Verona, Teatro Filarmonico:”Pagliacci”

Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Lirica 2011/2012
“PAGLIACCI”
Dramma in un prologo e due atti
Libretto e musica di Ruggero Leoncavallo
Nedda AMARILLI NIZZA
Canio RUBENS PELIZZARI
Tonio ALBERTO MASTROMARINO
Peppe PAOLO ANTOGNETTI
Silvio DEVID CECCONI
Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Coro di voci bianche A.Li.Ve
Direttore Julian Kovatchev
Maestro del coro Armando Tasso
Maestro del coro di voci bianche Paolo Facincani
Regia e scene Franco Zeffirelli
Costumi  Raimonda Gaetani
Verona, 27 gennaio 2012
Primo titolo lirico del 2012 per la stagione Lirica al Teatro Filarmonico della Fondazione Arena di Verona. Di scena un titolo di sicuro richiamo e popolarità, Pagliacci di Leoncavallo in un allestimento che ormai si può definire un “classico” di questo titolo. Parliamo di quello che Franco Zeffirelli, a partire dagli anni ’50 a ripreso, riveduto, ampliato, fino ad arrivare a questa riproprosta veronese. Il regista colloca la vicenda in una contemporaneità collocabile tra gli anni 60′ e 70′ del 900′, in una periferia decisamente degradata e popolare di una città del sud. Qui, fedele alla sua cifra stilistica, Zeffirelli fa muovere un universo di varietà umana quanto mai disparato e composito. Un insieme variegato che sicuramente è accuratamente studiato nelle azioni, se non fosse che sul palcoscenico del Filarmonico tutto questo movimento generi un certo senso di caos. In sostanza questo allestimento appare piuttosto costretto e stipato per poterne pienamente goderne la vitalità. Ciò non toglie che lo si apprezza per  il suo  indiscutibile e multiforme impatto teatrale. Indubbiamente è il vero elemento di spicco di questa edizione di Pagliacci.
Se la drammaturgia di Zeffirelli ha una sua linearità drammaturgica, non si può dire lo stesso della lettura musicale, che appare priva di una reale chiave di lettura della partitura. Julian Kovatchev si adopera per creare un’atmosfera sonora, ma poi la sua concertazione a è fondamentalmente impacciata e carente di una vera tensione e coerenza drammatica, così come di un reale lirismo.  In parole povere, qualche bella intenzione che però non arriva a  risultati  particolamente significativi.
Il cast vocale è dominato dal Canio di Rubens Pelizzari. Il tenore ci ha offerto una prova sostanzialmente positiva. Ha cantato con morbidezza e con fraseggio sufficientemente vario e significativo. La linea di canto è pulita e non è  mai caduto nello stereotipo “verista”.  L’interprete poi stato scenicamente convincente. Il Tonio di Alberto Mastromarino, al contrario ci ha riportato a tutti i malvezzi di un verismo datato, becero e volgare.  Se nel Falstaff ci era parso più attento e accorto nel fraseggio, qui è ritornato  a una sua tendenza congenita, ossia a sovraccaricare di espressioni truculente una vocalità già di per sè non particolarmente bella. In tutta la “rappresentazione” del secondo atto, non c’è stato un momento in cui  si è limitato a cantare, risparmiandoci dalle volgarità e le platealità. Indubbiamente potrà essere un Tonio scenicamente credibile, ma non nello stile di canto, completamente fuori tempo. Di Amarilli Nizza si è apprezzata la buona volontà nel cercare di essere una Nedda credibile. Scenicamente si da un gran da fare ma, a onor del vero, non è la femme fatale, carica di sensualità, e di quel senso di selvaggia ribellione insito nella natura di questo personaggio. Sul piano vocale la Nizza  mostra una evidente carenza di corpo (in particolare nel duetto-scontro con Tonio, ne quale la parte arrvia a toccare il do3). Sicuramente più agevole e sicuro il registro acuto, specie nel finale dell’opera.  Ovviamente le possibilità di colorare e di dare spessore al  fraseggio sono abbastanza limitate.  Paolo Antognetti (Beppe) ha cantato con voce gradevole e omogenea, dstinguendosi nella “Serenata”. Devid Cecconi è stato un Silvio dal timbro opaco e dal fraseggio scarsaemente incisivo. Scenicamente poi è parso alquanto impacciato. Prova complessivamente positiva per il Coro Areniano, mentre l’orchestra non ha mancato di fare sentire le sue ben note intemperanze sonore. Successo complessivamente caloroso, convinto e pieno per Franco Zeffirelli, salutato con grande affetto dal pubblico veronese questa volta presente in modo cospicuo in teatro, dopo le evidenti defezioni del Falstaff del dicembre scorso.  Foto Ennevi – Fondazione Arena di Verona