“La Traviata” apre il Macerata Opera Festival 2012

Macerata, Arena Sferisterio, 48° Stagione Lirica Macerata Opera Festival
“LA TRAVIATA”
Melodramma in tre atti. Libretto di Francesco Maria Piave.
Musica di Giuseppe Verdi
Violetta Valéry MYRTO’ PAPATANASIU
Alfredo Germont  IVAN MAGRI’
Giorgio Germont  LUCA SALSI
Flora Bervoix GABRIELLA SBORGI
Annina ANGELA BELLA RICCI
Gastone de Letorieres STEFANO FERRARI
Barone Douphol CRISTIANO PALLI
Marchese d’Obigny ANDREA PISTOLESI
Dr.Grenvil  ALESSANDRO TIROTTA
Giuseppe ALESSANDRO PUCCI
Un commissionario ROBERTO GATTEI
Domestico di Flora GIANNI PACI
Fondazione Orchestra Regionale delle Marche
Coro Lirico “Vincenzo Bellini”
Banda “Salvadei” Città di Macerata
Direttore Daniele Belardinelli
Maestro del Coro David Crescenzi
Regia Henning Brockhaus
Scene Josef Svoboda
Costumi Giancarlo Colis
Coreografia Emma Scialfa
Luci Henning Brockhaus, Fabrizio Gobbi
Allestimento dello Sferisterio di Macerata
Macerata, 20 luglio 2012

La Traviata di Giuseppe Verdi inaugura il Macerata Opera Festival 2012  con un allestimento ormai nella storia  del  teatro contemporaneo e per  la prima volta allestito e concepito proprio a Macerata e per gli spazi dello Sferisterio nel  1992.Curato dal regista Henning Brockhaus e dallo scenografo Josef Svoboda, la famosa “Traviata degli specchi”, vinse appunto il Premio Abbiati dell’Associazione Nazionale Critici Musicali e vedeva allora come interpreti  Renato Bruson (Germont), il soprano Giusy Devinu (Violetta) e il tenore Marcello Giordani (Alfredo).Sono passati esattamene venti anni, ma l’idea rimane sempre di indiscusso fascino sebbene la grande macchina necessitava di un forte restauro ;nuovi specchi per poter riportare in auge il pannello scenografico di 24×12 m  ed il restauro dei grandi tappeti e tutto questo grazie a fondi considerevoli gestiti e patrocinati dal  Sindaco di Macerata Romano Carancini, grandissimo ed entusiasta fautore di questa operazione di  recupero.
L’operazione di restauro ed il titolo della stagione “ Allievi e Maestri  “ è un omaggio al grande scenografo Josef Svoboda a dieci anni dalla sua scomparsa e questa “nuova” Traviata ritorna a splendere per mano dell’amico regista Henning Brockhaus .
Ma cosa è cambiato di quell’allestimento? Le scene sono esattamente le stesse, ma diversi i costumi e diversi sono i movimenti del coro e quelli dei protagonisti. Lo specchio di per sé è già un fortissimo simbolo mistico: oltre ad essere un simbolo dell’inganno, della fugacità e della vanità, lo specchio rappresenta anche il loro contrario: verità, eternità, realtà. Il pubblico avverte questo dualismo tanto da poter usare il riflesso come atto di puro e consapevole  voyerismo godendo così anche di quell’aspetto perverso e decadente della vicenda senza sentirne un forte peso morale. Ed ecco che nell’ultimo atto, quello  della morte di Violetta lo specchio si alza ulteriormente, fino a novanta gradi rispetto al palcoscenico, in maniera che tutta la platea del teatro venga brutalmente riflessa dentro la storia incorniciando  così la vera causa della morte della sfortunata  protagonista, impietosamente vittima dei pregiudizi e di quella borghesia dalla morale alquanto ambivalente. Pervade in scena un erotismo assolutamente palpabile, senza ostentazioni sebbene i nuovi  costumi di Giancarlo Colis siano ispirati ai dipinti di Boldini, concepiti con  ottime intenzioni, ma realizzati con taglio e materiali di scarsa qualità offuscando l’eleganza d’insieme dell’allestimento. E’ vero che le donne di Boldini, spogliandosi, affermano la loro autodeterminazione di individui maturi e emancipati, pienamente consapevoli della propria femminilità, ma è anche vero che molto spesso distribuire questo modello su più piani dell’allestimento rischia di perdere di credibilità. Anonimi ed alquanto artificiosi i movimenti coreografici di Emma Scialfa e funzionali le luci curate da Fabrizio Gobbi in collaborazione con lo stesso Henning Brockhaus.
