prigioniero delle convenzioni, è ciò che potrebbe essere se solo non fosse così schiavo delle regole del “normale”: nessuna magia, nessuna azione sovrannaturale compie questo Satana, che noi sappiamo essere tale solo per il nome che porta. Il Quartetto del Secondo Atto è esemplare: da un lato si ha l’exemplum del romantico tenore e della fanciulla tutta ritrosie, dall’altro un satiro imperante e una scherzosa ninfetta.
   La regia è curata dal giovane e brillante australiano Simon Stone (regista della Traviata “influencer”) e si dichiara intenzionata a interpretare l’ingresso dell’Intelligenza Artificiale nelle vite dei semplici umani. Purtroppo, alla semplice visione dello spettacolo questo significante sfugge e non si rende protagonista: niente da criticare alla regia, comunque, che si dimostra puntuale e attenta. La scena, i costumi dei cantanti e gli oggetti d’arredo sono di un asettico e chirurgico bianco acceso che viene ammorbidito solamente grazie a più o meno tenui giochi di luci – per fare due esempi, l’immacolato Prologo ambientato in cielo ovviamente rosseggia con l’ingresso di Mefistofele e la scena dei due corteggiamenti si accende del blu della notte e del rosa dei sentimenti.
I costumi colorati sembravano riservati a Mefistofele e alle altre larve infernali, come dimostra la differenza fra i Cherubini – i giovani vestiti da scolaretti, gli adulti da sacerdoti ebrei – e fra le due giovani diavolesse che, in tubini accesi, tentano Faust durante l’aria del fischio; in verità siamo smentiti quando, durante entrambi i Sabba infernali, i cori se ne stanno ordinati, ai loro posti, benignamente di bianco vestiti.


   Fortunatamente nessune perplessità sui versanti orchestrali e vocali: Michele Mariotti dirige con le usate e comprovate competenza e passione l’orchestra che si deve destreggiare, spericolata, fra le melodie tenui e romantiche dei momenti amorosi, fra i ritmi serrati che rimbombano nell’Averno e fra le auliche levate al Creatore. Mariotti riesce ad esaltare la partitura fitta di insinuanti cromatismi e incessanti progressioni.
   Un sentito applauso all’interpretazione di Maria Agresta: impeccabile nel suo doppio ruolo di Margherita/Elena, impersona la giovane fanciulla in maniera eccelsa, riuscendo a sostenere le volate a voce piena e recitando con sincero trasporto emotivo. Splendida la voce lirica del Faust di Joshua Guerrero, che tiene tono dall’inizio alla fine senza cedere un momento. La tenuta è però a scapito di qualche sfaccettatura il che rende il suo ruolo monocorde. La voce ha un colore abbastanza scuro e ben calibrato nel registro centrale. Perfettamente calato anche John Relyea, che offre un Mefistofele affascinante e potente: dall’emissione tonitruante, si impone su tutti ma riesce a non coprire nessuno. Relyea ha in repertorio altri ruoli diabolici ( Gounod, Berlioz) e ruoli wagneriani. Ottima la presenza scenica.
Sofia Koberidze è sia Marta che Pantalis e purtroppo il delizioso mezzo in entrambe le scene appare troppo poco; niente da eccepire neanche al Wagner di Marco Miglietta e a Leonardo Trinciarelli nel ruolo di Nereo. Una interessante apertura di stagione per l’Opera di Roma. Lo spettacolo si potrà severe per un mese su Raiplay. Da vedere e rivedere.



Matteo Oscar Poccioni