L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Viva Verdi!

di Irina Sorokina

Grande successo al Filarmonico di Verona per Un ballo in maschera nell'affascinante allestimento storico del Regio di Parma, con la concertazione di Francesco Ivan Ciampa e una compagnia di canto ben assortita in cui spiccano Simone Piazzola, Luciano Ganci ed Enkeleda Kamani.

Verona, 20 dicembre 2023 - Uno, due, tre! È il terzo Ballo in maschera che l’autrice vede nel corso dell’anno 2023 che tra pochissimi giorni ci dirà addio: prima al Teatro Carlo Felice di Genova [Genova, Un ballo in maschera, 03/02/2023], poi al Teatro Comunale Pavarotti Freni di Modena [Modena, Un ballo in maschera, 05/03/2023] e ora al Filarmonico di Verona. Se si vuole concludere l’anno bene, la scelta dell’amatissimo titolo verdiano è ottima e nella maggior parte dei casi garantisce il successo. A Verona va com’era previsto, dopo ventun anni di assenza, il pubblico entusiasta applaude un bell’allestimento di stampo classico e un cast di tutto il rispetto.

L’allestimento storico del 1913 del Teatro Regio di Parma in coproduzione con Auditorio de Tenerife approda al Filarmonico e viene accolto con entusiasmo: c’era da aspettarselo. La trasposizione temporale e l’attribuzione ai capolavori dell’opera lirica di sensi a loro completamente estranei sono un must ormai, che, se non ben congegnato, può destare ora rabbia, ora rassegnazione, ora indifferenza. Qualche volta “scappa” un allestimento tradizionale e siamo sicuri che tanti, anche se non tutti, possono tirare un sospiro di sollievo. È il caso dell’allestimento del Teatro Regio in cui “tradizionale” è il sinonimo di “bello” e “rispettoso”. Commuovono non poco le immagini dell’amorevole restauro delle scenografie storiche di Giuseppe Carmignani create per le celebrazioni dei primi cent’anni dalla nascita di Verdi che scorrono sullo schermo durante il preludio. Le scene dipinte, profondamente diverse dalle tecniche scenografiche odierne, affascinano decisamente l’occhio suscitando un pizzico di nostalgia; sono bellissimi gli interni del palazzo di Riccardo e della casa di Renato dell’antro di Ulrica ed è suggestivo “l’orrido campo”. La regia di Marina Bianchi è delicata e pressappoco invisibile, sembra non volere “disturbare” e si basa sulla fiducia negli interpreti; non manca qualche dettaglio simpatico come il té servito nel primo atto durante la conversazione tra Riccardo e Renato. Sono eleganti i costumi di Lorella Marin.

Al centro delle attenzioni e l’oggetto degli applausi generosi, sono soprattutto il tenore Luciano Ganci, Riccardo, e il baritono Simone Piazzola, Renato, che danno una grande lezione di canto e d’interpretazione. Recentemente si è ascoltato il tenore romano nell’impervia parte di Loris nella Fedora modenese e adesso si ha un vero piacere ascoltarlo in quella di Riccardo in Un ballo in maschera. La parte del generoso governatore di Boston gli appartiene proprio, Ganci coglie tutte le sfumature dell’affascinante personaggio quali onestà, capacità di amare, vivacità e spensieratezza. La naturalezza nella recitazione viene corredata da un canto davvero affascinante, una vera festa per l’orecchio, la voce è perfetta per Riccardo, luminosa, squillante, ben timbrata. E se talora sembra farsi prendere oerfino troppo nello slancio, ciò pare dovuto al calore e all'entusiasmo con cui Ganci canta la parte.

Al suo fianco, Piazzola è un grande Renato; come il tenore, il baritono veronese penetra nella profondità dell’anima del segretario onesto e sfortunato del governatore; un padre e un marito devoto, un servitore dello stato e un amico perfetto, perfino troppo fedele finché non si sente tradito, un po’ burbero. Secondo il nostro parere, Piazzola come Renato risulta il personaggio più credibile e più vivo di questo Ballo in maschera veronese, la sua è l'interpretazione di un grande cantante e un grande attore che fa credere che la parte di Renato sia particolarmente vicina alla sua anima. E non basta; la sua voce di baritono solida, bella, nobile e virile fa vivere al pubblico forti emozioni, ad iniziare da “Alla vita che t’arride” per arrivare all’interpretazione magistrale di “Eri tu”, col dosaggio perfetto dei colori che raggiunge l’apice con un penetrante “O dolcezze perdute!”.

Maria Josè Siri, pur non in possesso di una voce eccezionale, risulta un’Amelia convincente, riesce a rendere vivo un personaggio che nell’opera verdiana rischia di risultare molto meno incisivo nei ruoli maschili. La sua forza sta nell’esprimere dei sentimenti a tratti amari, a tratti travolgenti e il soprano si dimostra capace di trasmetterli al pubblico. Dove alla voce manca un timbro inconfondibile, smagliante, arrivano il buon senso drammatico, l’accento accuratamente studiato e la linea del canto variegata. Entrambe le arie sono cantate bene e in “Morrò, ma prima in grazia” tocca le corde più sensibili dell’anima del pubblico.

Maria Ermolaeva sostituisce l’indisposta Anna Maria Chiuri ed è l’unico elemento dissonante di questa seconda recita di Un ballo in maschera. Dotata di un buon physique du rôle e di un certo magnetismo, sceglie un modo strano e, secondo il nostro parere, sbagliato di cantare la parte, segnato da un’emissione durissima che dà l’impressione che la cantante fosse intubata, dal colore monotono e dalla dizione poco chiara. Peccato davvero, speriamo che nel futuro la cantante russa possa superare i suoi problemi e “domare” il personaggio di Ulrica dal punto di vista vocale vista che la capacità di stare in scena non le manca.

Una vera stellina che ha tutte le possibilità di diventare una stella è il soprano albanese Enkeleda Kamani nei panni del paggio Oscar. Ammalia letteralmente il pubblico con la sua bellezza, con la grazia scenica che esprime dolce ironia e coinvolgente compassione, con la voce morbida dalla buona tecnica e affascinante nel buon legato e nelle fioriture precise.

In perfetta sintonia sono due bassi, Romano Dal Zovo e Nicolò Donini, come cospiratori Samuel e Tom, Fabio Previati è un Silvano vivace e Salvatore Schiano Di Cola corretto nei ruoli di un giudice e di un servo d’Amelia.

Ivan Francesco Ciampa guida con mano sicura l’orchestra della Fondazione Arena, ottiene dai professori bei colori smaglianti senza trascurare le atmosfere inquietanti, concede giusti spazi agli slanci lirici più emozionanti; la seconda recita di questo Ballo in maschera scorre liscia e fluida. Buona la prestazione del coro preparato da Roberto Gabbiani.

Alla fine un successo grandioso, senza esagerazione alcuna, segnato dagli applausi assordanti del pubblico che sembrava non voler più andare via.


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