Chiaramente una ripresa di questa portata necessitava di un cast e di una direzione di grande spessore  che purtroppo fatte le dovute eccezioni non è sembrato esserci. La direzione del Maestro  Daniele Belardinelli è stata a dir poco imbarazzante: il gesto praticamente assente, tempi esageratamente dilatati per non parlare del completo distacco tra buca e palcoscenico. La partitura richiedeva una purezza di linea e di colori, sfumature e improvvise accentuazioni drammatiche qui completamente assenti. La Fondazione Orchestra Regionale delle Marche dunque non ha potuto che adeguarsi a cotanto piattume. Va da sé che con questa premessa la capacità di presa e coinvolgimento dell’opera dipendeva soprattutto dai cantanti. Ma anche qui il coefficiente emozionale si è attestato su di un livello piuttosto basso.
Myrtò Papatanasiu, tanto apprezzata all’estero in questo ruolo, è stata una Violetta alquanto sui generis sia scenicamente che vocalmente. Il soprano greco sembrava perdersi all’interno dell’imponente meccanismo scenico ed a sua discolpa c’è da dire almeno che ne sembrava  assolutamente consapevole. Dopo un primo atto alquanto smorto nel quale ha mostrato un registro acuto teso e imprecisoni nelle agilità, ha puntato al recupero negli atti successivi. Qui il canto si è fatto eccesivamente controllato, quasi manierato, povero nel fraseggio e nei colori. Il “physique du role” certo non può bastare per un ruolo così complesso. Ivan Magrì nel ruolo di Alfredo ha tentato con ogni sua risorsa di delineare un personaggio credibile e passionale sebbene nel complesso i suoi sforzi sono valsi a poco. Limiti tecnici più che vocali lo hanno portato più volte ad essere poco intonato e pericolosamente crescente. Un cantante dalle indubbie potenzialità vocali ma che deve trovare un maggiore magistero tecnico per gestire con totale disinvoltura e controllo le sue non comuni qualità.
Luca Salsi è stato il vero trionfatore della serata ed a lui il pubblico ha tributato il successo più convinto. Una voce assolutamente verdiana ,con un fraseggio ardente, l’accento veemente ed una scansione perfetta nell’articolazione della parola cantata. Il baritono parmense ha  delineato un personaggio scenicamente credibile nonostante il trucco e l’abito non lo abbiano invecchiato a dovere. E’ evidente che la sua prestazione è emersa  per talento più che per differenza con il resto del cast. Buone le parti di fianco dove tra tutte emerge la Flora di Gabriella Sborgi  una incredibile “maîtresse”di bordello divertente, agile e vocalmente credibile.A questa fanno da corollario l’ Annina di Angela Bella Ricci, Stefano Ferrari (Gastone), Cristiano Palli (Barone Douphol), Alessandro Tirotta (Dottor Grenvil). Sempre attendibili gli interventi del coro lirico marchigiano diretto da David Crescenzi.
Un pubblico dell’inaugurazione abbastanza generoso di consensi, con un momento di reale  commozione quando alla fine dello spettacolo due ritratti del compianto Maestro Josef Svodoba vengono proiettati sulla scena dello Sferisterio.